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Stampa on line. Sentenza della Cassazione. Omesso controllo non vale sul web
Internet e stampa. Riportiamo da Manlio Cammarata Reporter pubblichiamo. "Omesso controllo": la norma non vale per i giornali on line. La Cassazione: il direttore on line non è "responsabile". Pubblicata ieri un'importante sentenza della Corte di Cassazione, secondo la quale all'informazione sul web non può essere esteso il reato di "omesso controllo" previsto per la stampa su carta. Un monito per il legislatore.
2 ottobre 2010
Il direttore di un giornale sul web non è "direttore responsabile" ai sensi della legge sulla stampa del 1948. Quindi non può essere colpevole di "omesso controllo" per i contenuti della pubblicazione. Questa è la sostanza della decisione della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 35511 del 16 luglio scorso, pubblicata ieri. Che fissa un precedente importante in una materia molto controversa.
La logica seguita dai giudici del "Palazzaccio" è lineare e si fonda sul fondamentale principio detto della "tassatività della legge penale": un fatto è reato solo le la legge lo definisce espressamente come tale. L'interpretazione analogica (cioè l'applicazione della norma a un caso simile a quello contemplato dalla legge) non è consentita in malam partem, cioè a sfavore dell'imputato.
La norma in questione è l'art. 57 del codice penale. Ecco il testo:
Art. 57. Reati commessi col mezzo della stampa periodica
Salva la responsabilità dell'autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vice-direttore responsabile, il quale omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati, è punito, a titolo di colpa, se un reato è commesso, con la pena stabilita per tale reato, diminuita in misura non eccedente un terzo.
Ora il punto è che la stampa periodica contemplata dal codice penale è quella regolata dalla legge n. 47 del 1948, che all'art. 1 dice:
Art. 1 - (Definizione di stampa o stampato)
Sono considerate stampe o stampati, ai fini di questa legge, tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico- chimici in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione.
Per la Corte è chiaro che una pubblicazione sul web non può rientrare nella definizione data dalla legge del 1948. Quindi l'art. 57 cp non può essere applicato, per l'insuperabile divieto di interpretazione analogica in malam partem.
Ma la sentenza non si ferma qui. Ricorda che c'è anche la legge 62/01, che ha riunito nella definizione di "prodotto editoriale" tutte le pubblicazioni, su carta o su altri supporti, e ha esteso all'informazione on line le regole del 1948 per stampa periodica su carta (con le complicazioni che conosciamo, vedi Informazione on line, ecco il caos delle norme). Ma non ha esteso espressamente le previsioni penali, quindi queste valgono solo per la carta stampata. E lo stesso legislatore, osserva ancora la Corte, ha più volte proposto norme che vanno in questa direzione: segno evidente che non c'è una disposizione che punisce per omesso controllo il direttore del periodico on line.
Del resto, dice ancora la sentenza, il decreto legislativo 70/2003 ha esplicitamente escluso la responsabilità dell'internet provider per i contenuti immessi dagli utenti, se non è a conoscenza del fatto che sono illeciti (in caso contrario scatta l'ipotesi di concorso nel reato). Un monito implicito per il legislatore, al quale si ricorda anche, en passant, che il controllo non sempre è facile o possibile...
Nella decisione ci sono altri importanti punti fermi, come il riconoscimento del "difetto di motivazione, sua contraddittorietà e illogicità in ordine alla esistenza della prova della sussistenza del fatto" (l'esibizione di una semplice stampa di una pagina web, stante la facilità con la quale può essere falsificata, non può costituire prova del reato).
La sentenza conferma anche una recente sentenza del tribunale di Bologna, che il 18 febbraio di quest'anno ha deciso che all'ipotesi di diffamazione sul web non è applicabile la normativa prevista per la diffamazione a mezzo stampa, ancora una volta perché sarebbe violato il principio del divieto di interpretazione analogica in malam partem (il testo della motivazione non è disponibile).
Crolla così definitivamente la sentenza emessa dal tribunale di Modica nel 2008, che condannava un blogger (che si firmava con nome e cognome) per il reato di "stampa clandestina", previsto dalla legge del 1948 (vedi "Stampa clandestina": una sentenza inaccettabile".
A questo punto non è forse esagerato definire "storica" la sentenza n. 35511. Ma resta aperta una domanda: di che cosa è responsabile il "direttore responsabile" di un periodico, regolarmente iscritto nel registro della stampa come pubblicazione telematica?