Monaco Bayerische Staatsoper. La sacralità stellare di Parsifal

Articolo di: 
Livia Bidoli
Parsifal

È veramente difficile mettere in scena l'ultimo Musikdrama di Richard Wagner, Parsifal, completato nel 1882 e di cui diresse il terzo atto nella prima assoluta del 26 luglio 1882 al Bayreuther Festpiele. Il Münchner Opernfestspiele della Bayerische Staatsoper di Monaco di Baviera ha scelto di farlo con un cast stellare dal 28 giugno fino al 31 luglio 2018 per cinque recite: Jonas Kaufmann nella parte principale di Parsifal, Nina Stemme in quella di Kundry, Gurnemanz interpretato da René Pape e Amfortas da Christian Gerhaher. Basterebbe questo a decretare una messinscena clamorosa, ma il Nationaltheater ha due altre frecce al suo arco di eccellenza indiscutibile: il direttore Kirill Petrenko e Pierre Audi alla regia.

La versione scelta da Wagner per scrivere il libretto del Parsifal é quella di Wolfram von Eschenbach del 1210 del Parzival prima di tutto mentre quella, più connessa al ciclo arturiano, di Chrétien de Troyes, intitolata Perceval ou le Conte du Graal (1180) ha un peso minore: fra le due versioni vi è una notevole differenza e Wagner trasse da Eschenbach anche il Lohengrin terminato nel 1848, dove il cavaliere è figlio di Parsifal. Vi è poi una diretta discendenza simbolicamente evidenziata dal cigno che Parsifal ha appena ucciso quando incontra Gurnemanz per la prima volta nella foresta.

Concepita per il teatro di Bayreuth, il Bayreuther Festspielhaus, il luogo di culto eretto secondo l’idea wagneriana sostenuta fortemente da Re Ludwig II di Baviera (1845-1886) anche finanziariamente, il Parsifal, l’ultimo dei drammi musicali di Wagner, era il Bühnenweihfestspiel, la rappresentazione scenica sacrale che concettualmente rendeva l’apice wagneriano completo, sia nel senso di ciclo, sia nel senso musicale, innervandosi esso sul coacervo di motivi innestati nel Preludio, grande ed ampia prova che nelle pause racchiude l’anelito per l’infinito di matrice spiccatamente romantica (la Sehnsucht).

A sipario chiuso, la scenografia dipinta da Georg Baselitz, pittore e scultore tedesco nato come Hans-Georg Rem a Kamenz nel 1938, mostra figure fortemente influenzate dalla pittura di Egon Schiele: contorte, in uno spasimo di dolore che la direzione di Kirill Petrenko, sottolineando con perfetta padronanza ogni Leitmotiv presentato nel Vorspiel (preludio) esalta, preannunciando la nascita del Parsifal da Herzeleide (sofferenza del cuore), l'unica cosa che il futuro cavaliere e salvatore del Graal conosce della madre. Nel coacervo intensissimo di motivi (o Grundthemen come Wagner stesso li chiamò), dal Graal al Venerdì Santo fino al motivo della ferita di Amfortas ed al “puro folle” Parsifal (solo per citarne alcuni), dipanati dall'eccellente Bayerisches Staatsorchester guidata saldamente da Petrenko, si è sopraffatti come da una conoscenza primeva: i circa 13 minuti che Petrenko dirige in maniera superlativa sono l'introduzione ad una serata che non dimenticheremo e si ripeterà difficilmente, anche a Bayreuth.

Una foresta nera di alberi con rami adunchi ed una sorta di caverna nera formata da tronchi d'albero vede Gurnemanz mentre Kundry giace isterica sotto uno scheletro panciuto di animale: una contrapposizione totale tra i due, l'uno, saldo nella possente voce di René Pape dai toni fermi e compassionevoli verso la strega incantata da Klingsor il mago per sedurre Amfortas, a capo dei cavalieri del Sacro Graal sul Montsalvat; l'altra, con i capelli scarmigliati, interpretata da Nina Stemme in stato di grazia, flessibile nella sua stentorea opacità data dalle visioni del male costretta da Klingsor a perpetrare contro la salvezza e la sacralità del Graal, “ebrea errante” che ha riso su Cristo in croce, angosciata da sé stessa, superlativa nella sua disgrazia e caratterizzata dal tritono, il “diabolus in musica”.

Un cacciatore, il tenore monachense dalla voce piena e tersa di Jonas Kaufmann, si aggira nel bosco – modello l'incauto Sigfried: ha ucciso un cigno benedetto nella foresta il giorno del Venerdì Santo e Gurnemanz già lo riconosce come il salvatore compassionevole della profezia: “durch Mitleid wissend (“Sapiente attraverso la compassione”) e lo porterà a partecipare all'ufficio del Venerdì Santo cui Amfortas cerca di negarsi, - la tremenda voce del padre Titurel, il basso ungherese Bálint Szabó, intima al figlio Amfortas l'officio del Graal. Amfortas, empio per la ferita procuratagli dalla sacra lancia rubatagli da Klingsor dopo essere caduto nell'incantesimo di seduzione di Kundry. Il grido terribile di Amfortas che si presenta con la ferita aperta sulla scena è di una bellezza angosciosa ed interpretato superlativamente dal basso-baritono tedesco Christian Gerhaher, che fa sussultare.

I Cavalieri del Graal portano degli strani costumi a cura di Florence von Gerkan: delle tute che, larghe e informi, riprendono i caratteri della comune nudità, e che si tolgono per il sacro rito. Non ne capiamo la ragione, aldilà del mostrare quella nudità che altrimenti sul palco non sarebbe permessa per ovvi motivi. Parsifal, ancora inconsapevole, non capisce la natura del rituale mentre profondamente ci accomunano i cori dei cavalieri diretti superbamente dal M.° Sören Eckhoff ed il  Coro di Voci Bianche diretto dal M°. Stellario Fagone, altrettanto emozionante e partecipativo per il risuonare unanime ed angelico.
Purtroppo Parsifal non è ancora consapevole, il “puro folle” secondo Wagner che acquisirà la conoscenza anche lui attraverso il dolore della scoperta della perdita rivelatagli da Kundry nel bacio del secondo atto che inizia con il terribile preludio a risvegliare Kundry dagli incubi per gettarla di nuovo nell'incantesimo del mago Klingsor – prima cavaliere del Graal poi eviratosi perché incapace di non soggiacere ai piaceri carnali, paurosamente tremebondo il basso Wolfgang Koch – che le ingiunge di sedurre Parsifal per ucciderlo con la lancia sacra rubata ad Amfortas.

I quattro personaggi in bianco lacerato e sporco con la testa all'ingiù che si vedono prima di  tirare le tende del sipario sono il contraltare sofferente delle tre figure nere e diaboliche che dipingono con le loro silhouette ritorte su sé stesse, slabbrate in fondo come gli autoritratti di Schiele, tutti percorsi da una ferita inguaribile. Ed è un'enorme ferita quella che si apre a forma di triangolo nelle rovine del castello-torre di Klingsor in bianco e nero – simile ad una scultura di Jean Dubuffet, che riprende il tema della follia con l'Art Brut - ed attraverso la quale passa il nostro erore evitando anche la lancia di Klingsor, cui la riprenderà per sanare la ferita di Amfortas: La lancia che ferisce è la lancia che guarisce” al termine del msuikdrama.

Il bacio della conoscenza da parte di Kundry,- come Brünhild in Die Walküre conosceva la madre  e gli dona l'amore salvandolo -, rappresenta la ferita di Parsifal che si riapre e puà finalmente condurre alla compassione per il prossimo, Amfortas, per liberarlo e redimerlo. Kundry lo maledirà quando lui rifiuta il secondo e quindi l'amplesso con lei quanto quello precedente intessuto nel meraviglioso canto di seduzione delle Fanciulle in Fiore – rivestite ognuna con una tuta dalla forma di nudità flaccida e anziana che le ricopre (specchio delle tute maschili dei cavalieri) dall'aspetto kitsch e senza rivelarne propriamente il senso, se non per coincidentia oppositorum -, ma sappiamo che lei sarà monaca sapiente e pentita in ruvide spoglie nel terzo atto, nel battesimo di compassione.

Una foresta gotica specchio di quella del primo atto, questa volta all'ingiù, nasconde Parsifal alla vista di Gurnemanz che lo spoglia di una maschera che non gli concedeva di vedere la verità della sua missione, il Redentore del Montsalavat, di Amfortas, del Graal. Una scena finale mostra una coroncina al posto della coppa e lo spirare di Amfortas dopo il tocco della lancia a forma di croce di Parsifal. Scende un telo di stelle e ci sembra di scorgere la bionda Kundry rediviva accolta tra i fratelli del Graal, in una visione pienamente compenetrativa di un nuovo ordine sacro ed universale riconquistato per tutti noi.

Il sipario è sceso su un baluginio di stelle: chiamati a gran voce da un pubblico festante e assolutamente estasiato tutto il cast, in particolare Kaufmann, Stemme, Pape, Gerhaher con Kirill Petrenko sul palco per quindici minuti di fila di applausi a sipario sceso e brindando con il pubblico per l'ultima serata di una produzione incredibilmente coinvolgente per tutti, in cui infinita è stata la melodia risuonante nell'aere redento archetipicamente ab aeterno.

Pubblicato in: 
GN36 Anno X 7 agosto 2018
Scheda
Titolo completo: 

Bayerische Staatsoper - Monaco di Baviera

31 luglio 2018

Parsifal
Bühnenweihfestspiel
Rappresentazione scenica sacrale

Musica e libretto di Richard Wagner

Nuova produzione
Münchner Opernfestspiele

Direttore Kirill Petrenko
Regia Pierre Audi
Scenografia Georg Baselitz
Assistente alle scene Christof Hetzer
Costumi Florence von Gerkan
Assistente ai costumi Tristan Sczesny
Luci Urs Schönebaum
Drammaturgia Benedikt Stampfli, Klaus Bertisch
Maerstro del Coro Sören Eckhoff
Maestro del Coro di Voci Bianche Stellario Fagone

Cast
Amfortas Christian Gerhaher
Titurel Bálint Szabó
Gurnemanz René Pape
Parsifal Jonas Kaufmann
Klingsor Wolfgang Koch
Kundry Nina Stemme

Primo cavaliere Kevin Conners
Secondeo cavaliere Callum Thorpe
Voce dall'alto Rachael Wilson
Primo Scudiero Paula Iancic
Secondo Scudiero Annika Schlicht
Terzo Scudiero Manuel Günther
Quarto Scudiero Matthew Grills

Le fanciulle in Fiore di Klingsor
Prima Fanciulla Fiore Golda Schultz
Seconda Fanciulla Fiore Selene Zanetti
Terza Fanciulla Fiore Annika Schlicht
Quarta Fanciulla Fiore Noluvuyiso Mpofu
Quinta Fanciulla Fiore Paula Iancic
Sesta Fanciulla Fiore Rachael Wilson

Kinderchor der Bayerischen Staatsoper

Bayerisches Staatsorchester
Chor der Bayerischen Staatsoper

Vedi anche: