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Le regole del gioco tra Calvino ed Eco
“Stai per cominciare a leggere il nuovo romanzo Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell’indistinto.” (Italo Calvino, Se una notte d’inverno un viaggiatore, Einaudi, Torino, 1979, p. 3). È proprio così che inizia l’ultima opera dell’autore, quella che maggiormente sintetizza i nuclei concettuali della sua poetica.
“Stai per cominciare a leggere?”, Ma di chi si tratta? Di me? Di te? Del signore che davanti a me con lo stesso romanzo in mano faceva la fila in libreria? Ma andando avanti nella lettura le idee ci si confondono ancora di più e ci si rende conto che questo Lettore è un personaggio del romanzo, anzi è il protagonista. La sua storia si evolve, conosce una Lettrice, si innamora, si sposa….Ma come? Allora che cos’è che sta leggendo? Qual è la vera storia? Esiste davvero? Ma soprattutto che fine ha fatto l’autore?
Queste domande sorgono spontanee davanti ad un antiromanzo il quale è un artificio letterario che mette in luce la crisi dell’autore moderno, che non è più in grado di rappresentare una realtà così complessa, fuggevole e in continuo cambiamento. Allora in preda ad una crisi di identità, per quanto riguarda il suo ruolo di autore, non se la sente più di porsi al vertice della gerarchia esprimendosi in terza persona, giudicando e commentando i fatti dall’esterno. Ma non gli sembra neanche appropriato parlare appassionatamente in prima persona sviscerando i sentimenti dei suoi personaggi fittizi, e, preso dalle sue manie di protagonismo, tentare magari di inserire anche qualche elemento autobiografico.
L’Autore è in crisi, rischia di scomparire, di annullare sé stesso. Come dirà il misterioso Ermes Marana, alter ego di Calvino, non esistono più scrittori come Omero, capace nei suoi libri di racchiudere usi, costumi e tradizioni di un intero popolo, e nemmeno "autori" come Socrate che, senza scrivere una sola parola, ha tramandato un’intera filosofia. Ora l’autore è in procinto di distruggere sé stesso, rischia di essere dimenticato e non ha neppure un nome. Egli si fonde con quello degli altri autori e, soltanto inserito all’interno di un intero panorama letterario, troverà tempo e spazio e arriverà a costituire un possesso per sempre. “Che importa il nome dell’autore in copertina? Trasportiamoci col pensiero di qui a tremila anni. Chissà quali libri della nostra epoca si saranno salvati, e di chissà quali autori si ricorderà ancora il nome.” (idem, pag. 101).
In questo panorama completamente stravolto l’autore sembra non avere più scampo e rischia di non scrivere più. Ma Calvino, nel suo ultimo prodotto letterario, tenta di sperimentare una soluzione: decide di esprimersi con la seconda persona singolare (talvolta addirittura con la seconda plurale) rivolgendosi direttamente al lettore il cui ruolo si sdoppia su due piani diversi. Egli è da una parte il protagonista del romanzo e dunque un personaggio della storia, ma dall’altra è il lettore che realmente legge il romanzo, cioè il pubblico dell’autore. Il risultato è dunque un personaggio in bilico tra la finzione e la realtà che sintetizza la conflittualità della crisi dell’autore.
Il romanzo dunque non è più la tradizionale storia che narra le avventure, le peripezie o i moti interiori di un personaggio, bensì del lettore che è anche "letto". Silas Flannery, il secondo alter ego di Calvino, nell’opera rappresenta al meglio la crisi dello scrittore, che , dopo aver scritto per lungo tempo storie tradizionali con inizio, svolgimento e conclusione, decide di fare del lettore che legge la sua fonte di ispirazione. L’immagine usata dall’autore è quella di Silas che osserva una donna che legge con un cannocchiale ed è proprio questa a diventare oggetto di contemplazione e di scrittura.
Così, quello dell’autore e quello del lettore non sono più due ruoli l’uno subordinato all’altro, ma diventano complementari. Le due parti si fondono insieme ed è difficile distinguere dove una inizia e dove l’altra finisce. Lo stesso Silas nel suo diario arriverà a questa conclusione: “Forse la donna che osservo col cannocchiale sa quello che dovrei scrivere; ossia non lo sa, perché appunto aspetta da me che io scriva quel che non sa; ma ciò che lei sa con certezza è la sua attesa, quel vuoto che le mie parole dovrebbero riempire.” (idem, p. 171).
La dinamica di questo rapporto simbiotico, fondato su giochi di forze tra opposizione e complementarità, si basa su una serie di “regole”. Autore e Lettore sono così in continua sfida, come su una scacchiera: ora il bianco, ora il nero avanza prevalendo sull’altro. Ma per giocare davvero la partita, Autore e Lettore mettono in campo i loro lati più strategici, competitivi, capaci di tendere trappole, di ingannare, di far perdere l’altro.
Umberto Eco, nel saggio Sei passeggiate nei boschi narrativi, teorizza il ruolo dell’Autore Modello e del Lettore Modello: sono proprio questi due a contendersi la vittoria. Il primo non è né l’autore, calato in un contesto storico con la sua esperienza autobiografica, né il narratore, la voce narrante che si esprime in prima, in seconda o in terza persona. Si tratta invece della “strategia narrativa”, ovvero della tecnica che con leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità e molteplicità, come teorizza Calvino nel saggio Lezioni Americane, scandisce e struttura il testo. L’Autore Modello infatti gestisce il tempo, intrecciando passato, presente e futuro. Egli può inserire ampie digressioni o analessi (terminologia mutuata dalla retorica classica e dallo strutturalista francese Gérard Genette), per approfondire il trascorso dei personaggi, per parlare degli antefatti della storia che sta per raccontare, per fare un excursus sulle abitudini e sulle tradizioni del luogo nel quale si svolge il testo…. In modo inverso, egli può invece anticipare il futuro con delle prolessi rivelando in anticipo ciò che accadrà.
“L’analessi sembra riparare ad una dimenticanza del narratore, la prolessi è una manifestazione di impazienza narrativa.” (Umberto Eco, Sei passeggiate nei boschi narrativi, Bompiani, Milano, 1994, pag. 37). L’Autore Modello è inoltre in grado di sperimentare molteplici artifici per manipolare il tempo. La narrazione ha infatti un proprio ritmo che varia a seconda della strategia: ora è rapida, incalzante, avvincente, ora lenta, statica, ferma. Il tempo della fabula, ovvero la successione cronologica degli eventi della storia, e il tempo del discorso, cioè la sequenza stabilita dall’Autore per narrare i fatti, si intrecciano sovrapponendosi o coincidendo.
L’Autore Modello è dunque come un regista che dall’alto è in grado di gestire le molteplici tecniche della narrazione. Ma queste, così complesse, articolate, artificiose, non sempre vengono còlte, perché si infiltrano e si nascondono tra i meandri del testo: perciò Eco distingue il Lettore Empirico dal Lettore Modello. Il primo può essere chiunque stia leggendo il testo in quel momento: questi può leggere in diversi modi e non c’è nessuna legge che gli imponga come leggere, egli può accontentarsi anche solo di un primo livello di lettura ovvero della sola comprensione della trama.
Il secondo, antagonista dell’Autore Modello, è il lettore che lo scrittore aveva pensato quando ha iniziato a scrivere. Questi è invece in grado di cogliere la strategia narrativa e di compiere dunque una lettura di secondo livello: “Ci sono dunque delle regole del gioco, e il Lettore Modello è colui che sa stare al gioco” (Umberto Eco, op. cit., p. 12). L’Autore Modello prevede e pretende la sua collaborazione e addirittura, procedendo nella scrittura, cerca di crearlo. Egli non è altro che la donna contemplata da Silas mentre legge o il Lettore al quale Calvino stesso si rivolge con un rivoluzionario "Tu'. È proprio in questo ambiguo limbo, nel quale non si distingue nettamente dove l’atto creativo appartiene all’Autore e dove al Lettore, che si gioca la partita. L’Autore infatti non può giocare da solo ma ha bisogno di un altrettanto valido sfidante. Infatti, come dice Eco, “un testo è una macchina pigra che si attende dal lettore molta collaborazione” (Umberto Eco, op. cit., p. 34).
La narrazione risulta dunque un mondo vasto e affascinante, ma allo stesso tempo insidioso: l’Autore può bluffare, tendere trappole e mettere il Lettore di fronte a delle scelte, offrendogli allo stesso tempo molteplici possibilità. I sentieri si biforcano, si diramano e nei labirinti della narrazione si perde ora L’Autore, ora il Lettore. Per rappresentare le avventure e le peripezie che il Lettore deve compiere accostandosi ad un testo, Calvino scrive addirittura un romanzo, arrivando così alla distruzione dello stesso; invece Jorge Luis Borges utilizza l’immagine di un giardino misterioso dai sentieri che si biforcano ed Umberto Eco quella di un bosco. Il Lettore infatti lo attraversa e tende o ad anticipare con la sua immaginazione che cosa succederà o come si concluderà la storia, oppure, quando la voce narrante si arresta, è destinato a rimanere con un dubbio che strategicamente non verrà mai risolto.
Il Lettore può inoltre correre, perché preso da una scena particolarmente rapida e avvincente, o può invece indugiare e prendersi una pausa, immedesimandosi nel personaggio descritto, o può ancora timidamente e, persino con un po’ di paura, accostarsi a leggere un passo particolarmente scabroso o drammatico. Egli, preso da una curiosità irrefrenabile, è in grado di scavalcare la strategia narrativa e andare direttamente a leggere le ultime pagine del romanzo o del racconto, compiendo una sorta di “contro-prolessi”, o al contrario, può, preso da una terribile noia, abbandonare il libro sul comodino, mettendo a tacere Autore, Narratore e Autore Modello in una sola mossa. Posizione diametralmente opposta è invece quella di chi legge infinite volte, nell’utopistico tentativo di cogliere quei “grumi di significato” che, allo stesso modo in cui gli atomi costituiscono la materia, formano il testo.
Ma le possibilità di lettura sono infinite ed è impossibile elencarle tutte. È importante però sottolineare che, come teorizza Eco sempre nello stesso saggio, oltre al tempo della fabula e al tempo dell’intreccio, esiste anche il tempo della lettura. Questo talvolta è in accordo con la strategia narrativa, ed è dunque prevedibile dall’Autore Modello, talvolta invece gli si oppone cogliendolo di sorpresa. La dinamica è dunque sempre quella di una sfida.
Ma per giocare è infine necessario che i due antagonisti stipulino un patto: l’universo narrato dall’autore è un universo finzionale, benché si debba considerare che “un universo finzionale non finisce con la storia che racconta, ma si estende indefinitamente” (Umberto Eco, op. cit., p. 104). Si può dire dunque che Lettore e Autore non solo sono due personaggi complementari, che necessitano della collaborazione l’uno dell’altro, ma tra loro c’è un reciproco scambio di finzione e realtà. “Dunque, non solo l’autore chiede al lettore modello di collaborare sulla base della sua competenza del mondo reale, non solo gli provvede quella competenza quando non ce l’ha, non solo gli chiede di far finta di conoscere cose, sul mondo reale, che il lettore non conosce, ma addirittura lo induce a credere che dovrebbe far finta di conoscere delle cose che invece nel mondo reale non esistono.” (Umberto Eco, op. cit., p. 117).
Dunque la sfida è ardua, difficile, ora eccitante, ora noiosa, le mosse sono molteplici così come diverse possono essere le strategie. I più coraggiosi si cimentano nella sfida della lettura in continuazione, perché mossi da un irrefrenabile istinto di curiosità, altri, affogati dalla loro realtà quotidiana, non si cimenteranno mai.
Ma Tu, mio Lettore Modello, che vuoi fare? Le regole ora le conosci, non ti resta che giocare.