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Il nero delle stelle con Grisey e Hack. Il pulsante spettro degli astri
Singolare performance quella che si è tenuta venerdì 15 e sabato 16 gennaio 2009 nell’ambito del Festival delle Scienze nel Teatro Studio dell’Auditorium Parco della Musica, una collaborazione tra Musica per Roma e IUC, dove l’astronomia si è alleata con la musica sperimentale, nel concerto Il nero delle stelle - Le noir de l’Étoile di Gérard Grisey, preceduto da una presentazione “d’autrice”, dovuta a Margherita Hack.
La celebre astronoma ha introdotto il concerto, basato su percussioni, nastro magnetico e “segnali astronomici”, illustrando la genesi delle pulsar, astri di neutroni che emettono luce intermittente e che derivano dal collasso di stelle di grande massa dopo che sono diventate supernove. La genesi delle pulsar (abbreviazione e univerbazione del sintagma inglese pulsating star, “stella pulsante”) venne studiata a partire dal 1967, quando l’astronoma Jocelyn Bell individuò microonde provenienti da un punto intermedio tra due stelle. Da allora vennero individuate centinaia di pulsar.
La Hack ha spiegato che esse rappresentano lo stadio finale dell’evoluzione di un corpo stellare. Quando una stella ha esaurito il combustibile nucleare che le permette di vivere la sua “esistenza” normale, essa si trasforma in supernova, dando luogo ad una sorta di esplosione che espelle gli strati più esterni sotto forma di una nebulosa di gas in rapida espansione. Il nucleo residuo, dopo che tutta la materia si è trasformata in neutroni, sopravvive sotto forma di una piccola stella compatta: si tratta appunto della pulsar, di una stella di neutroni che ruota su sé stessa centinaia di volte al secondo, e dentro cui si sviluppa un fortissimo campo magnetico. In corrispondenza dei poli magnetici, le particelle cariche riescono a fuggire dando luogo ad emissioni di onde radio che è possibile captare con potenti radiotelescopi.
L’intervento dell’astronoma triestina era esplicitamente previsto dalla partitura musicale (analogamente ad un’altra opera di musica sperimentale contemporanea, l’Helicopter String Quartet di Karl-Heinz Stockhausen, anch’esso eseguito un anno fa al Parco della Musica, con l’introduzione del matematico Piergiorgio Odifreddi), come è esplicitamente previsto l’intervento dei suoni “reali” delle pulsar. Infatti il concerto si è aperto con i sei percussionisti appartenenti al PMCE, Parco della Musica Contemporanea Ensemble, che hanno cominciato a suonare prima separatamente, poi all’unisono, scandendo ossessivamente i suoni di Grisey, inventore della cosiddetta musica “spettrale”.
A mano a mano che i musicisti sviluppavano le loro tessiture ritmiche, si inserivano i suoni tratti da nastri magnetici e i segnali astronomici provenienti da due stelle pulsar, indicata una con la sigla 0359-54, l’altra con il nome “Vela”: grazie al radiotelescopio della Stazione Radioastronomica di Medicina, le radiazioni elettromagnetiche delle due pulsar venivano captate e convertite in impulsi ritmici e luminosi, in modo da dare luogo ad effetti di spazializzazione sonora e visiva tramite vari dispositivi olofonici che circondavano il pubblico. Lo stesso Grisey spiegò che si trattava di una sorta di interpretazione in chiave sonora di ciò che di per sé non può suonare, perché nel vuoto dell'universo i suoni non si propagano: l'universo è muto, ma le pulsazioni elettromagnetiche di una stella possono essere decodificate e trasformate in segnali sonori.
Da un punto di vista strettamente musicale, la musica spettrale si basa sull’elaborazione e sull’analisi dei fenomeni fisico-acustici del suono, spesso con l’aiuto dei mezzi forniti dalle nuove tecnologie, come appunto gli spettrogrammi, da cui trae la denominazione. Viene esplorato in particolare lo spettro tra i suoni armonici ed il rumore, come nel brano Partiels dello stesso Grisey, dove tutta la parte iniziale è l'orchestrazione degli armonici di un mi grave suonato da un trombone, analogamente a certe composizioni di Giacinto Scelsi.
La scelta di usare soltanto strumenti ritmici in associazione con i segnali astronomici dava comunque l’impressione di ascoltare altri tipi di musica sperimentale del Novecento dominati dall’uso quasi esclusivo di percussioni, rumori ed altri effetti acustici, spesso accompagnati da assoli strumentali e da piccole variazioni quasi minimaliste.
In particolare, venivano in mente Ionisation di Edgar Varèse, Maritime Rites di Alvin Curran e The Grand Vizier’s Garden Party di Nick Mason, compreso nella sezione sperimentale del doppio disco Ummagumma dei Pink Floyd, di cui Mason in quel periodo era batterista. Analogie si possono trovare anche con Atlas Eclipticalis di John Cage, se non altro per l’affinità tematica: il brano di Cage infatti aveva una partitura dove il pentagramma veniva messo in corrispondenza con un atlante astronomico, cosicché la brillantezza delle stelle veniva tradotta nella posizione delle note della composizione. Analogamente, per Il nero delle stelle, Grisey si espresse così: "la cosa che più mi ha interessato è stato il fatto stesso di legare totalmente l'ora del concerto al passaggio della stella: un concerto che si trasformi in un evento fenomenico straordinario".