Udienza di Havel. L'asfissiante polvere del potere

Articolo di: 
Livia Bidoli
Udienza di Havel

Il clima asfissiante avvolge fin dai primi istanti. La polvere sulle bottiglie consumate nella stanza unica in cui si svolge Udienza di Vaclav Havel al Piccolo Eliseo con solo due attori, Roberto Abbati e Pietro Bontempo, qui anche alla regia, è debordante.

L’atto unico di sessanta minuti che si contano sulle dita con timore che l’interrogatorio possa ricominciare, è devastante. L’intellettuale forzato alla delazione, alla ripetizione di atti e parole senza senso, nel vuoto di fronte ad un cartone di bottiglie di birra, sembra uno spettacolo televisivo. Si, esattamente come quegli atti unici e reiterati senza soluzione di continuità, che si perpetrano come mitraglie per la dignità umana di chi li agisce e di chi li guarda.

Perché affermare che c’è qualcosa di diverso in quel che fa una soubrette col conduttore, un giornalista che ripete la lezione impartita dal capodivisione su ordini dall’alto (leggi: politici), da quel che cerca invece di instillare il capobirrario nello scrittore costretto a spingere barili perché allontanato dal teatro? Quello che è successo ad Havel stesso molti anni prima di diventare Presidente dell’Assemblea Federale nel 1989 e poi della prima Repubblica Ceca dal 1990 al 2003.

Dopo Charta 77, il manifesto seguito alla repressione sovietica seguita alla fine della Primavera di Praga, Havel rimase in prigione per cinque anni. Qui oggi questo non succede, ma quanti di questi colloqui fra “birrai” ed intellettuali abbiamo visto, subito, o abbiamo sentito raccontare? Quanti in questo nostro paese democratico occupano il posto che meritano senza aver prima aver fatto il delatore di qualcuno al proprio capobirrario?

Quanti, di coloro che conosciamo o di cui sappiamo, hanno l’età e le competenze e non sono stati dequalificati oppure costretti a fare i “clerici vaganti come afferma il Sovrintendente Ernani (Il Tempo, domenica 11 gennaio) perché altri non meritevoli ma con cognomi illustri, occupavano quelli che di diritto erano i loro posti?

Io credo che questa Udienza di Havel al Piccolo Eliseo sia un’udienza ed un processo per tutti coloro che non si prendono le proprie responsabilità e che, come afferma Falcone non fanno quel che dovrebbero: “basterebbe che ognuno di noi facesse il proprio dovere per mantenere la legge in questo paese”.

Basta con le birre dell’ottundimento: le sorbiamo di continuo. Come quella dei giovani che non lavorano ed i vecchi, magari ultraottantenni e col bastone, occupano posti che, se avessero dignità avrebbero abbandonato venti anni prima. E così i migliori emigrano ed i cervelli polverosi come le bottiglie di Havel e del suo capo birraio aumentano, finché non lo convincerà a diventare come lui: un’ombra che ha paura di se stesso.

Pubblicato in: 
GN5/ 7-21 gennaio 2009
Scheda
Titolo completo: 

Udienza
di Václav Havel
Piccolo Eliseo Patroni Griffi
Dal 13 gennaio all'8 febbraio 2009
traduzione Gianlorenzo Pacini
con Roberto Abbati, Pietro Bontempo
luci Luca Bronzo
scene e regia Pietro Bontempo
Fondazione Teatro Due

Voto: 
7
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