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Bill Cobham a Londra. In un palindromo di tournée
Bill Cobham è in tournée. Stando all’attuale calendario del sito internet personale, peraltro, il suo ennesimo giro per il mondo non toccherà l’Italia. New York, Turchia, Grecia, Germania (ColonIa, a breve), Ungheria. E tanti altri lidi. Ma l’Italia questa volta no. E cosi’, complice un sedizioso week end londinese, mi e’ capitata la fortuna di poterlo ascoltare il 17 febbraio 2011 nella capitale del regno di Albione, da Ronnie Scotts, per la precisione, che del jazz di Londra e’ uno dei templi incontrastati da anni.
Non un santuario con l’esclusiva, per carita’: d’altra parte in quale altra (grande) citta’ europea si possono esibire, nella stessa serata Tony Woods, Kenny Weehler e Matthew Shipp (solo per citare i set di maggior appeal)? Nel dubbio, provate a consultare il sito: jazzinlondon.net.
A Londra il jazz e’ prima e sopra di tutto Ronnie Scott, dove Bill Cobham, batterista panamense (ma statunitense d’adozione, essendosi trasferito a New York a soli tre anni) si e’ esibito per tre serate consecutive nella seconda metà di febbraio, alla guida di una band composta, oltre a lui, da una secondo percussionista, da due tastieristi, basso e chitarra (tutti, ovviamente, rigorosamente elettrici).
D’altra parte il nostro, dopo un primo approccio ad un jazz (a sentirlo quantomeno oggi) maggiormente rigoroso e tradizionale (il suo primo periodo di attivita’ professionistica, durante il quale ha collaborato con Horace Silver) si e’ sempre e costantemente distinto per le sue idee e posizioni avanguardistiche, a cominciare dalle collaborazioni con Miles Davis, con il quale ha condiviso i microfoni nella registrazione di Tribute a Jack Johnson e Bitches Brew (unanimemente riconosciuto, come uno degli album iniziatori del pendio fusion del jazz).
Fondamentale del pari la collaborazione con John McLaughlin (d’altra parte erano pur sempre due orfani del grande Miles, che avevano abbandonato per cercare altri lidi e soluzioni musicali) nella creazione di quella Mahavishnu Orchestra, quasi immediatamente passata alla storia delle musica afro-americana, nonostante i soli quattro anni di sodalizio.
Ma Cobham non ha cessato di cercare, e anno dopo anno, album dopo album, sia quale sideman o mero batterista, ma anche e soprattutto e sempre più’ come leader autonomo, ha continuato e continua e battere (perdonate il gioco di parole) i sentieri della musica moderna, portando sempre innanzi idee musicali mai uguali a se stesse, seppur sempre, tutte, rigorosamente coerenti.
A cominciare da Spectrum (del 1973, ed WEA) sino a due bellissimi album dello scorso anno, Drum’s voice 3 (Nicolosi Production-Soul Trade) e Palindrome (BHM Productions) che costituiscono l’ossatura, sonora ma non solo, del suo tour 2011, che speriamo, in un non impossibile cambio di programma, riesca anche a toccare il belpaese.