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Teatro Eliseo. Paolo Poli e la poetica di Pascoli
Nel suo ultimo spettacolo, in scena al Teatro Eliseo dal 15 gennaio al 3 febbraio 2013, intitolato Aquiloni, Paolo Poli, con invenzioni sceniche sorprendenti e straordinarie, ripropone la grande lirica di Giovanni Pascoli.
Nella cultura italiana e nel mondo del teatro Paolo Poli, attore ed interprete fra i più grandi del nostro panorama artistico, occupa una posizione insieme preminente e singolare. I suoi spettacoli sono sempre rivolti ad esaltare il valore conoscitivo della parola letteraria.
Infatti assistendo ai suoi spettacoli, sempre colti e raffinati, si ha la conferma che per Paolo Poli il Teatro debba essere il luogo in cui vengono riproposti al grande pubblico le invenzioni poetiche dei grandi autori della nostra storia letteraria.
Nel corso dello spettacolo, che inizia con Paolo Poli che declama i versi immortali della poesia Aquilone, vengono recitati ed interpretati innumerevoli componimenti poetici di Pascoli.
Si tratta di alcune delle maggiori e più conosciute composizioni poetiche del poeta romagnolo, che fanno parte di libri immortali come Myricae, Primi Poemetti, Canti di Castelvecchio, Odi ed Inni.
Nello spettacolo, accanto alla declamazione delle liriche del grande poeta, vi sono degli intervalli musicali, nel corso dei quali sia Paolo Poli sia gli altri bravissimi attori interpretano con grande ironia e grazia brani musicali capaci di evocare l’atmosfera spirituale e culturale che vi era in Italia, in un'epoca storica, quella a cui appartiene il poeta, sospesa tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.
Non è un caso che, nello spettacolo, dopo avere recitato alcune grandi poesie tratte da Myricae, Paolo Poli intoni una canzone che ricorda le prime lotte del movimento operario a difesa dei diritti dei lavoratori.
Infatti Pascoli, nella prima parte della sua esistenza, fu molto sensibile alle questioni poste dal conflitto sociale, sorto in seguito all’avvento della società moderna e industriale.
Grazie a questo spettacolo emozionante e raffinato, si ha la possibilità di comprendere la grandezza e la importanza della poetica di Pascoli, che ha influenzato, come ricorda Giulio Ferroni nella sua Storia della Letteratura Italiana, tutta la poesia novecentesca, compresa quella ermetica e crepuscolare.
Nello spettacolo la musicalità dei versi, nei quali viene descritta la realtà delle piccole cose, contemplate a San Mauro dal poeta fin dai primi anni di vita, offre la possibilità allo spettatore di comprendere quanto innovativa e moderna sia stata la poetica di Giovanni Pascoli.
Infatti nelle sue poesie l’endecasillabo subisce una radicale modificazione e assume un ritmo narrativo. Inoltre la sua poetica è segnata da una forma di plurilinguismo che ne arricchisce il linguaggio e la musicalità.
Come lui stesso riconobbe in un suo celebre saggio critico intitolato Il fanciullino, la poesia, secondo la sua concezione letteraria, doveva divenire pura, spontanea, semplice, capace di esprimere la meraviglia e lo stupore dinanzi alla bellezza inscritta nell’ordine della creazione.
Come sia sa, Pascoli conobbe la ferita del dolore fin dai primi anni di vita, quando suo padre venne ucciso e la serenità della sua famiglia annientata e distrutta. Infatti in molti dei suoi versi, compare la evocazione della serenità che regnava, durante il periodo della infanzia, nella sua famiglia, quando la madre, per ripetere un suo verso, accarezzava i riccioli di suo figlio.
Vi è questa volontà di contrapporre nella sua poesia, come ha notato Carlo Bo in un suo saggio indimenticabile, l’armonia del microcosmo, in cui vengono ricordate e nominate le piccole cose della vita, al mondo vasto dominato dal mistero della violenza e del male.
Nelle grandi composizioni poetiche di Pascoli, le immagini che i versi racchiudono si riferiscono al mondo campestre, riproducono i suoni ed i cinguettii degli uccelli, descrivono il paesaggio della Romagna, narrano i ritmi che sandiscono la vita dei contadini nei campi.
Gianfranco Contini, proprio per questa forza espressiva che attraversa le liriche di Pascoli, diede una definizione memorabile del suo stile, parlando di un timbro poetico unico ed inconfondibile basato sul linguaggio fonosimbolico. Infatti per molti studiosi la poetica di Pascoli deve essere posta a confronto con quella simbolista, che ai primi del novecento si stava affermando in Francia.
In ogni caso per Pascoli, dinanzi all’enigma del male e della morte, la consolazione, come emerge in questo spettacolo, può venire all’uomo dalla contemplazione della natura, dei suoi suoni, del paesaggio sublime e soave, si pensi alla poesia recitata da Paolo Poli nella quale si parla delle Alpi Apuane.
Ma quale significato bisogna dare ad una poetica, come quella di Pascoli, rivolta a esaltare le piccole cose che si colgono nel microcosmo? Liriche immortali come la Nebbia e Gelsomino Notturno aiutano a capire come per il poeta le immagini che descrivono il paesaggio e la sua costante mutevolezza devono essere indirizzate a instillare e infondere nel cuore dell’uomo i valori morali e civili, onde tentare di liberare l’uomo dalla corruzione che ne insidia sempre l’esistenza a causa del male che vi è nella storia.
Nella fase matura della sua vita, dopo che come professore universitario aveva ottenuto la cattedra che fu di Carducci presso l’Università di Bologna, Pascoli ebbe un atteggiamento politico diverso, favorevole al governo di Giolitti. Infatti in una sua poesia, recitata da Paolo Poli, vi è un chiaro riferimento alla politica coloniale.
La scenografia dello spettacolo è molto bella, poiché, mentre vengono declamate le liriche di Pascoli, si succedono sullo sfondo del palcoscenico le riproduzioni di alcuni quadri, per lo più opere dei macchiaioli e di pittori che hanno rappresentato la bellezza del paesaggio della Romagna. Belli e dai colori di rara raffinatezza gli abiti indossati sulla scena dagli attori. Uno spettacolo memorabile ed indimenticabile.