Supporta Gothic Network
Gli Angeli di Arvo Pärt a Santa Cecilia. Il tempo in silente tintinnabolare
I quattro concerti che Arvo Pärt dedica a Roma dal 23 gennaio fino al 2 febbraio 2010 sono titolati Diario dell’anima, per un compositore estone che della metafisica ha scritto le note, virando direttamente al loro cuore. La collaborazione tra Fondazione Musica per Roma e Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Istituzione Universitaria dei Concerti e Accademia Filarmonica Romana ha reso possibile un ascolto vasto della sua produzione. Il concerto del 27 gennaio ha le ali de Gli Angeli a Santa Cecilia.
Inizia con il Pilgrims' Song (Wallfahrtslied,1984) la prima parte del concerto, tratto dal Salmo 121 e dedicato al regista estone Grigori Kromanov. Trascritto per Coro ed Orchestra d’Archi nella versione ascoltata nel 2001, si presenta nella sua massima solennità e serietà con Tõnu Kaljuste alla direzione e l’Orchestra ed il Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia che disegnano note gravi su un tappeto sonoro che sussurra le altre. Dagli archi quelle più alte, intervallate da stacchi improvvisi ma cadenzati in evoluzioni pizzicate evocando temi contrapposti: la fermezza della staticità e lo sviluppo repentino.
In Oriente e Occidente (2000), l’impalcatura lirica espone delle reminiscenze brahmsiane da danza ungherese, semprevivo di touches orientales che lo conducono ad una dimensione quasi mahleriana nell’incedere adagiato e alternato da passaggi rapidi anche in questa composizione. La drammaticità della concezione ricorda anche la gravità del Beethoven sinfonico. Il finale fulmineamente silente è quasi un marchio di questo concerto e dello stesso Arvo Pärt, che predilige stemperare i suoi tasselli sillabici in flebili respiri spiritualmente conclusivi.
La Passacaglia (2003) è dedicata ai sessant’anni di Gidon Kremer, con un inizio pizzicato innervato da continui scarti su un terreno sincopato, declinando solo lievemente l’andamento con piccoli e brevi cenni, come a guidare la sterzata del sonoro. L’inserto di sapore boemo-zigano prima dell’accenno all’adagio finale consegna la performance al violino solista di Carlo Maria Parazzoli con ampia approvazione.
La prima parte del concerto termina con la trasparenza dolente del Cantus in Memory of Benjamin Britten (1977) per orchestra d’archi e campane. Qui la direzione di Tõnu Kaljuste si trova in estrema assonanza con la levità di questo requiem impostato sulla ricorrenza del la minore che funereamente cessa sui rintocchi della campana tubolare.
La Sinfonia n.4 per orchestra d'archi, arpa, timpani e percussioni, è stata composta per la Los Angeles Philarmonic Orchestra nel 2009 e titolata Los Angeles, a rievocare la città e gli angeli sottaciuti nel nome, è dedicata all’industriale russo combattuto da Putin, Mikhail Khodorkovskij. Il primo movimento, Con sublimità, è introdotto da brevi pizzicati d’arpa mentre i violini creano un tappeto di vibrato. Si tratta di una composizione drammatica e superbamente intensa in cui le campane scandiscono un tempo che non c’è, che forse non è permesso. Los Angeles è il futuro dell’ora, ama la superficie di un mondo sconosciuto ad un introverso come Pärt: un mito apparente dell’occidente.
Nel secondo movimento, Affannoso, un pizzicato improvviso e lo xilofono fanno mancare il respiro tutto d’un tratto, come a tagliare qualsiasi sviluppo musicale come in un ritmo senza fiato che prosegue su pulsazioni discordi in una trama d’ispirazione e adagio mahleriani. Le incursioni dodecafoniche fungono da intersezioni al respiro vibrante degli archi all’unisono soprattutto nel terzo movimento, Insistentemente, dove il tema tragico si fa più grave: il tema orientale ritorna meno soffuso che in Oriente & Occident, e la marcia prima dei tintinnanti crotali fa riapparire la lontananza da questo secolo di Pärt: una presa delle distanze dai rintocchi del tempo per emigrare nell’antichità di un’ortodossia del suono dello spirito.
Kaljuste interpreta come una bambola gli ondeggiamenti di una musica che con Da Pacem Domine (2004), per Coro e Orchestra, conduce alla celebrazione del ricordo per i morti di Madrid dell’11 marzo 2004 con un canto di pace contro le tribolazioni. Un’apertura alare dove il timbro serio dei contrabbassi e grave dei violoncelli fa da contraltare alle splendide voci consolatorie dell’antifona gregoriana immersa in una struttura melodica tersa e semplice.