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Roma Palazzo Barberini. Il nuovo allestimento dell'Ala nord
A Palazzo Barberini è stato inaugurato il nuovo allestimento dell'Ala nord, che contiene la pittura de '600, a cura Flaminia Gennari Santori, direttrice delle Gallerie Nazionali di Arte Antica che comprendono Palazzo Barberini e la Galleria Corsini, insieme a Maurizia Cicconi e Michele Di Monte e con il progetto allestimento di Enrico Quell.
In occasione della presentazione alla stampa Flaminia Gennari Santori ha dichiarato che: “il riallestimento delle 10 sale dedicate al Seicento rappresenta il necessario proseguimento del lavoro di rinnovo iniziato lo scorso gennaio nell’ala sud del Palazzo, inaugurata ad aprile; il prossimo ottobre interesserà le sale dedicate al Cinquecento e si concluderà poi nel 2021, quando verrà riallestito anche il piano terra. Si tratta del frutto di nuovo impianto concettuale del Museo a cui penso dal mio insediamento, nel dicembre 2016, e che focalizza a Palazzo Barberini una struttura espositiva narrativa dal Medioevo al Settecento, cercando di valorizzare anche la storia del palazzo e dei Barberini, lasciando integra la quadreria settecentesca a Galleria Corsini”.
I 550 mq di spazio espositivo sono stati organizzati in 10 sale che ospitano i capolavori seicenteschi. L'incantevole percorso permette per la prima volta di ammirare le opere passando da un’ala all’altra del palazzo, dallo scalone di Bernini a quello di Borromini, passando attraverso il Salone Pietro da Cortona e la Sala Ovale. I criteri per l'allestimento sono in continuità con quelli dell'Ala sud: le opere sono disposte su un unico “registro”, cioè su una unica fila ad una altezza che consenta una fruizione visiva ottimale per il visitatore con un nuovo sistema di ancoraggio che ogni sei mesi permetterà la parziale rotazione degli apparati permanenti. Oltre ad aver esteso il nuovo sistema d'allarme, ogni opera ha una scheda e non solo il semplice cartellino con il titolo e il nome dell'autore, scheda che offre al visitatore la possibilità di approfondire la conoscenza dell'opera. Per l'illuminazione sono stati adottati gli stessi criteri preferendo quella naturale, schermata da una pellicola sui vetri e da tende che consentono un migliore apporto di luce e di ammirare i giardini del museo come prima non era possibile. In occasione del riallestimento sono state anche restaurate alcune opere nel laboratorio del museo e il maggiore spazio permette di esporre a rotazione opere che prima si trovavano nei depositi.
La prima sala la 19, dedicata alla fine del XVI secolo, è punto di raccordo con le sale dedicate alla pittura del '500, oggetto dei prossimi lavori di riallestimento. La sala appartiene al nucleo più antico del Palazzo quando apparteneva ancora agli Sforza, Paolo I di Santa Fiora (1535-1597), commissionò gli affreschi del soffitto, su cui sono dipinte le Storie del patriarca Giuseppe e gli stemmi della casata, a un gruppo di pittori, tra cui Niccolò Circignani, detto Pomarancio, e Baldassarre Croce. Sono esposte opere che raccontano questo periodo di passaggio con differenti esempi di stili e di soggetti: ritratti, temi religiosi e mitologici. Tra questi ricordiamo di Girolamo Siciolante il Ritratto di Francesco II Colonna, di Scipione Pulzone quello del cardinale Giovanni Ricci, del fiammingo Jakob de Backer, Cristo morto sorretto da un angelo, e di Jacopo Zucchi, Betsabea al bagno.
Nel soffitto della sala successiva, dedicata a Venezia l’affresco del Carro di Apollo con le quattro Stagioni fu dipinto da Giuseppe Chiari in occasione delle nozze del principe Urbano Barberini con Felice Ventimiglia Pignatelli. A rappresentare la pittura a Venezia, ci sono Venere e Adone, una delle varie copie uscite dalla bottega di Tiziano, la versione più celebre è quella dipinta per Filippo II, ora al Museo del Prado. A rappresentare Jacopo Robusti noto come Tintoretto e la sua infaticabile bottega c'è il dipinto Cristo e l'adultera, di Palma il giovane la Strage degli Innocenti. In questa sezione si trovano anche due dipinti di El Greco, Adorazione dei pastori e Battesimo di Cristo, il pittore nacque a Candia (Creta) quando era parte del dominio della Serenissima, il suo legame con la pittura veneziana nasce dal suo soggiorno a Venezia tappa fondamentale l'evoluzione del su linguaggio espressivo.
La sala dedicata a Il Genere è allestita nella Galleria dell’appartamento di Anna Colonna Barberini, la decorazione del soffitto è opera dagli allievi di Pietro da Cortona su disegno del maestro, vi è celebrata la mitica origine di Palestrina divenuta feudo di suo marito il principe Taddeo Barberini. Francesco Romanelli dipinse la Fondazione di Palestrina e Giacinto Gimignani il Sacrificio di Giunone. Tra i dipinti esposti ci sono di Jacopo Bassano Il Diluvio universale, di Frans Francken il giovane La raccolta del collezionista, olio su rame, e L’esodo degli ebrei dall’Egitto mentre di Bartolomeo Passerotti ci sono La pescheria e Macelleria.
Una intera sala la 22 è dedicata al prezioso Tabernacolo portatile usato per la devozione privata realizzato da Annibale Carracci e la bottega (Innocenzo Tacconi) per il cardinale Odoardo Farnese. A forma di trittico ha le ante laterali richiudibili e su cui sono dipinti santi su entrambi i lati. Nello scomparto centrale è dipinta raffigurata una scena di Compianto che colpisce per l’intensità con cui Carracci ha reso il pathos della scena. Maria non è seduta, come di consueto, ma è distesa guancia a guancia con quella del figlio morto, Giovanni chino la sorregge in piedi, spicca il rosso della veste della Maddalena in atto di piegarsi per aiutarlo a sostenere Maria.
La sala 23 ospita le vedute dei possedimenti dei Mattei realizzate da Paul Bril. Ben tre sale sono dedicate a Michelangelo Merisi detto Caravaggio e ai pittori cha da lui trassero in modi assai diversi . Caravaggio non ebbe una bottega e quindi i suoi “seguaci“ lo seguirono studiando le sue opere. In ogni sala un'opera di Caravaggio è posta in dialogo con quelle di altri pittori che a lui fanno riferimento. Nella prima sala ci sono dipinti di pittori che seguirono più da vicino il Merisi, la sua Giuditta decapita Oloferne dialoga con la Sacra famiglia con santa Elisabetta, san Giovannino e un angelo di Orazio Borgianni, Amor sacro e profano di Giovanni Baglione, Madonna con Bambino e sant'Anna e Santa Cecilia e l'angelo di Carlo Saraceni.
Nella seconda sala il Narciso, un quadro di cui si discute l'attribuzione, ma è tradizionalmente conosciuto come opera di Caravaggio, sarà qui collocato al suo ritorno da due mostre: Motion and emotion. The birth of roman baroque in the age of Caravaggio and Bernini, Vienna, KHM ( Kunst Historische Museum), 14 ottobre 2019 – 19 gennaio 2020 e Amsterdam, RJKM, 14 febbraio – 6 giugno 2020. Al suo posto è stata posta un'opera proveniente dalla Galleria Corsini, la Negazione di Pietro di Jusepe de Ribera. È stata scelta non solo per la grandezza dell'autore, di cui c'è anche il San Gregorio Magno, ma anche perché la sua abituale e storica collocazione in alto non permette di apprezzarla nel migliore dei modi. A queste opere si aggiunge anche La buona ventura di Simon Vouet, un altro esempio dell'influenza esercitata dalle opere caravaggesche.
Nella terza sala il San Francesco in meditazione di Caravaggio è messo a confronto con il San Francesco e l’angelo pregevole opera di un altro talentuoso pittore, Orazio Gentileschi. La sala 27 è dedicata ai Caravaggisti, pittori che si ispirano o imitano Caravaggio, lo stile volutamente riconoscibile per il realismo e i giochi di luci e ombre, fu molto richiesto dai collezionisti e dai mercanti d'arte. La cosiddetta pittura “a lume di notte” un genere dell'inizio del 1600, che studia gli effetti della luce di candele, lampade, fu particolarmente praticato dai pittori nordici, olandesi e fiamminghi, attivi a Roma e in Italia. Tra i dipinti esposti il San Girolamo di Trophime Bigot, il Sansone e Dalila di Matthias Stom, San Pietro e san Paolo condotti al martirio di Giovanni Serodine, il Giudizio di Salomone, La cacciata dei mercanti dal tempio e l'Ultima Cena di Valentin de Boulogne. L'attribuzione dell'Allegoria della pittura ad Artemisia Gentileschi, presente in questa sezione, è, invece controversa.
L'ultima sala la 28 è dedicata a Reni e gli emiliani qui si trovano opere di Giovanni Lanfranco, San Luca guarisce il bambino idropico, Crocifissione e Trasfigurazione, di Guido Reni ci sono la Maddalena penitente e il Putto dormiente. Si tratta di un saggio di affresco dimostrativo per i responsabili della fabbrica di San Pietro che gli avevano commissionato una pala per la basilica. Fu ammirato dal cardinal Francesco Barberini, fu così staccato e posto nella cornice in cui ancora oggi può essere apprezzato dai visitatori. In questa sezione è anche presente Madonna col Bambino e i santi Petronio e Giovanni Evangelista di Domenico Zampieri detto Domenichino, nella splendida fattura di questa pala d'altare, si manifesta quello che di lui si diceva, che s'intendeva di musica "con fondamenti e ragioni". Opinione confermata nella conoscenza della sonata a tre, eseguita in chiesa particolarmente a Bologna, testimoniata dagli angeli che suonano un'arpa, un cornetto, un violino e una viola da gamba.
Di Giovanni Francesco Barbieri detto Guercino sono presenti Et in arcadia ego, un toccante memento mori, la Flagellazione di Cristo e il San Girolamo sigilla una lettera, mentre sono riconducibili anche alla bottega il San Luca e il San Matteo e l'angelo, che facevano parte di una serie di quattro dedicata agli evangelisti, e Saul e Davide. Questa sala ospita un quadro che nel tempo è divenuto mitico il Ritratto di Beatrice Cenci attribuito a Reni, che insieme alla vicenda della infelice giovanissima vittima condannata a morte, colpì illustri scrittori da Goethe ai romantici Hawthorne, Melville, Dickens, Stendhal, Shelley. In realtà da tempo si dubitava che fosse stato permesso di ritrarre una condannata a morte per parricidio. L'attribuzione più recente è che sia Donna con turbante di Ginevra Cantofoli una pittrice vissuta nella Bologna del Seicento appartenente alla scuola fondata della più nota Elisabetta Sirani di cui divenne assistente. Elisabetta Sirani era figlia del pittore Giovanni Andrea, che aveva avuto come maestro Guido Reni e a sua volta fece da maestro alla figlia, che nella sua pittura fu vicina al classicismo di Domenichino e Guido Reni.