Licia Maglietta al Valle. Riti misterici versus patriarcato opprimente

Articolo di: 
Giuseppe Talarico
Licia Maglietta

Lo spettacolo intitolato Manca Solo La Domenica, in scena al Teatro Valle fino al 21 Febbraio 2010, è tratto dal libro di racconti di Silvana Grasso Pazza E’ La Luna, edizioni Einaudi 2007. Colpisce e incanta lo spettatore questa recita per la sua sorprendente profondità intrisa di una comicità dolente e malinconica. In una scenografia sobria ed essenziale, con il cuore di Gesù collocato sullo sfondo del palcoscenico, è capace di evocare il sentimento religioso delle donne siciliane, sincero e spontaneo.

La protagonista dello spettacolo, Borrina Serrafalco, è splendidamente interpretata da Licia Miglietta, in un lungo monologo, a tratti esilarante e in altri momenti dominato dalla disperata consapevolezza della propria solitudine, racconta la sua vicenda umana ed esistenziale.

Borrina Serrafalco, all’inizio del racconto, ci viene presentata come una donna che nel suo paese ha l’abitudine di alzarsi alle sei di mattina per uscire di casa e raggiungere i comuni che si trovano vicini al suo luogo di residenza. Questa abitudine non è dovuta alla necessità di recarsi in un posto di lavoro, poiché la donna, avendo ereditato in Sicilia beni e denaro dai suoi genitori, vive in condizioni di grande agiatezza. Per non soccombere alla noia e alla monotonia soffocante del suo paese, un piccolo borgo situato nella Sicilia profonda, presentato nel libro come un luogo avvolto e circondato dall’aura del mito ancestrale, ama frequentare la chiesa ogni giorno, dove recita con puntualità il rosario e le preghiere.

Appena nel monologo la narrazione si dipana e sviluppa, con immagini letterarie bellissime che descrivono l'infelice condizione della donna siciliana  per secoli sottomessa a convenzioni e assurde regole  sociali, espressioni della arcaica società patriarcale che relegava la donna ad una condizione di subalternità rispetto al potere maschile, la vicenda umana di Borrina Serrafalco viene rappresentata in modo straordinario. Borriana Serrafalco, dopo avere superato la soglia dei trenta anni, per non rimanere zitella, condizione ritenuta disonorevole nel suo ambiente sociale, è obbligata a sposare un uomo di cui non è innamorata, il cui nome è Cataldo Liuzzo, ebanista conosciuto nel suo paese come l’uomo dai capelli rossi.

Dopo sette mesi di convivenza matrimoniale, segnata da momenti di grande disperazione per Borrina che prova repulsione per l’uomo che dorme nel suo letto, Liuzzo, nella speranza di diventare un ebanista  di successo, abbandona la Sicilia e decide di emigrare in Australia. Ovviamente promette alla moglie Borrina di scriverle, di mandarle del denaro e che in seguito, dopo che avrà consolidato la sua posizione economica, la farà emigrare in Australia. Dopo un certo periodo di tempo, dal giorno della partenza del marito, la donna non riceve più le sue lettere né altre sue notizie. Poiché il silenzio del marito si prolunga nel tempo, Borrina si persuade che Liuzzo è morto in Australia. Per questa ragione inizia ad acquistare abiti di colore nero, poiché nella Sicilia del tempo le vedove erano obbligate ad indossare vestiti scuri per un periodo di cinque anni.

Ovviamente Borrina non potrà presentarsi nel suo ambiente sociale bardata dai vestiti neri, finché non avrà la certezza che il marito è morto in Australia. In seguito ad una ricerca effettuata dal parroco del suo paese, Borrina, addolorata ed affranta,   apprende che suo marito non è deceduto, ma, come emerge da una indagine del consolato italiana in Australia, convive con una donna portoghese da cui ha avuto dei figli. Per non cedere alla disperazione e dare un senso alle sue giornate in un ambiente sociale chiuso e culturalmente arretrato, Borrina inizia a visitare i cimiteri dei paesi, che si trovano intorno e vicino al suo luogo di residenza. In ogni cimitero che visita decide di adottare un marito estinto, scegliendolo in base alle circostanze della morte e all’aspetto del defunto, effigiato nella fotografia che ne sovrasta la tomba. In tal modo, per superare il suo disagio esistenziale, dovuto e provocato dalla condizione di donna sola sospesa tra lo stato di vedova e di sposa abbandonata dal marito, dedica ogni giorno della settimana alle visite nei cimiteri, in ogni uno dei quali si reca a trovare i suoi mariti estinti.

Questa parte dello spettacolo appare per più versi divertente e esilarante, tuttavia nella narrazione traspare e aleggia un senso di morte, che evoca  il mistero della vita e della morte, considerato in una dimensione metafisica e religiosa, non esente da rituali superstiziosi e irrazionali. Dopo avere trascorso la sua esistenza in questo modo, vagando per i cimiteri a tenere in ordine le tombe dei mariti estinti, che ha adottato per non rimanere prigioniera delle sue ossessioni, Borrina vede ricomparire a distanza di trenta anni il marito, che ritorna in Sicilia dalla Australia. Liuzzo si intromette e si insedia nella abitazione della moglie con una arroganza smisurata, senza darle spiegazioni e dimostrando un egoismo  sconfinato. Durante la convivenza con il marito, con il quale non divide più il letto,  il risentimento covato nell’animo di Borrina per lungo tempo, emerge e riaffiora nel momento della morte di Liuzzo.  Proprio quando Liuzzo è agonizzante nel letto matrimoniale, Borrina indossa i vestiti neri e non prova pietà e compassione per l’uomo che l’aveva lasciata da sola per la sua intera esistenza.

Dopo la sua morte, Borrina dedicherà la domenica al marito Liuzzo, visitandone la tomba al cimitero. Proprio durante la visita al cimitero, Borrina incontra una donna, alla quale indica la tomba di un giovane uomo ucciso dalla mafia. Il personaggio di Borrina, per la sua fisionomia umana e psicologica, mi pare che abbia molti elementi di affinità con Marianna Ucria, protagonista e figura centrale di un grande romanzo di Dacia Maraini. Marianna Ucria, sordomuta dalla nascita che, nella Sicilia del settecento, è vittima dell'oppressione soffocante esercitata sulle donne dalla società patriarcale maschile, e per questo motivo decide di abbandonare la sua terra. Borrina, per difendere la sua sensibilità offesa dalla prepotenza maschile, si rifugia in un suo mondo fatto di riti strani ed incomprensibili. Durante la rappresentazione sono apparse belle le musiche eseguite dal maestro Daghi Rondanni. Uno spettacolo bello e profondo.

Pubblicato in: 
GN9 Anno II 3 marzo 2010
Scheda
Titolo completo: 

Teatri Uniti
MANCA SOLO LA DOMENICA
di Silvana Grasso
da Pazza è la luna , Einaudi 2007
scene e regia Licia Maglietta
con Licia Maglietta, Vladimir Denissenkov
costumi Katia Esposito
luci Cesare Accetta
suono Daghi Rondanini

Teatro Valle - Roma

dal 16 al 21 febbraio 2010

Spettacolo del 21 febbraio 2010

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