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Teatro dell'Opera di Roma. Mahagonny dove tutto è lecito
Il Teatro dell'Opera di Roma chiude la stagione passata con un'opera di una lucidità disperata ed un potente messaggio politico-sociale che potrebbe essere un auspicio in negativo per modificare ciò che ci sta accadendo intorno, nella vecchia Europa ed insorge da Oriente. Quello che Brecht e Weill crearono prima come cantata scenica e poi grande opera di teatro musicale tra 1927 e 1929, vide la sua prima assoluta a Lipsia al Neues Theater il 9 marzo 1930 e sconvolse il pubblico: Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny (Ascesa e caduta della città di Mahagonny) è stata assente dal Teatro dell'Opera di Roma per circa dieci anni, per ritornarci ora con una nuova produzione del Teatro dell'Opera di Roma insieme al Teatro La Fenice di Venezia e il Palau de les Arts Reina Sofía di Valencia.
Sul podio un grande direttore come John Axelrod, texano discepolo di Leonard Bernstein e dalla carriera divisa all'inizio tra rock e sommelier, è giunto a dirigere la Real Orquesta Sinfonica de Sevilla e Direttore Principale Ospite della Verdi di Milano, una delle orchestre più rinomate al mondo. All'Opera per Mahagonny farà coppia con Graham Vick, pluridecorato per la sue regie sensazionali – l'ultima è il Don Giovanni in vari teatri d'opera italiani - e per aver fondato la Birmingham Opera Company nel 1987, una delle più prestigiose tra i teatri d'opera nel mondo.
Mahagonny fa parte di una nuova costante attenzione alle opere contemporanee, come afferma il Sovrintendente Carlo Fuortes: “L'Opera di Roma ha aperto una serie dedicata ai grandi compositori del Novecento, abbiamo aperto a settembre con John Adams, ora proseguiamo con Kurt Weill ed inauguriamo la nuova stagione con Hans Werner Henze e Le Bassaridi il prossimo 27 novembre”. Continua il Direttore Artistico Alessio Vlad sullo stesso argomento: “Presentare Mahagonny ha anche una altro senso in seno a Roma Opera Aperta che vuol essere aperta ai giovani (possibilità di biglietti a prezzo fisso di € 15 per giovani al di sotto dei 26 anni da comprare la mezz'ora antecedente ogni rappresentazione tranne le prime, N.d.R.)”, e su questo aggiunge Graham Vick: “Abbiamo scelto un gruppo di 25 attori giovani che sono anche a sottolineare la mia rilettura dell'opera, molto critica in senso politico: viene evidenziato come i vecchi si accaparrano il potere senza lasciarlo ai giovani. Oggi Mahagonny è ancora di maggiore impatto e specialmente in Italia, dove questo è uno degli aspetti più problematici della società. Il messaggio che voglio veicolare per il pubblico è che all'Opera non devono poter andare solo coloro che fanno parte di un élite e hanno i soldi per i biglietti: c'è troppo apprezzamento per i soldi e Mahagonny deve insegnarci qualcosa proprio per invertire tutto questo." John Axelrod in proposito aggiunge: “Mahagonny è un manifesto socio-economico: la musica di questa città “dove tutto è lecito basta che paghi” mette in scena una lotta darwiniana, una condizione che distrugge qualsiasi stabilità E' la caduta della Repubblica (un riferimento a Weimar prima dell'avvento del nazismo nel 1933, N.d.R.) però “alla fine del tunnel c'è una luce” (originale: break light at the end of the tunnel) nonostante l'opera non abbia un esito felice. La grande potenza di Mahagonny, un'opera di teatro musicale che necessità di veri cantanti d'opera per la complessità intrinseca del cantato che ritorna alle forme musicali chiuse dell'opera tradizionale, abolendo allo stesso tempo il recitativo.”
Per la prima cantata di Mahagonny si coniò il termine “songspiel”, patchwork tra la song inglese ed il singspiel tedesco; ma la grande Mahagonny in tre atti che vederemo al Costanzi incorpora le sei songspiel rielaborante a livello musicale e creando un tappeto in cui la Musik che amava Bertold Brecht, ovvero le canzonette da cabaret, costruiscono quel teatro epico fondato insieme a Kurt Weill. Quelle songs tolgono la maschera, alla finta felicità di Mahagonny e dei suoi abitanti: il velo dell'alienazione, dello sfruttamento economico e morale, del bieco baratto in assenza di valori umani, sono lo schiaffo all'illusione perversa, l'immagine del relitto costruito a mattoncini e sulle strade di una società consumistica che riduce l'uomo in frammenti e per cui, quando “non si paga il conto” come Jim Mahoney, si viene condannati a morte.