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Avanguardie Russe I all'Ara Pacis. Malevich Chagall Kandinskij
Roma dal 2009 offre un palco privilegiato alle avanguardie del primo Novecento. A cominciare dal nostro Futurismo che, festeggiato il centenario in quell'anno, è stato omaggiato con una serie di mostre con curatela dal nome, uno per tutti, di Achille Bonito Oliva, ed installazioni di Brian Eno. A proseguire su questo solco la mostra Avanguardie Russe appena apertasi il 5 aprile nei nuovi spazi dell'Ara Pacis, a cura di Victoria Zubravskaya con il coordinamento tecnico-scientifico di Federica Pirani. Il coordinamento organizzativo è di Civita e Zètema Progetto Cultura. Fino al 2 settembre 2012 sarà disponibile per il pubblico.
Un'altra mostra ci viene in mente, quella di Futurismi al Quirinale e poi quella appena passata alle Esposizioni, dedicata a Rodchenko e quella di Realismi Socialisti, al piano centrale degli stessi spazi. Qui all'Ara Pacis, che ha riconquistato degli spazi prima preclusi, e riprogettati da Zètema Progetto Cultura insieme allo studio Richard Meier & Partners Architects, vengono accolte settanta opere tra le quali alcune mai approdate in Italia. Tra queste si trovano il meraviglioso Lo spazzino e gli uccelli di Chagall, ed alcune di Malevich come La Mietitrice (ed altre ancora), insieme alle armoniche vedute di Kandinskij, lo splendido Muro rosso. Destino, (in foto) del 1909, con la tipica prospettiva malinconica così accesa dalle pennellate di colore che lo contraddistinguono dall'inizio del suo cammino artistico.
Per iniziare situiamo le opere esposte nel tempo: sono tutte appartenenti agli anni precedenti ed intorno alla prima guerra mondiale. L'esposizione si apre con Malevich, di cui spicca la tela Il falciatore su fondo rosso che, insieme a La mietitrice, entrambe le tele sono del 1912, ben rappresentano la sua vena neoprimitivista addensata intorno a forme geomtriche ben definite e con la mancanza della prospettiva. L'argomento contadino, tipicamente russo, scomparirà del tutto in Malevich con la definizione e l'adesione ai principi del Suprematismo in un saggio del 1915: “Per suprematismo intendo la supremazia della sensibilità pura nell’arte. Dal punto di vista dei suprematisti le apparenze esteriori della natura non offrono alcun interesse; solo la sensibilità è essenziale. L’oggetto in sé non significa nulla. L’arte perviene col suprematismo all’espressione pura senza rappresentazione”. Ecco allora spuntare relazioni cromatiche dotate di una quintessenza bianca e nera oppure rossa e nera, spesso nel dettato geometrico assoluto tradotto dai suoi famosi quadrati (Quattro quadrati, 1910-1920), mentre la precedente partecipazione al Cubofuturismo è attestata dal quadro in esposizione della Vita in un grande albergo del 1913.
La sezione dedicata a Kandinskij è di una bellezza totale come quella di soli tre quadri dedicata subito dopo a Chagall. Legato come Malevich e Chagall al suo paese natale, la Russia, Vasilij Kandinskij si sposta a Monaco di Baviera nel 1896 – per rimanervi fino al 1915 - ma mantenendo contatti con l'intellighenzia artistica russa fino al 1920 circa. Elaborando l'astrazione in termini assoluti e completamente svincolati dalla figuratività, Kandinskij elabora la teoria Lo spirituale nell'arte (in Italia pubblicato da SE) in cui il colore ha un'accezione diretta per l'anima e si distingue per i suoi effetti su di lei. Profondamente immerso in un mondo di suoni, paragona ogni strumento ad un colore, teorizzando una sinergia perfetta degli effetti degli uni e degli altri sulla psiche. In mostra Muro rosso. Destino, del 1909; le cupole di Mosca. Piazza Rossa del 1916; Meridionale e Composizione. Ovale grigio entrambe del 1917 e Astratto del 1910.
Di Marc Chagall sono presenti tre quadri che inneggiano alla dolce poetica di uno dei pochi artisti completamente svincolato dalle avanguardie e da qualsiasi movimento. La morbidezza ineffabile dei tratti del dipinto Bagno di bimbo (1916), dove le mani amorevoli di due genitori costruiscono intorno al figlio quasi un presepe di cui s'immagina la culla al posto della piccola vasca, è straordinaria. La sinuosa parabola quasi a punto interrogativo (senza il punto però!) a tergo de Lo spazzino e gli uccelli (1914-15), sul grigio dell'uomo a lavoro, si adagia su una delle due “ali” ai suoi lati, elevandone il mestiere nella sua semplice manovalanza. La Farmacia a Vitebsk (1914) è avvolta da una calma irreale eppur solida, tradotta da toni avana e verdechiaro, che ne testimoniano il forte contatto con la terra d'origine e come elemento stesso vitale.