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Captain Marvel. Una supereroina "aliena" torna sulla Terra
Annunciato da molti mesi e atteso con grande trepidazione da legioni di fans, il 6 marzo del 2019 è uscito nelle sale cinematografiche italiane Captain Marvel, un film che segna alcuni primati per i Marvel Studios: 1) si tratta di un’avventura completamente nuova ambientata in un periodo storico che finora non era stato preso in considerazione nel cosiddetto Universo Cinematografico Marvel. 2) È una pellicola incentrata sulla prima supereroina protagonista di una franchise a lei esplicitamente dedicata: Carol Danvers alias Captain Marvel.
Nel film compare per un breve cameo anche il leggendario Stan Lee, ossia il creatore di gran parte dell'universo supereroistico Marvel, recentemente scomparso all'età di 95 anni. Non dimentichiamo che Stan Lee ha creato una sorta di universo epico di incommensurabile ricchezza e originalità, partendo dai Fantastic Four (di cui originariamente gli stessi X-Men erano una sorta di spin off): dalle specie aliene dei Kree, degli Skrull e degli Shi'ar a villains come il Doctor Doom (con il suo sinistro regno di Latveria) e Magneto. Da popolazioni immaginarie come i cosiddetti Inumani (frutto peraltro di un esperimento genetico dei Kree sui primi esemplari di homo sapiens nella preistoria terrestre), dimoranti prima nella fantastica città di Attilan sull'Himalaya e poi nella zona blu della luna, caratterizzata da una bolla di ossigeno, fino ad abitanti di profondità inesplorate: troviamo così i mostri deformi guidati dall'uomo-talpa (The Mole Man) nel suo regno sotterraneo e gli esseri umanoidi dotati di branchie nel vastissimo impero sottomarino governato a fasi alterne dal principe Namor, The Sub-Mariner, un individuo dotato di incredibili poteri dovuti al fatto di essere figlio di un terrestre e di un'atlantidea. E ancora, la nazione "mutante" di Genosha, la dimensione quasi-parallela chiamata "zona negativa", la trasformazione in supereroi delle divinità del pantheon germanico (Odino, Thor, Loki) e di quello greco-romano (Zeus, Ercole), il regno tecnologico africano di Wakanda retto con saggezza illuminata da Pantera Nera (T'Challa), i rigurgiti nazisti del Teschio Rosso e dell'organizzazione nota come HYDRA, per non contare gli innumerevoli alieni e malvagi "minori", fino a quello che forse è il personaggio più inquietante dell'universo para-fantascientifico Marvel, Galactus, il divoratore di mondi, con i suoi araldi, da Silver Surfer a Terrax il Terribile.
Captain Marvel è ambientato all'inizio degli anni '90, con uno strano effetto di "straniamento" tecnologico, nel senso che i personaggi operanti sulla Terra si avvalgono delle tecnologie ancora oggi esistenti, ma nella loro forma aurorale: vediamo quindi computer "vintage" su cui internet e CD-Rom girano con una lentezza esasperante, grosse automobili americane ormai fuori produzione, telefoni cellulari più somiglianti ai walkie-talkie, dispositivi cercapersone, un pullulare di internet cafè e di negozi di videonoleggio. Ma questo apparente "primitivismo" tecnologico avrà come pendant un'incredibile invenzione che porrà la Terra all'avanguardia anche rispetto a civiltà aliene più progredite.
In ogni caso, all'inizio del film non troviamo lo schema tradizionale della origin story perché la protagonista, Capitan Marvel (alias Carol Danvers, come apprenderemo in seguito), appare già in possesso dei propri superpoteri: è il premio Oscar Brie Larson a interpretare con magnifica determinazione e piglio estremamente deciso la biondissima supereroina. È su Hala, il pianeta principale dell'impero Kree, che comincia l'azione, con la guerriera Vers (la futura Captain Marvel) che si risveglia da ricorrenti incubi in cui combatte a fianco di una donna anziana in battaglia. Yon-Rogg, l'enigmatico comandante della Starforce (uno sfrontato Jude Law), il reparto d’élite intergalattico dei Kree, la istruisce in addestramento per controllare i suoi straordinari poteri, che si manifestano come fasci di fotoni che può proiettare dalle sue mani, e che potrebbero esserle revocati dall'Intelligenza Suprema (una sorta di essere cibernetico che è a un tempo il monarca supremo e la divinità immanente dei Kree) se non riuscisse a tenerli sotto controllo.
Ma l'impero Kree è minacciato da un'invasione degli Skrull, i loro eterni rivali (che originariamente dotarono loro stessi i Kree della tecnologia necessaria per costruire un impero galattico, ma vennero poi traditi e attaccati), i quali però hanno di mira soprattutto un pianeta apparentemente meno evoluto tecnologicamente di un sistema stellare remoto, ossia C53, la nostra Terra: il motivo è lo sviluppo segreto di un propulsore per astronavi che permetterebbe di raggiungere la velocità della luce, nascosto in qualche laboratorio della NASA (sorvoliamo, con un bell'esercizio di suspension of disbelief, sul fatto che Kree e Skrull, per arrivare sulla Terra dalle loro remote galassie – la Grande Nube di Magellano e la Galassia di Andromeda, situate a 140.000 e due milioni di anni luce, rispettivamente –, dovrebbero essere già dotati di una tecnologia che valica di molto i confini della velocità della luce, con possibilità di ricorrere ai wormholes, all'iperspazio, ecc. Ma nulla di tutto ciò viene spiegato nel film).
Durante una delicata missione insieme con Yon-Rogg e altri ufficiali della Starforce a bordo dell'astronave Helios, Vers viene rapita da un manipolo di Skrull, il cui leader, Talos, la sottopone a uno screening psicologico in cui riaffiorano i suoi ricordi: emerge così un incredibile passato sulla Terra dove Vers era nata e si era formata come pilota di caccia dell'aviazione americana (USAF). Aveva ormai perso il ricordo sia di questo suo passato, sia della dottoressa Wendy Lawson, la donna dei suoi incubi.
Vers riesce a liberarsi prima che Talos possa estrarre dal suo inconscio tutti i suoi ricordi e dopo una colluttazione (al termine della quale le spunta magicamente una tuta da combattimento completa di stivali che aveva perso durante l'interrogatorio) in cui ha la meglio su una dozzina di Skrull, fugge su una navicella che si schianta sulla Terra. Sorpresa: anche gli Skrull sono presenti sul nostro pianeta, dove anzi, data la loro natura di mutaforma, hanno assunto le sembianze di esseri umani, infiltrandosi ai massimi livelli militari e dei servizi di intelligence (tra cui lo S.H.I.E.L.D., acronimo che sta per Strategic Hazard Intervention, Espionage and Logistics Directorate, la più potente agenzia di spionaggio e di controspionaggio del mondo, dotata di una tecnologia superiore a quella ritenuta la più avanzata sulla terra, in omaggio a uno dei soliti paradossi Marvel: la Terra è tecnologicamente quella dei giorni nostri, ma supereroi, super-villains e agenzie segrete posseggono ritrovati tecnologici sconosciuti ai più, comprese astronavi per viaggi interstellari e macchine del tempo).
Ed è qui che compare un agente dello S.H.I.E.L.D., Nick Fury, destinato a diventarne il quasi onnipotente direttore: viene interpretato da un Samuel L. Jackson che non ci ha pienamente convinto per vari motivi: l'attore afroamericano ha 70 anni, ma nel film appare come un quarantenne, grazie a un particolare software che "ringiovanisce" le persone sullo schermo. Ma Jackson "ringiovanito" appare impacciato e innaturale. Inoltre, anche nelle vesti di giovane ufficiale dello S.H.I.E.L.D. (prima che perdesse poi la vista a un occhio) non ci sembra così determinato e sicuro di sé come dovrebbe essere, fino al punto da ingenerare il sospetto che i due registi – Anna Boden e Ryan Fleck – abbiano voluto ridimensionare il ruolo di un personaggio appartenente al black people (peraltro, nei fumetti Marvel Fury non è nero)
Inizialmente Fury non crede al racconto degli eventi riferitole dalla giovane donna, ma quando si rende conto che uno degli Skrull ha preso la forma del suo collega Coulson, cerca di collaborare con Vers. L'eroina gli racconta dei Kree e della loro guerra con gli Skrull, si veste in modo più discreto e comincia a far riaffiorare i suoi propri ricordi della sua precedente vita sulla Terra. Fury la porta poi in una struttura governativa segreta dove negli archivi riesce a trovare i piani del dottor Lawson per il motore atto a raggiungere la velocità della luce. Ed è qui che avviene un colpo di scena, che non riveliamo per evitare un eccessivo spoiler: negli appunti della Lawson sono presenti dei caratteri misteriosi che ben pochi sono in grado di decifrare, e tra questi c'è proprio colei che ormai capisce di chiamarsi realmente Carol Danvers.
Braccati dagli Skrull in incognito, Fury e Carol fuggono in un aereo da combattimento, dove trovano quello che sembra essere un innocuo gatto domestico, e raggiungono la vecchia collega pilota Maria Rambeau (che in altri fumetti Marvel è la madre di un'altra Captain Marvel, l'eroina afroamericana Monica), la quale aiuta Vers a colmare le lacune della sua memoria, grazie anche a una scatola nera contenente le registrazioni di sei anni prima: è qui che si palesa la sua vera origine e la natura dei suoi inverosimili superpoteri.
Un ulteriore colpo di scena, che vede coinvolti gli Skrull, imprime al film una svolta radicale: Capitan Marvel scopre in un aereo modificato la presenza di uno strano manufatto, denominato tesseract, che è la fonte della sua energia (nella letteratura fantascientifica il tesseract, o tesseratto [dal greco τέσσερεις ἀκτίνες , téssereis aktínes, "quattro raggi"], è l'analogo quadrimensionale del cubo, reso famoso dal racconto di Robert Heinlein ...And He Built a Crooked House). Alla fine Captain Marvel acquisisce il pieno controllo dei suoi poteri, che un inibitore dei Kree aveva finora frenato, fino a risolvere tutte le situazioni più pericolose in cui si era trovata coinvolta. Nelle ultime scene del film, si profila, grazie a Fury, la costituzione di un nuovo gruppo di supereroi: gli Avengers.
Ricordiamo qui che il primo Capitan Marvel dell'universo fumettistico era un uomo, ufficiale dell'esercito Kree poi naturalizzatosi terrestre e diventato "il protettore dell'universo" (quasi un analogo Marvel del Superman della DC). La scelta di puntare decisamente sulla sua versione femminile (peraltro con costume e poteri analoghi) non è casuale: per il produttore, Kevin Feige, era tempo di "avere una supereroina con una franchise tutta sua". E l'occasione è stata la miniserie di fumetti di Captain Marvel firmata da Kelly Sue DeConnick, base di partenza per sviluppare i personaggi e il tono del film, in cui Carol rappresenta "il ponte ideale tra il lato cosmico e il lato terrestre dell’universo”: la chiave è rappresentata dalla metafora del volo, nella misura in cui volare significa esplorare e superare i limiti delle nostre paure e dei nostri dubbi interiori. Paure e dubbi che nel caso di Carol Danvers si coniugano con temi come l’empowerment femminile e l’uguaglianza di genere, che trovano nell'eroina una perfetta incarnazione.
Una nota finale riguarda, almeno secondo noi, il fatto che, come nel caso del motore che sviluppa la velocità della luce, non si è minimamente curato l'aspetto della sia pur remota verosimiglianza scientifica: il film stride un po' in quanto appare spesso come veicolo di errori, esagerazioni, violazioni dei princìpi fondamentali della fisica e talvolta anche del puro e semplice buon senso. Ma se lo si prende come esempio di "popular science fiction" e come prodotto di alto intrattenimento, questi difetti possono benissimo venirgli perdonati.