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Messori. Vibrazioni luminose tra fotodinamismo e modernità
Le foto di Rosetta Messori tra 1988 e 2008 alla Biblioteca Nazionale per rievocare il valore artistico del Fotodinamismo Futurista di Anton Giulio Bragaglia, pubblicato per la prima volta nel 1911 e duramente rinnegato a causa dell’idea che attraverso il medium della macchina fotografica non si potesse fare arte.
Quest'anno, il 2009, cade l’anniversario del centenario del Futurismo, il testo relativo al manifesto della fotografia fu storicizzato solo nel 1930 da Filippo Tommaso Martinetti, venne però completamente stravolto nei presupposti e nel suo senso più profondo.
Le fotografie di Rosetta Messori, oltre ad avere un’intrinseca rilevanza per gli interessanti esiti di una ricerca pluriennale (1988-2008) si pongono, ai fini del nostro intento, come fondamentale richiamo/rievocazione di un modo di intendere, sentire e operare che, traendo ispirazione dal Fotodinamismo Futurista, diviene prosecuzione ideale di un’intuizione nodale attraverso un personale percorso di adesione e attualizzazione del metodo.
Assumendo di volta in volta soggetti differenti, sempre si è posto l’obbiettivo di cogliere l’energia sprigionata dalla materia. Energia, la cui traiettoria, curva su se stessa, torna a confluire nella materia stessa per ricreare la sensazione dinamica. L’intento è dunque quello di indagare e divagare sui concetti di circolarità di spazio e tempo, continuità e ritmo considerati alla luce di uno stato di totale dissolvimento in cui non vi sia più distinzione tra mente e corpo, soggetto e oggetto. L’indagine è svolta intorno a un possibile luogo dell’immaginario, costruito attraverso immagini dinamiche, dove, nello spazio e nel tempo, sia possibile ripensare le facoltà sensoriali facendo emergere una nuova percezione del mondo e del sé.
Attraverso il proprio lavoro, l’autrice riflette sul concetto di relazione e ri-scoperta delle cose osservate. Indagando su di un oggetto appartenente al reale e sulla dimensione spazio/temporale e ritmica che lo caratterizza, si intende, dove possibile, mettere in relazione il nostro punto di vista sul mondo con una modalità percettiva “altra”, attraverso l’utilizzo di un mezzo meccanico.
Osservando la natura come “parte di una mappa”, non solo del territorio, così che la mente possa sentirsi libera di modificare le nozioni tradizionali di spazio e di tempo, di riesaminare tutte le modalità utilizzabili per definirle, e di scegliere quella formulazione che più concorda con l'esperienza. Come sosteneva Anton Giulio Bragaglia nella teoria del Fotodinamismo Futurista: “La prova mossa non è uguale alla prova movimentata perché nella prima esiste un breve spostamento o una completa distruzione dei corpi e nella seconda solo una dematerializzazione di questi, con traccia di movimento: traccia tanto più viva, quanto più recente. Là, dunque, ove la fotografia appare tanto mossa, e tanto poco movimentata da non esservi più nulla nella lastra, è che la fotodinamica incomincia, avendo quale scopo il ricordo della sensazione dinamica di un movimento e la sua sagoma scientificamente fedele, anche nella dematerializzazione”.
Le opere fotografiche selezionate rappresentano la sintesi di un lavoro, prima a colori (1988/1994), poi con l’uso del Bianco e Nero (1995/2008), che trae spunto da elementi figurativi, architettonici e dall’elemento acqua, particolarmente caro all’artista. Gli oggetti presi in considerazione divengono, negli esiti del lavoro della Messori, vibrazione/fluttuazione nello spazio di corpi e di materia.
Tutte le immagini fotografiche sono state scattate utilizzando dei tempi di esposizione più lunghi del normale, senza nessun intervento in fase di stampa: esse interpretano la realtà che viene impressionata come un “insieme di onde che si rincorrono all’infinito”. La materia si dissolve e il movimento descrive, attraverso le proprie vibrazioni, rendendo visibile l’invisibile.