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Walle! walle* e Théo Mercier. L'incantesimo da Goethe a Villa Medici
Giugno si è inaugurato perfettamente per le accademie ed istituti culturali di Roma come sortita in suggestivi spazi e giardini, partendo proprio il primo giugno con la Real Academia de España en Roma e un concerto che festeggiava il 150° delle iniziative culturali, nate nel 1873, insieme ai 93 anni qui a Roma, dal 1929. Non è stata però l'unica inaugurazione: abbiamo anche seguito l'incantesimo alla Casa di Goethe di Walle! walle* e le mostre dei borsisti all'Accademia Francese di Villa Medici, nonché la personale di Théo Mercier, nei giardini della prospettiva su Trinità dei Monti.
Il concerto al Parco della Musica, organizzato dall'Academia Réal, è stato particolarmente intenso, con un'esecuzione struggente dell'Adagio per archi di Samuel Barber, per coniugare appunto i brani di compositori ispanici come Valentin de Zubiaurre, Maria de Pablos, José Maria Sánchez-Verdú con Jacques Ivert e York Höller, dando spazio a dei suoni provenienti financo dalla Mitteleuropa.
Johann Wolfgang von Goethe si ispirò a un episodio tratto da Φιλοψευδής (Philopseudḗs), ovvero "L'amante del falso" di Luciano di Samosata per dare corpo alla sua ballata dal titolo L'apprendista stregone (in tedesco Der Zauberlehrling) composta nel 1797, come ci ha spiegato la Dott.ssa Julia Draganović, direttrice dell’Accademia Tedesca Roma Villa Massimo. Sicuramente è più noto il titolo in francese del brano musicale di Paul Dukas, ovvero L'apprendi sorcier omonimo, che fu reso celebre dal film del 1940 Fantasia di Walt Disney, dove viene riprodotto con Topolino protagonista. Wall*e (scritto quindi un po' diversamente) è pure il titolo di un film fantascientifico diretto da Andrew Stanton ed uscito nel 2008: la terra è stata abbandonata per i troppi rifiuti, è rimasto solo un piccolo robot che continua ad ammassarli ed è felice quando sbarca in questa landa desolata una robottina, Eve; solo che Wall*e è un robottino anarchico...
Dagli incantesimi alle stelle di Starhawk, il testo rivisto e tradotto da Dorothée Dupuis dal libro omonimo, presso l'Accademia di Francia di Villa Medici per la mostra dei borsisti a cura di Saverio Verini intitolata Una linea storta tesa, salendo le scale di Trinità dei Monti qualche giorno dopo, il 9 giugno, è un viaggio extrasensoriale: dai laghi sotterranei dove lavatrici sostano su allagamenti, e sopra di loro statue e busti di epoca romana osservano nel buio il disfacimento provocato dall'acqua. Elettricità come fuoco che incontra le vene azzurre delle caverne sotterranee, le cantine di antichi palazzi, che poi conducono alle fantascientifiche nonché desertiche visioni di paradisi artificiali arabici dalle mille lune e colori, con teste di alieni e strane cosmogonie che richiamano una babele in miniatura. L’artista franco-marocchino Mounir Ayache dice di ispirarsi a Leone l'Africano ed alla figura di Hassan al-Wazzan, noi però ci ricordiamo solo i Simulacra di Philip K. Dick e l'universo androide di Blade Runner.
Andando su per le scale finiamo finalmente, dopo una Wunderkammer piuttosto parafiliaca per gli oggetti "desideranti" come il gatto a nove code, od una bamboletta fallocentrica; e dopo un calendario a forma di lavagna gigantica, osserviamo quello che ad una prima occhiata sembra il "Crash" di David Cronenberg (suo film del 1996) catapultato nei giardini di Villa Medici, le cui radio nelle macchine ci informano degli ultimi episodi di corruttela della politica del Belpaese. Macchine volte verso il cielo e semistrutte si ergono in verticale e propongono un'apocalissi secondo Théo Mercier ed il suo Bad Timing, perfetto titolo da day after come le sedie che troviamo sotto l'Hermes alato sul balcone d'ingresso al giardino e nella hall. dove sostano seggiole di plastica "fermate" in un momento di flash da pietre cadute da chissà dove.
Ed è a questo punto che ci ricordiamo dell'altrove portato con noi dalla Casa di Goethe, divenuta per incantesimo la casa del passato ridipinto di novità, con i video e le cartoline di Farzane Ludovisi: una dama romana che, truccata, guarda da una finestra, col viso in ombra, è una testa di marmo che a noi sembra vitale, riservandoci quel culto degli antichi che nelle vecchie cartoline di inizio Novecento si sposa romanticamente col paesaggio, ricordandoci la campagna e le rovine romane di Salvator Rosa, un tempo dove ondulare lo sguardo in qua ed in là, in cerca di radure accoglienti: una carezza dall'altrove.