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Torino in Jazz. Il piacere di poter scegliere
Sara’ stato il caso, sara’ stato quel che sara’ stato: pero’….Pero’ a Torino (e provincia) sabato 19 marzo 2011 l’offerta musciale jazz era: Bill Frisell al Conservatorio (per l’ultimo appuntamento del ciclo di concerti “I linguaggi del jazz”).
Il trio di Oz all’Euro Open jazz festival di Ivrea e del Canavese (per inciso: alla batteria Omar Hakin, gia’ percussionista del Weather Report e nella band di Miles Davis nell’incisione di Tutu, per non citare che alcune delle sue piu’ note partecipazioni e tacere degli altri due membri del gruppo, che pur se un poco meno noti, non sono comunque da meno).
Il sottotitolo di questo pezzo potrebbe essere: il piacere di poter scegliere. E, se per caso fosse pure ammesso un sottotitolo del sottitolo, questo potrebbe recitare: il difficile, del poter sceglire. Perchè, si deve scrivere con onestà. Sarà pur stata la compresenza (temporale) della celebrazione del 150 anni dell’Unita’ d’Italia.
E al Jazz Club di Torino Sangoma Everett. Sabato 19 marzo a Torino c’era un tempaccio che non invogliava a prendere l’auto per raggiungere Ivrea, e Frisell presentava il suo Disfamer project basato (suppongo) sul quasi omonimo album del 2009 che non mi e’ mai parso uno dei suoi migliori.
Ho scelto il Jazz Club. Anche per motivi affettivi, nepotistici ed enogastronomici: da quando la logistica, l’acustica e soprattutto la ristorazione sono seguiti dal figlio di uno dei miei piu’cari amici, il Jazz Club di Torino e’ diventato un locale in cui si mangia bene e, se possibile, si beve ancora meglio.
E, scusate, nel jazz tali piaceri non sono cosa di poco conto. Anzi.
E poi Al Jazz Club di Torino si ascoltano dal vivo musicisti (purtroppo talune volte non notissimi al grande pubblico) quali Sangoma Evertt.
Nato in Virginia (nel 1952) dopo aver suonato per un trienno come batterista nel Clifford Jordan Quartet, Sangoma ha iniziato a collaborare con alcuni mostri sacri del jazz, quali Barry Harris, Joe Newman, Dizzy Gillespie, Cedar Walton, Johnny Griffin, Brandford Marsalis, Benny Golson, Tommy Flanagan, Jimmy Smith, Dee Dee Bridgewater, Mal Waldron e Archie Shepp.
Ha avuto anche ruoli cinematografici (La Vie et rien d'autre di Bertrand Tavernier, Cinq jours en juin di Michel Legrand, e anche in Dingo di De Heer con Miles Davis). Un imperdibile percussionista affiancato da una band di analogo valore e livello.
Il sassofonista era infatti Jacques Schwarz-Bart, emerso in ambiente jazzistico internazionale a partire (quantomeno) dal 2006 anno in cui e’ stato pubblicato il suo album Soné Ka-La, un interessante mix di musica gwoka (musica tradizionale delle Guadeloupe) e di jazz classicamente inteso.
Poi una vera scoperta (quantomeno per me che nelle contaminazioni tra jazz e musica etnica non vado molto oltre Anouar Brahem): Majid Bekkas (che è anche un notevole cantante), al guembri e all'oud marocchino. La formazione si completava con Laurent de Wilde al pianoforte, che dopo essersi distinto come emulo di Monk negli anni 90, è diventato uno degli elementi di punta della elettronica europea.
Una grande serata di musica. Con una formazione che spero tanti di voi abbiano la fortuna di poter incontrare (magari presto) sul proprio cammino.