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IUC. L'Intensa interpretazione di Gesualdo de Les Arts Florissants
Lo scorso 15 febbraio sono tornati i bravi interpreti de Les Arts Florissants guidati da Paul Agnew , che nel secondo appuntamento del Gesualdo project, hanno offerto una raffinata esecuzione del Quarto libro dei madrigali di Carlo Gesualdo, principe di Venosa. Una sala affollata in ogni ordine di posti li ha applauditi durante lo svolgimento del concerto e alla fine li lungamente acclamati ottenendo il bis del primo madrigale “Luci serene e chiare”.
Un’ora prima del concerto, nella Sala Multimediale adiacente all’Aula Magna Giovanni D’Alò, direttore artistico della IUC e musicologo è stato protagonista di una interessante introduzione all'ascolto intitolata “Come ascoltare un madrigale”. È stata una idea riuscita per avvicinare il pubblico ad un genere musicale lontano cinquecento anni e destinato alla esecuzione privata da parte di una ristretta élite, che possedeva una profonda cultura umanistica ed era attratta dalla raffinata e intelletuale maestria linguistica dei poeti. L'abilità dei madrigalisti era di rendere musicalmente quei testi, D'Alò ha messo in luce il rapporto tra parola e polifonia vocale, in cui prevaleva il gioco dei suoni che si focalizzava sulle parole che il musicista riteneva più illuminanti del suo sentire. A questo scopo ha prodotto alcuni esempi mettendo anche a confronto le diverse interpretazioni di Monteverdi e di Gesualdo sullo stesso testo di Ridolfo Arlotti: Luci serene e chiare. D'Alò ha anche invitato il pubblico nell'ascolto di Gesualdo di non farsi condizionare troppo dalle vicende biografiche dell'autore per la presenza nei testi di parole come dolore, lacrime, morte; in quell'epoca, infatti, a differenza del romanticismo il poeta o il compositore non si esprimevano in prima persona. D'Alò ha anche indirizzato l'attenzione sull'uso del cromatismo per sottolineare parole o immagini. In fine sottolineiamo come anche questa introduzione sia stata affollata e abbia avuto successo a dimostrazione di come il Gesualdo project abbia suscitato l'interesse del pubblico.
Vissuto a cavallo dei secoli sedicesimo e diciassettesimo, Carlo Gesualdo è un musicista di fondamentale importanza nella polifonia vocale nella transizione dal Rinascimento al Barocco. La ricerca dell'espressione in musica degli “affetti” lo portò all'uso di dissonanze e di cromatismi non ammessi dalle regole del tempo. Nel 1595 Gesualdo si recò a Ferrara per sposare in seconde nozze la duchessa Eleonora d’Este e si fermò a lungo nella capitale estense lì compose il suo Quarto Libro di Madrigali, pubblicato proprio a Ferrara nel 1596, non direttamente a suo nome perché il suo alto rango non lo consentiva. L'ambiente musicale lo influenzò profondamente e come introduzione al Quarto libro sono stati eseguite alcune composizioni quasi tutte legate all'ambiente ferrarese anche per evidenziare le differenze nell'uso del cromatismo, uno degli strumenti impiegati nella polifonia già in epoca medioevale (musica ficta). Il brano che ha aperto il concerto di Timor et tremor è un mottetto di Orlando di Lasso, che fu estraneo all'ambiente ferrarese ma soggiornò a lungo a Napoli e fu sicuramente conosciuto da Gesualdo; un aspetto emotivo li accomunò: la “melanconia”. Poi è stato eseguito su testo di Petrarca L’aura che ’l verde lauro di Nicola Vicentino, autore di un trattato L'antica musica (greca) ridotta alla moderna prattica (1555) fu creatore di uno strumento, l'archicembalo, in grado di eseguire i suoni prodotti dai tre generi musicali oggetto del suo trattato: diatonico, cromatico e enarmonico; fu maestro di Luzzasco Luzzaschi, l'unico in grado di suonarlo mirabilmente.
La scala cromatica ascendente del soprano nel madrigale Solo e pensoso di Luca Marenzio sempre su testo del Petrarca, eseguita successivamente, è un altro esempio mirabile di uso espressivo del cromatismo. Il seguente Quivi sospiri su testo di Dante di Luzzasco Luzzaschi, allievo anche di Cipriano de Rore, porta nel cuore dell'ambiente ferrarese in cui dimorò Gesualdo, che lo conobbe direttamente e volle che Scipione Stella, virtuoso al suo seguito, imparasse da lui a suonare l'archicembalo. Il madrigale Luci serene e chiare di Monteverdi su testo di Ridolfo Arlotti fu messo in musica anche da Gesualdo all'inizio del Quanrio libro e la differenza tra le due composizioni è significativa. Lorenzo Bianconi contrappone: ”l'artificiosa manieristica frammentarietà del linguaggio di Gesualdo” alla armonia formale della visione di insieme di Monteverdi che afferma:” sintetizza i concetti che Gesualdo aveva anatomizzato.” La scelta dei testi del Quarto libro denota una preferenza per la sintesi e oltre a quello iniziale, solo il madrigale in due parti Cor mio, deh non piangete / Dunque non m'offendete è stato attribuito al Guarini, gli altri, anonimi, si ritiene che siano di Gesualdo.
L'accentuato cromatismo del compositore pone l'accento su alcuni concetti ricorrenti dolore, pianto, infelice amore ma, essendo ancora influenzato dall'ambiente cortigiano ci sono sprazzi di serenità, nei libri successivi queste cupe caratteristiche si accentueranno. La frequentazione ferrarese si nota anche nel prevalere delle tre voci acute con le ardite colorature in contrapposizione con le tre gravi cosa che indicherebbe che le composizioni fossero dedicate al “concerto delle Dame” della duchessa Margherita Gonzaga d'Este,moglie del duca. La formazione più famosa fu probabilmente quella composta da Laura Peperara, Anna Guarini e Livia D’Arco. Un esempio è il madrigale in due parti Ecco morirò dunque / Ah, mi discoloro. L'interpretazione resa da Les Arts Florissants è stata intensa e attenta nella resa di colori vocali e dinamici in senso espressivo, peccato per alcune, per fortuna, rare sbavature nella pronuncia italiana. Grandi applausi hanno salutato la fine del concerto.