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Teatro dell'Opera di Roma. Il trionfo del Barbiere di Siviglia di Cappuccio
E' tornato al Teatro dell’Opera di Roma dal 18 al 26 aprile 2012, il regista Ruggero Cappuccio con la sua divertente, quanto intelligente, messa in scena de “Il barbiere di Siviglia” (1816): opera di Gioachino Rossini, su libretto di Cesare Sterbini, per la direzione di Bruno Campanella.
L’opera è il primo capitolo della trilogia teatrale sul barbiere/servo Figaro scritta da Pierre Beumarchais nell’anno 1775 (il secondo sarà “La folle giornata”, altrimenti nota come “Le nozze di Figaro” musicata da Wolfgang Amadeus Mozart). E' la storia del Conte d’Almaviva che, invaghitosi della bella Rosina, tenta di tutto per avvicinarsi a lei. Quest’ultima, però, è tenuta prigioniera in casa dal suo tutore Don Bartolo. Grazie all’aiuto di Figaro, il Conte riuscirà nel suo intento e a sposare la sua amata.
Commedia, quindi, che gioca molto sull’equivoco e il travestimento: un’opera che, di conseguenza, non dà un attimo di respiro all’ascoltatore. La musica stessa, infatti, è pura energia. Sebbene sia stata fischiata alla sua prima rappresentazione (a causa di un’opera omonima, in quel periodo, del compositore Giovanni Paisiello che fece di tutto per fare in modo che fosse un fiasco), oggi è considerato un capolavoro assoluto meritevole d’interpreti e registi di grande livello.
Cappuccio infatti decide di mantenere la stessa formula scenografica de “L’elisir d’amore” (Donizetti, 1832) dello scorso anno al medesimo teatro, con una variante: impianti scenici completamente bianchi il cui colore è dato non solo grazie ai personaggi (e ai loro costumi), ma anche ad un elemento al di fuori del contesto che si aggira lungo il palcoscenico con un pianoforte. Quest’ultimo altri non è che il compositore dell’opera il quale, alla fine di ogni atto, lanciava in aria dei fogli pentagrammati come a voler indicare l’avanzamento nella composizione del Barbiere. A conclusione dell’opera, infatti, non è un caso che il sipario sia l’ultima pagina dello spartito dell'opera in questione. Un’idea scenica più che intelligente.
Gli interpreti invece, nonostante si abbia assistito al secondo cast, erano entrati perfettamente nello spirito dell’opera rendendola colorata, spensierata e vivace. Menzione particolare va ad Alessandro Luciano (il Conte D’Almaviva), il più fischiato della serata: nonostante la sua voce non fosse sempre perfetta e potente, il cantante (nel secondo atto) è riuscito a dare al suo personaggio un’importanza comica così grande da oscurare gli interventi di Figaro. Quest’ultimo, comunque, è risultato essere il migliore dei personaggi: non solo per la potenza della voce di Vincenzo Taormina, ma anche per la naturalezza con cui interpretava il ruolo del barbiere. Altra nota di merito, ovviamente, va a Marina Comparato (Rosina): una cantante dalla tecnica vocale e dalle capacità sceniche davvero invidiabili poiché usate con estrema sicurezza.
Mai debole è stata la direzione musicale di Bruno Campanella, ma neanche fuori le righe a livello interpretativo: tranne in alcuni casi, lo spartito viene rispettato con cura (l’aria de “La calunnia” cantata da Don Basilio, ad esempio, era un tono sopra rispetto al normale).
In conclusione, “Il barbiere di Siviglia” di Ruggero Cappuccio è stato un vero trionfo.