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Teatro Argentina. L'eliminazione totale secondo Bernhard
Straordinario dittico dedicato a Thomas Bernhard, al Teatro Argentina di Roma, dal 17 al 29 gennaio 2023: Andrea Baracco ha diretto Glauco Mauri e Roberto Sturno in un progetto intitolato Interno Bernhard e che riuniva due pièces tra le più significative del grande drammaturgo austriaco, ossia Il riformatore del mondo (Der Weltverbesserer) e Minetti. Ritratto di un artista da vecchio (Minetti. Ein Porträt des Künstlers als alter Mann).
Protagonista del Riformatore del mondo (opera pubblicata per la prima volta come testo nel 1978 in "Theater 78", ma con la première nel 1981 a Bochum, sotto la direzione di Claus Peymann) è un intellettuale ormai vecchio (splendidamente impersonato da Glauco Mauri) e consegnato a una pressoché totale solitudine. È in procinto di ricevere nella propria abitazione (sulla cui parete campeggiano le immagini dei due filosofi Friedrich Nietzsche e Ludwig Wittgenstein) una delegazione di professori universitari che gli consegneranno una laurea honoris causa: sarà il premio che lo consacrerà come autore di un famoso trattato su come salvare il mondo. In realtà, si tratta di un riconoscimento paradossale: egli avverte che nessuno ha veramente letto il suo scritto perché il suo messaggio inquietante è quello secondo il quale per migliorare il mondo occorre eliminare gli uomini dalla faccia della terra. Toni così cupi evocano il finale del "Cantico del gallo silvestre" di Giacomo Leopardi, una delle Operette morali più tese a prospettare agli uomini un destino di morte.
All'inizio del dramma, l'egocentrico protagonista si confronta con la donna dipendente che sfrutta come se fosse una serva sottomessa. Seduto sulla sua alta poltrona, si lamenta di venir sempre frainteso. Solo la donna, che rimane senza nome (come tutti i personaggi), mostra una certa familiarità, pur facendosi insultare e sfruttare da lui come una serva senza volontà. Tra i due si instaura rapidamente una dipendenza paradossale e apparentemente insondabile.
Nella prima scena, alle cinque del mattino il riformatore del mondo, seduto su una poltrona alta, in uno stato di quasi congelamento, ordina alla donna di prendere una bacinella di acqua calda per i suoi piedi. Dopo cinque minuti esatti la donna dovrà asciugargli i piedi; eseguita l'operazione, lui le fa la predica: "Il topo bugiardo / Per vent'anni / ha sperato / che io la sposassi / ora spera / che il matrimonio non avvenga più / ma non se ne andrà nemmeno lei". Questa relazione insolita è un motivo ricorrente nella commedia. Ad esempio, mentre all'inizio voleva che lei gli leggesse le sue opere, improvvisamente teme la sua falsa intonazione dei passaggi più importanti e la manda via.
Nella seconda scena, il protagonista, dopo la colazione, inizia un'analisi dei rapporti instaurati tra lui e la donna, prorompendo nelle seguenti parole: "Ti meriti un viaggio / tutto l'anno / con un libertino / con un mostro / con un berserker". E infine: "Mi odi / so che mi odi". Un'occhiata allo specchio intensifica il suo giudizio: "Ci sarebbe da vergognarsi / con un uomo del genere / se non fosse così realizzato / e così famoso". Inoltre, descrive la donna come "La mia compagna / il mio male necessario / [...] / la mia figlia dell'inferno". Continua con un'invettiva contro la Svizzera, paese dove non vuole tornare perché è rimasto paralizzato dopo un viaggio in quelle contrade: arriva poi a incolpare un farmaco svizzero per la perdita dei capelli.
All'inizio della terza scena, la dipendenza del protagonista dalla donna diventa chiara per la prima volta: lei non è nella stanza e rimane lontana anche dopo essere stata chiamata più volte, sicché il protagonista è preso dal panico: si preoccupa di che cosa accadrebbe se gli succedesse qualcosa e nessuno sentisse il suo grido di aiuto. Uno dei motivi principali dell'opera di Bernhard, la malattia, è ripreso varie volte, grazie anche a una citazione di Voltaire che precede il testo: "Sono malato. Soffro dalla testa alle punte dei piedi". E in effetti, mentre nella prima scena il riformatore del mondo aveva chiesto una vasca di acqua calda per i piedi, ora, quando la donna entra nella terza scena, chiede impacchi freddi per la fronte. "Quando abbiamo scoperto i medici", osserva, "è troppo tardi. Ogni malattia è una malattia incurabile". Più volte discute la questione del viaggio insieme alla moglie, che vuole sempre andare a sud. Egli, d'altra parte, detesta il Sud, che definisce "un unico museo". Come tutta la commedia, questa scena è caratterizzata da continui sbalzi d'umore e da richieste e dichiarazioni contraddittorie, che la donna accetta apparentemente senza opporre resistenza.
Nella quarta scena, parla brevemente del contenuto del suo trattato, apparentemente di assoluto nichilismo, ma del cui significato però dubita fortemente: "se aboliamo tutto, se distruggiamo tutto, tutto torna di nuovo. Se pugnaliamo alle spalle chi comanda, c'è già pronto il prossimo e non è cambiato nulla". Paradossalmente, è proprio la mancanza di speranza che rende la vita sopportabile: può continuare a esistere solo con la consapevolezza che non può cambiare nulla, in ogni caso, e che tutto è quindi privo di valore.
All'inizio della quinta scena, il protagonista ci dice che ha sempre sognato una vita semplice: in un certo senso, ammira le persone "che si accontentano di una serata all'opera [...] o salgono sul treno / e trovano la felicità a tre stazioni di distanza". Infine, spiega il vero significato del suo trattato con assoluta franchezza: "Il mio trattato non vuole nient'altro che un'eliminazione totale; solo che nessuno ha capito che io voglio eliminare tutti quanti e mi premiano per questo [...]. Le vittime aiutano il loro assassino a ottenere una laurea ad honorem. Possiamo migliorare il mondo solo se lo aboliamo". È un annichilimento che coincide con una sorta di assoluta glaciazione. All'inizio della pièce, non a caso, il protagonista dice di stare congelando, anzi di morire congelato.
Ma tutto assume una dimensione tragicomica, in un continuo rovesciamento di commedia e tragedia, come ha notato una delle più acute studiose di Bernhard, Micaela Latini. Come nel King Lear di Shakespeare, assistiamo a un continuo scambio di maschere. Non sono casuali neppure i ritratti di Nietzsche (filosofo noto per la sentenza per cui "tutto ciò che è profondo ama la maschera") e di Wittgenstein, legato ad altre pièces di Bernhard (Il nipote di Wittgenstein. Ritter, Dene, Voss).
Nella seconda pièce, Minetti. Ritratto di un artista da vecchio (scritta nel 1978 per delineare un ritratto immaginario dell'attore e regista tedesco Reinhard Minetti, visto attraverso gli occhi di un vecchio attore), un attore che non interpreta il ruolo di Re Lear da 30 anni si reca a Ostenda per discutere un possibile ingaggio con il direttore del teatro di Flensburg. Si siede nella hall dell'albergo e aspetta il regista, che lo abbandona e non si presenta. Rievoca i tempi in cui interpretò Lear con una maschera dell'artista belga James Ensor, che aveva conosciuto nello stesso albergo. Da allora porta sempre con sé la maschera e la indossa alla fine. Alla fine, Minetti siede quasi coperto di neve su una panchina sulla spiaggia, cosa che ricorda un po' il Leiermann (L'uomo con l'organetto) del ciclo di Lieder Winterreise di Franz Schubert. Nel corso del dramma, Minetti indulge a un intenso monologo interiore per riflettere sulla propria vita (la vecchiaia non è altro che la fine della vita in cui si fa il resoconto di quello che è stato), sul suo mestiere, e formulare giudizi impietosi su una società sempre più confusa e su un teatro sempre più privo di senso. L'atmosfera diventa sempre più glaciale, con personaggi che cercano di fare movimenti, ma non li compiono fino alla fine. Anzi, smaniano prima di essere avvolti nella morsa del gelo. Non intravedono nessuna speranza per il futuro: i movimenti si ripetono ma non portano a nulla.
L'unica possibilità di sopravvivenza sembra essere la ricerca della perfezione in campi che fino a poco tempo fa erano le sedi privilegiate della bellezza e del senso: il teatro, la musica, la letteratura, la filosofia. È una smania di perfezione tipica del suo teatro, che porta l'artificiosità alle sue estreme conseguenze. L'artificiosità è rappresentata dalla maschera, al punto che Minetti muore mettendosi la maschera. Sicché c'è artificiosità anche nella morte. Come in Shakespeare, Pirandello e Nietzsche, la maschera diventa la cifra del trapasso dalla vita alla morte. E conclude Bernhard: "se vogliamo raggiungere la nostra meta dobbiamo andare nella direzione opposta".