Apes Revolution. La rivolta delle scimmie in un pianeta post-apocalittico

Articolo di: 
Teo Orlando
Apes Revolution

Il pianeta delle scimmie - Apes Revolution (singolare titolo semianglofono, che non corrisponde però all’originale inglese che suona Dawn of the Planet of the Apes, L'aurora del pianeta delle scimmie), per la regia di Matt Reeves, è la seconda puntata di una sorta di reboot di sapore quasi “marvelliano”, che riscrive la celebre saga delle scimmie antropomorfe intelligenti che in un lontano futuro domineranno il nostro pianeta, soppiantando la specie umana. Saga ispirata da un romanzo di fantascienza dello scrittore francese Pierre Boulle (La planète des singes), trasposto cinematograficamente nel 1968 da Franklin J. Schaffner, con un cast in cui figuravano Charlton Heston e George Taylor.

La riscrittura qui si inserisce in un quadro dal sapore marcatamente post-apocalittico. Il prequel del 2011 (L'alba del pianeta delle scimmie  - Rise of the Planet of the Apes, ottimamente interpretato da Andy Serkis e con gli innovativi effetti visivi della Weta Digital), per la regia di Rupert Wyatt, ci aveva lasciati con un’umanità ormai decimata da un terribile virus (l’ALZ-113, detto Simian) sintetizzato in laboratorio per curare il morbo di Alzheimer, che aveva invece sortito come effetto quello di potenziare l’intelligenza dei primati e di accelerarne l’evoluzione.

Qui ci troviamo in una foresta del Nord America, dove una comunità di scimmie geneticamente evolute, guidata dallo scimpanzè Cesare (un personaggio con qualità umane e con il quale gli spettatori avevano stabilito un vero e proprio legame affettivo già nel primo film di quella che si appresta a divenire una trilogia), è costretta a un confronto con un folto gruppo di esseri umani sopravvissuti al virus devastante scatenato un decennio prima. Si intrecciano trattative tra le due comunità, che sembrano portare a una fragile tregua (non dissimile da quelle dei conflitti mediorientali di cui sono ricche la storia e le cronache recenti); ma basta poco, come vedremo, per incrinare la tregua e per spingere le due parti verso un conflitto che avrà come posta il dominio del pianeta.

Non è un caso che il leader delle scimmie abbia avuto in sorte il nome di Cesare (nomen omen), che allude alla sua vocazione di condottiero e di saggio governante. Conduce il suo “popolo” nella foresta pluviale di Muir, appena fuori San Francisco, dove lui stesso da giovane scimpanzé veniva spesso portato da Will, il suo unico amico umano, che voleva così evadere dall’ambiente urbano.

La comunità delle scimmie assume aspetti tanto improbabili quanto fittiziamente “realistici”, che ricordano la costruzione delle prime civiltà ad opera degli uomini preistorici (con impliciti richiami alla Scienza nuova di Giambattista Vico – “onde que' giganti si ristettero dal vezzo bestiale d'andar vagando per la gran selva della terra e s'avvezzarono ad un costume, tutto contrario, di stare nascosti e fermi lunga età dentro le loro grotte”; a Thomas Hobbes e a Jean-Jacques Rousseau).

Gradualmente, la nostra civiltà ha cominciato ad affievolirsi e a diventare quasi inesistente, finché, a tutti gli effetti, l’umanità ha dovuto soccombere, non riuscendo più a dominare quelli che Sigmund Freud chiamava “i turbamenti della vita collettiva provocati dalla pulsione aggressiva e autodistruttrice” degli uomini. Del resto, sono passati 10 anni da quando il virus ha cominciato a diffondersi, e mentre almeno il 90% degli esseri umani è scomparso, le scimmie hanno cominciato a proliferare, a organizzare una civiltà, per quanto primitiva, anche imitando e riutilizzando i residui della tecnologia umana.

Sembra che l’eredità della Terra spetti a loro, al punto tale che cominciano quasi a credere che gli uomini abbiano definitivamente cancellato la loro presenza dal pianeta. In realtà, il piccolo gruppo di uomini con cui le scimmie si fronteggiano sta disperatamente lottando per recuperare i fondamenti della civiltà, mentre le scimmie  vogliono definitivamente affermarsi nello struggle for life e cominciare anche loro a costruire i tasselli di un processo di incivilimento: la scommessa consiste nel fatto se scimmie e uomini possano vivere insieme senza violenza.

La figura centrale intorno a cui tutto questo ruota è indubbiamente Cesare, interpretato da Andy Serkis, la cui recitazione viene esaltata dalla tecnica della cosiddetta performance capture (una tecnologia cinematografica, utilizzata per la prima volta da Robert Zemeckis nel film Polar Express, che permette di catturare movimenti ed espressioni del volto di un soggetto reale per poi applicarli ad un personaggio virtuale), piuttosto che dalla scelta di usare la tecnica tridimensionale, che poco aggiunge all’efficacia della fotografia e delle riprese.

Il leader dei primati deve mantenere l'egemonia sul suo popolo (di circa 2000 individui), cercando di muoversi entro i confini di una moralità che, tra le altre cose, gli imporrebbe di non nuocere mai a una scimmia (una sorta di primitiva regola aurea o anticipazione di un imperativo categorico limitato alla propria specie, e che oltre che Kant richiama le leggi della robotica di Isac Asimov); deve allo stesso tempo proteggere la sua compagna e i suoi due figli, minacciati dalla possibile interazione con gli esseri umani.

Cesare è il maschio alfa, dotato di naturale inclinazione al comando, di innato senso dell’equità, di rispetto delle opinioni altrui nel processo di decisione e di intelligenza acutissima, ulteriormente affinata dalla più lunga permanenza tra gli esseri umani, verso i quali è combattuto da sentimenti ambivalenti, ma di cui ha imparato credenze e abiti di pensiero, grazie all’educazione ricevuta da Will e da suo padre. E sarà proprio l’empatia verso gli esseri umani che spesso lo metterà in difficoltà con gli esponenti più diffidenti del suo popolo.

Dalla parte degli umani, il corrispettivo di Cesare è rappresentato da Malcolm, interpretato da Jason Clarke. Costui è un ex architetto che ha perso la moglie a causa delle conseguenze devastanti del virus, trovandosi così da solo ad allevare ed educare il figlio adolescente, Alexander (è come se ci fosse una storia parallela di due famiglie all’interno della macrostoria delle due comunità): è un uomo che si trova a vivere tra le rovine di un mondo che è andato perduto per sempre e che sta cercando di dare una speranza di stabilità alla sua piccola comunità. Ormai tra esseri umani e scimmie c’è un'irrimediabile reciproca ostilità, alimentata anche da una memoria corrotta e alterata, per cui gli uomini accusano a torto le scimmie di aver scatenato quel virus, che in realtà era stato creato in laboratorio da loro stessi, mentre le scimmie serbano ancora il ricordo di quando gli umani le usavano come cavie da laboratorio.

C’è però una dissimmetria tra la comunità degli uomini e quella delle scimmie: il vero leader “politico” degli esseri umani è Dreyfus, interpretato da Gary Oldman. Prima che la civiltà crollasse, Dreyfus era un agente della CIA, cosa che gli assicura una certa autorevolezza e una rapidità decisionale all’interno della comunità di sopravvissuti, in quanto geneticamente predisposti a essere immuni al virus. Un ruolo cruciale lo svolge anche la compagna di Malcolm, Ellie (Keri Russell), un’infermiera che si sta impegnando duramente per ricostruire la sua vita e che aveva lavorato nel “Center for Disease Control” cercando, con pochi risultati, di contrastare l’epidemia.

La relazione con Malcolm, a cui infonde una sicurezza e una stabilità interiore essenziali, influenza anche il figlio adolescente di quest’ultimo, Alexander (Kodi Smit-McPhee), nato da una precedente relazione con una donna vittima della pandemia: per lui, che non ha mai conosciuto il mondo pre-epidemia, la realtà si identifica con la costante lotta per esistere e sopravvivere tra le rovine.

Nel settore delle scimmie, emerge gradualmente una figura che si rivelerà un antagonista formidabile per gli esseri umani, ossia il bonobo Koba, interpretato da Toby Kebbell (che ha recentemente ottenuto il ruolo di quell’icona del villain malvagio che è Victor Von Doom, il dottor Destino, nei Fantastici 4, il corrispettivo di Magneto per gli X-Men). Il suo risentimento verso gli uomini è alimentato da una cicatrice sul viso, prodottasi nei laboratori dove era stato sottoposto a vari esperimenti per finalità “scientifiche”. Diviene così un guerriero spietato, animato da un forte odio verso la specie umana e da un antagonismo dapprima latente nei confronti di Cesare, che poi esploderà al momento meno opportuno. Koba dimostra con i suoi atti, di violenza intraspecifica verso le scimmie sue rivali, e di violenza interspecifica verso gli esseri umani, che le scimmie non posseggono una moralità più alta.

Cesare deve invece il suo autocontrollo anche al rapporto con Cornelia, interpretata da Judy Greer, che assume il ruolo di regina delle scimmie, e che  gli ha dato due figli: il giovane impaziente chiamato Blue Eyes, interpretato da Nick Thurston, e un bambino scimpanzé appena nato. È verosimile che il nome Cornelia non sia stato scelto a caso: da un lato rappresenta un omaggio a Cornelius, il leader delle scimmie nel film del 1968; dall’altro è anche un riferimento storico a Cornelia Cinna, la prima moglie di Giulio Cesare, che il grande statista romano commemorò nel foro, sfidando le convenzioni dell’epoca, secondo quanto ci riferisce Plutarco nelle Vite parallele.

Il "cerchio magico" di Cesare è rafforzato da abili consiglieri, tra cui Rocket, interpretato da Terry Notaio, e l’orango Maurice (Karin Konoval), che funge da maestro per i giovani del suo regno scimmiesco, insegnando non solo l’arte della parola (dato che il linguaggio dei segni sta diventando inadeguato per esprimere le emozioni più complesse), ma perfino dei rudimenti di scrittura ai cuccioli di scimmia (rudimenti evidentemente appresi dal contatto con gli umani, grazie all’intelligenza potenziata ed esponenzialmente accelerata, quasi che il virus per le scimmie avesse avuto lo stesso effetto del monolito nero per gli australopitechi nella scena iniziale di 2001. Odissea nello spazio di Stanley Kubrick): sembra davvero di assistere alla nascita di una nuova civiltà, di come il pianeta Terra possa riavviarsi, in vista di un futuro simile a quello che i primati avevano costruito nel Pianeta delle Scimmie del 1968, con un governo organizzato, un apparato militare e uno sviluppo scientifico-tecnologico. Ma qui siamo ancora all’alba della civiltà, dove tra l’altro le scimmie sono avvantaggiate dal fatto di non aver bisogno di energia, di luce e di riscaldamento, come sottolinea uno dei personaggi del film.

In realtà, il parallelo tra la comunità umana e quella delle scimmie, anche in termini di violenza, si nota da vari particolari: non è un caso che il film si apra con una scena di caccia ai quadrupedi da parte delle scimmie, che pur venendo a rappresentare il way of life dei primati intenti a cercare cibo, è intrisa della stessa violenza che si coglie, ad es., nella battaglia tra Romani e barbari nel Gladiatore di Ridley Scott. E tra i modelli dichiarati del film figurano anche Sentieri selvaggi (Unforgiven) di John Ford e Gli spietati (The Searchers) di Clint Eastwood, film western indubbiamente incentrati sullo scatenarsi della violenza e della vendetta. E non mancano riferimenti al Padrino di Francis Ford Coppola, soprattutto nel tratteggiare i caratteri delle varie leaderships nei due campi.

Lo snodo fondamentale del film si presenta quando Malcolm riesce a convincere Dreyfus ad accordargli tre giorni in estremo tentativo di stabilire una tregua con le scimmie per aver accesso a una centrale idroelettrica nel loro territorio. L’accordo con Cesare viene raggiunto, dopo mille difficoltà, e la riconciliazione tra le due specie sembra raggiungere il culmine quando Ellie cura Cornelia usando degli antibiotici. Purtroppo, la rivalità tra Cesare e Koba rovina la fragile pace raggiunta: il bonobo prima riesce a derubare gli umani di alcuni fucili, dopo averne uccisi alcuni, e, in seguito, spara allo stesso Cesare, non senza aver appiccato fuoco alla stessa città delle scimmie (in una parodia volontaria dell’incendio del Reichstag, architettato dagli stessi nazisti), per poi addossarne la colpa agli umani. Si scatena così la guerra tra scimmie, ormai diventate abili cavalieri e dotati sia di armi dell’età della pietra, sia di armi da fuoco trafugate agli umani. I primati vincono, con Koba che imprigiona sia gli esseri umani, sia le scimmie fedeli a Cesare.

La svolta avviene quando Malcolm trova Cesare quasi agonizzante e riesce ad operarlo con l’aiuto di Ellie. Sarà un Cesare redivivo a scontrarsi all’ultimo sangue con Koba, mentre Dreyfus farà detonare una potente bomba per distruggere la torre dove sono asserragliate le scimmie, perendo anche lui nell’esplosione. In attesa di rinforzi militari chiamati da Dreyfus via radio, Cesare e Malcolm lamentano che ormai le chances di una mediazione pacifica tra le due specie si sono assottigliate, nonostante la morte di Koba, e prefigurano nuovi, foschi scenari.

Tra le altre fonti di ispirazione del film andrebbe citato quanto meno Project Nim di James Marsh, documentario che indaga l'acquisizione del linguaggio in uno scimpanzé chiamato Nim Chimpsky (in evidente omaggio al grande linguista Noam Chomsky).

Neppure, infine, mi sembra trascurabile un possibile richiamo a un racconto di Franz Kafka, Una relazione per un’Accademia (Ein Bericht für eine Akademie), apparso nel 1918 sulla rivista di Martin Buber,Der Jude”: è un testo che descrive una sorta di antropogenesi, in cui il protagonista passa dalla dimensione animale a quella umanoide, da scimmia a uomo e da natura a cultura. È proprio la ex-scimmia, Pietro il Rosso (Rotpeter),  che parla in in prima persona al cospetto di una cosiddetta Accademia. È anzi proprio il rituale della relazione accademica quello per cui lo scimpanzé accede alla dimensione umana. Come ha scritto un’acuta interprete, “in un mondo che rigetta l’uomo, e in cui il possibile appare come irraggiungibile, ecco che si afferma la possibilità dell’impossibile. Di qui il fatto (sbalorditivo) che la singolare inversione tra umano e bestiale non stupisce più, e che l’insolito viene vissuto in una piena atmosfera realistica” (Micaela Latini).

Una vicenda analoga viene altresì tratteggiata da Kafka nel racconto Hochzeitsvorbereitungen auf dem Lande (“Preparativi di nozze in campagna”), dove si parla di “un animale con una gran coda, lunga parecchi metri e somigliante a quella della volpe”. Si sottolinea che la sua testa ha “qualcosa di umano” e che dà l’impressione di voler ammaestrare l’uomo. Anche Jorge Luis Borges e Margarita Guerrero, nel Manuale di zoologia fantastica, citando Kafka, sottolineeranno quest’analogia.

Per non parlare della classica contrapposizione tra il Dottor Jekyll e Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson, dove il dualismo tra animalità ferina e umanità che emerge faticosamente potrebbe benissimo ricordare la tensione interiore che agita i pensieri di Cesare, da una parte, e degli uomini sopravvissuti che cedono anch’essi all’impulso aggressivo ben messo in luce da Erich Fromm in The Anatomy of Human Destructiveness (Anatomia della distruttività umana).

Pubblicato in: 
GN36 Anno VI Numero doppio 31 luglio - 7 agosto
Scheda
Titolo completo: 

Apes Revolution - Il pianeta delle scimmie

Titolo originale: Dawn of the Planet of the Apes
Lingua originale: inglese
Paese di produzione: Stati Uniti
Anno:    2014
Durata:     130 min
Genere:  fantascienza, drammatico, azione
Regia:     Matt Reeves
Soggetto:  Pierre Boulle
Sceneggiatura:     Mark Bomback, Rick Jaffa, Amanda Silver
Produttore:     Amanda Silver, Rick Jaffa, Peter Chernin, Dylan Clark
Produttore esecutivo:     Thomas M. Hammel, Mark Bombak
Casa di produzione:     Chernin Entertainment
Distribuzione (Italia):     20th Century Fox
Fotografia:     Michael Seresin
Montaggio:     William Hoy, Stan Salfas
Effetti speciali:     Weta Digital
Musiche:     Michael Giacchino
Scenografia:     James Chinlund
Costumi:     Melissa Bruning

Uscita al cinema 30 luglio 2014

Interpreti e personaggi

    Andy Serkis: Cesare
    Jason Clarke: Malcolm
    Gary Oldman: Dreyfus
    Keri Russell: Ellie
    Toby Kebbell: Koba
    Keir O'Donnell: Finney
    Kodi Smit-McPhee: Alexander
    Enrique Murciano: Kemp
    Kirk Acevedo: Carver
    Judy Greer: Cornelia
    Karin Konoval: Maurice
    Jocko Sims: Werner
    Jon Eyez: Foster

Doppiatori italiani

    Massimo Corvo: Cesare
    Sandro Acerbo: Malcolm
    Angelo Maggi: Dreyfus
    Tiziana Avarista: Ellie
    Nino Prester: Koba
    Federico Campaiola: Alexander
    Simone Mori: Carver
    Edoardo Siravo: Foster

Voto: 
8.5