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Vinterberg. Un altro giro: In Vino Humanitas
Da una particolare teoria su un deficit da alcool di Finn Skårderud, uno psichiatra norvegese esperto di disturbi alimentari, l'impulso di un film che non ci si aspetta di vedere in un periodo in cui, tra divieto di vendita di alcolici alle 18 (nei negozi piccoli) e coprifuoco alle 22, si ha del tutto la sensazione di essere piombati nell'era puritana di Cromwell! Thomas Vinterberg, il regista danese conosciuto per altre incursioni “alternative” ci presenta Un altro giro, la storia di quattro professori dal “cicchetto facile” nonché filosofico. Tra questi, l'attore Mads Mikkelsen, eccezionale come sempre in questo connubio "danese". Vincitore del Premio Oscar come film internazionale.
Il film è godibilissimo e dalla colonna sonora conturbante, che spazia dall'ultimo successo di Scarlet Pleasure What a Life, indietro agli anni '70 dei Meters e Cissy Strut, fino alla classica perla di Schubert, la Fantasia in fa minore op. 103, D 940. La musica ben si associa all'alcool ed all'esperimento dei 4 professori per “ravvivare” la loro vita e le loro lezioni: mantenere, secondo le indicazioni di Skårderud una percentuale dello 0,5% di alcool nel sangue, proporzione che consentirebbe di ottenere i benefici effetti ricercati. In realtà il professore norvegese ha citato a sua volta un libro italiano pubblicato nel 1881 da Loescher, a firma Edmondo De Amicis ma non solo e che si intitolata: Gli effetti psicologici del vino. Skårderud ha prefato l'edizione norvegese del libro scaturito dalle conferenze del 1880 di Arturo Graf, Alfonso Cossa, Corrado Corradino, Michele Lessona, S. Cognetti De Martiis, Giovanni Arcangeli, Angelo Mosso, Giuseppe Giacosa, Giulio Bizzozzero, Cesare Lombroso e appunto De Amicis. Da quest'ultimo vorrei citare un passo che ben si congegna con il film, orchestrato in modo ciclico, e oserei dire alchemico:
Tutto è mutato intorno e dentro di noi, ci vediamo davanti un avvenire sconfinato, ci sentiamo ancora giovani per l'amore, per la gloria e per la ricchezza, e quando s'urtano tutti i bicchieri, in quell'incrociamento di evviva e di saluti, tutto come ravvolto in un polverío caldo e luminoso, dove non si vedono che occhi scintillanti e bocche che sorridono – ah! – par che cominci un'êra nuova per il genere umano.
Sull'influenza di questo film, e non solo del vino et similia, che ha origini italiane esportate amabilmente in Danimarca, dobbiamo assolutamente derivare il corposo insegnamento: una sostanza “aurea” perchè fa rilucere i nostri cuori, um'apertura che, calmierata, conduce al primo stadio alchemico di “confronto” con gli altri, in una sorta di insegnamento collettivo da recuperare in tutte le sue varianti. Quei legami che sorgono nel cuore e che rimano con gli afflati giovanili, quell'”altro giro” che da noi forse era “il bicchiere della staffa”, l'ultimo, e che a volte si travalica volutamente, invece di seguire la proposta di De Amicis:
Che c'è infatti, di piú onestamente lecito e di piú salutare di quel piccolo sfogo – moderato – di giovialità e di spensieratezza, in mezzo agli amici, dopo molti giorni di lavoro e di cure?
Vinterberg fa profumare il suo film di vite antica, di esistenze e relazioni sincere, di un confronto aperto tra genitori, professori, alunni, come fra le coppie di amici: qualcosa da imparare a volto scoperto, con i segni espressivi evidenti e dipinti sulle nostre bocche, ai lati per sorridere, ad abbracciare con i sorrisi dell'accoglienza, in un mondo la cui essenza si distilla “umana, piu' umana”.