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Manon all'Opera di Roma. Leziosità francesi per un cavaliere amante
Manon con la musica di Jules Massenet, prima a Parigi nel 1884 di strepitoso successo, viene presentata all’Opera di Roma dal 17 al 24 giugno 2010 prima di portare a Caracalla Aida e Rigoletto iniziando con il balletto Romeo e Giulietta, mentre mercoledì 30 giugno la Giovane Orchestra del Teatro dell’Opera ha offerto il Concerto finale del 2010.
Tra le frivolezze di Manon si perde il giovane Chevalier De Grieux, si tratta della stessa opera dalla quale è tratta Manon Lescaut di Giacomo Puccini del 1893, ovvero Les aventures du Chevalier De Grieux e de Manon Lescaut scritta dall’Abbé Prevost nel 1731 ed in gran parte autobiografica. La storia di una giovane adolescente di sedici anni che sbarca ad Amiens e subito viene traviata dall’amore prima per il bel De Grieux e poi per il fascino incommensurabile della ricchezza, è un topos conosciuto. La vendetta di chi non la riesce ad avere, seppur per denaro come il buffo Guillot, altrettanto propagandata anche oggi sulle cronache poco eleganti e drammaticamente bassoumane, il va de soi.
Detto questo, la musica raffinata e di maniera di Massenet si adagia cupidamente sui recitati alternati alle parti liriche, irrorando di eros flessuoso e conturbante la vocina di Manon fra le labbra della bella soprano polacca che sostituisce Annick Massis: la platinatissima Sylwia Krzysiek che recita bene la sua parte la quale richiederebbe però una pienezza e degli acuti tondi che abbiamo difficoltà nel riconoscere. Bene invece il De Grieux di Massimo Giordano, innamorato e poco gaglioffo, tutto intento ad amare questa femme fatale attratta inesorabilmente dal luccichio dei brillanti e delle monete, lui che sceglie il Saint Suplice come seminario, in piena concordia con l’afflizione d’amore che lo sovrasta. Fa quasi piacere vedere di tanto in tanto la pittura di un uomo non conforme a certe dicerie e a logorati assiomi: uno che fino alla fine lotta con lo stesso cugino di Manon, il baritono Domenico Balzani, adeguata la sua parte, per sottrarla alla deportazione dopo l’accusa di prostituzione. Tuttora non si riescono a punire i clienti come aspirava ed indicava Fromm (cfr. Avere o essere).
I costumi di Anna Biagiotti sono adeguati e raffinati, con qualche pruriginosa nudità nella scena dell’Hotel Transilvania (forse non è un caso che si nomini una regione così irrefutabilmente collegata ai vampiri), e qualche stranezza un po’ fantascientifica nel balletto del parco parigino di Cours-la-Reine. Le scene di Paola Mori del primo atto, dipinte ed agresti, risultavano convincenti mentre le due meduse a bocca aperta nel parco risultavano di difficile lettura insieme agli specchi: certamente pietrificavano però ci sono sembrate un pò kitsch, come il gigantesco crocifisso di Saint Sulpice. La regia di Jean-Luois Grinda è stata attenta mentre Alain Guingal alla direzione non ci pareva particolarmente ispirato. La coproduzione dell’Opéra di Montecarlo ha sicuramente offerto un taglio leziosamente francese che però ha mantenuto la celebre passeggiata nel parco parigino intorno a cui si snoda la seconda parte della vicenda ed il “ravvedimento” tardivo di Manon insieme alla scelta d’amore.