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Santa Cecilia. L'atmosfera brahmsiana di Giuseppe Martucci
Nella ricorrenza del centenario della morte di Giuseppe Martucci (Capua, 1856 - Napoli, 1909), che per primo diresse il 16 febbraio 1908 all’Augusteo l’allora neonata orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia, il maestro Antonio Pappano e il pianista Bruno Canino hanno eseguito il suo Concerto in si bemolle minore per pianoforte e orchestra op.66.
Martucci allievo di Beniamino Cesi, a sua volta allievo di Sigismund Thalberg, fu un grande pianista ma anche direttore d’orchestra e compositore di musica sinfonica e da camera. In quell’epoca in Italia imperava l’opera, ma Martucci assieme al contemporaneo Giovanni Sgambati (Roma, 1841-1914), furono invece compositori di musica sia da camera sia sinfonica. Due eccezioni, quindi, e forse per questo sono ingiustamente poco eseguiti. Per Martucci fu importante l'incontro con Arturo Toscanini che lo apprezzò moltissimo e diresse le sue composizioni costantemente durante la sua lunga carriera.
Martucci come direttore d’orchestra fece conoscere le composizioni di Beethoven, Schumann, Brahms, Liszt, Frank, D’Indy, Lalo e molti altri musicisti europei, di Wagner eseguì per primo in Italia il Tristano e Isotta a Bologna nel 1888.
Alla fine dell'800 il concerto per pianoforte e orchestra era un genere di grande successo, molti dei musicisti dell'epoca ne componevano anche perché essi stessi erano dei valenti pianisti come Brahms e Grieg. Questo genere di composizione si era molto evoluto dai primordi quando il cembalista era anche direttore ed elaboratore del basso continuo e, con Mozart e Beethoven, che erano anche dei virtuosi, la composizione del concerto per pianoforte e orchestra cambiò. La durata del concerto si dilatò, la parte solistica diventò sempre più difficile e con il tempo il ruolo del solista da dialogante si trasformò in protagonista e antagonista dell'orchestra. In questo ruolo il pianista può iniziare subito prepotentemente o essere preceduto, come una "prima donna", da una lunga introduzione orchestrale.
Venendo al concerto eseguito a S. Cecilia, fu composto tra 1884 e 1885 ed è in una tonalità insolita, il si bemolle minore, e nella composizione si percepisce l'influenza della musica di Brahms, anche se poi non c'è la meticolosa elaborazione nella variazione del compositore tedesco, bensì un'affinità elettiva.
Nel primo movimento, in forma sonata, Allegro giusto, il pianoforte entra subito, alla terza battuta, con un tema d'effetto dato da un ritmo spezzato, che gli valse la lode di Liszt, poi il secondo tema melodico lungo ma molto coinvolgente, che evoca le atmosfere brahmsiane, per poi concludere con il primo tema.
Il secondo movimento Larghetto, inizia con il corno che introduce una lunga melodia suonata dai violoncelli che poi viene variata dal pianoforte con ritmo imperioso, le idee si susseguono coinvolgendo emotivamente l'ascoltatore. Il finale Allegro con spirito è in forma di rondò e si percepisce sempre un'atmosfera brahmsiana. Il virtuosismo pianistico in Martucci non è muscolare, ma fascinoso per la sua grande sensibilità e per le emozioni che comunica.
Il pianista Bruno Canino e il maestro Antonio Pappano hanno interpretato in modo efficace e coinvolgente la musica di Giuseppe Martucci che merita di essere di eseguita e non dimenticata. Il concerto di Martucci per uno strano caso era nel programma dell'ultimo concerto diretto da Mahler il 21 febbraio 1911 alla Carnegie Hall, prima della sua morte avvenuta nello stesso anno a Vienna, evento che lega stranamente questo brano alla seconda parte del concerto di S. Cecilia.
Il programma infatti, proseguiva con due celebri “Incompiute”: la Sinfonia n.8 in si minore Incompiuta D.759 di Franz Schubert e l'Andante-Adagio dalla Sinfonia incompiuta n.10 in fa diesis maggiore di Gustav Mahler, che il maestro Pappano ha deciso di eseguire di seguito, senza interruzioni, forse per mantenere la concentrazione e l'atmosfera. Il problema è stato che parte del pubblico, non preavvertito e non accorgendosi del gesto del direttore, ha cominciato ad applaudire alla fine dell'Incompiuta schubertiana disturbando l'inizio mahleriano.
L'interpretazione dei due brani è stata magistrale ed entusiasmante per il colore, la dinamica e il fraseggio dell'Orchestra che ha risposto pienamente alle indicazioni del direttore, rendendo così la prossima esecuzione della Sinfonia n. 9 “La Grande” di Schubert il 3/4 e 5 maggio prossimi, un evento imperdibile.