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Lubiana Festival 65°. Il Crepuscolo della nuova Alba
La terza giornata dell'Anello dei Nibelunghi (Der Ring des Nibelungen) ossia il Crepuscolo degli dei (Die Götterdämmerung) conclude la Tetralogia wagneriana al 65° Festival di Lubiana il 30 agosto con Valery Gergiev alla bacchetta e direzione della sua Orchestra del Teatro Mariinsky di San Pietroburgo e nell'allestimento curato dal Marinskij con alla regia Gergiev e George Tsypin. L'anello è tratto ed è nelle mani di Brunilde dopo che Siegfried parte per le nuove avventure che concluderanno il ciclo attraverso la distruzione di un vecchio ordine sociale, quello degli Dei, inaugurando l'avvenire concepito da Wagner già nella stesura del 1848, durante i suoi anni anarchici alla rivoluzione di Dresda.
La prima del Crepuscolo è avvenuta il 17 agosto 1876 al Festival di Bayreuth, ma il testo precede la musica – terminata nel 1874 con la scrittura del finale - ed il fine della Tetralogia è inciso nei fili dorati dell'inizio: le tre Norne filano il destino che si spezza nelle loro mani nel prologo del Crepuscolo – Ana Kiknadze, Svetlana Volkova, Tatjana Kravcova che ci legano ad un “filo” di speranza nella loro voce armoniosa -, e ci rendiamo subito conto di ciò che succederà: la distruzione del Valhalla e dell'ordine stabilito dagli dei che Siegfried aveva preannunciato spezzando la lancia del “padre” Wotan, di cui Waltraute si lamenta con Brunilde, dove erano segnati i patti conferenti potere a Wotan.
Waltraute, tradotta come una sorta di avvoltoio col piumaggio bianco a discesa sul costume nero, è Olga Savova, che si distingue nel canto moratorio ed allo stesso tempo pietoso nei confronti di Brunilde per convincerla a consegnare l'anello alle Figlie del Reno. Le ondeggianti sirene del fiume Woglinde, Žana Dombrovska; Wellgunde, Irina Vasiljeva e Flosshilde, Jekaterina Sergejeva, levano alte il loro canto dipingendo una natura distesa e accogliente nel fondo delle loro acque: meravigliose e flessuose anche le ballerine con i lunghi capelli fluorescenti che le attorniavano. Loro, che proveranno ad avvertire Siegfried nel terzo atto e a liberarlo dalla maledizione dell'Anello (due leitmotiv che si incastrano) si troveranno a che fare con il folle eroe inconsapevole delle stesse rune (simbolo della saggezza in questo caso) che gli ha trasfuso Brunilde rendendolo anche invulnerabile.
Siegfried che è giunto alla reggia dei Ghibicunghi, dove il figlio del nano Alberich, ossia Hagen, insieme a Gunther, gli tendono un tranello facendogli bere un filtro magico che è l'opposto di quello del Tristano, facendogli dimenticare il suo amore autentico per Brunilde e legandolo alla sorella di Gunther, Gutrune. L'inganno ai danni dell'eroe è perpetrato e nella sua forza che governa con animo gagliardo e istintivo, risiede la sua debolezza: di affidarsi incoscientemente allo stimolo dell'azione valorosa proposta dai due ed ad un patto che ordisce un complotto contro di lui, senza minimamente accorgersene. La stessa Brunilde, ingannata da un Siegfried che la estorcerà a sé stesso per donarla al falso amico Gunther, parteciperà al complotto contro di lui, spronata dall'odio per l'amato fedifrago che si nasconde sotto il Tanhelm, l'elmo magico che lo muta in Gunther e le sottrae l'anello.
La Brunilde di ieri (Jekaterina Šimanovič, che oggi ben interpreta la rivale Gutrune) ci era piaciuta di più ma ben sostiene la parte – più lunga invero – Larisa Gogolevska, con estrema possanza. In specie nella scena del complotto dopo il tradimento di Siegfried che ha bevuto il filtro ed ha obnubilata la mente: difatti non riesce a risalire ai letimotiv colui che mente per il filtro, Siegfried, mentre ben salda nella sua verità rimane Brunilde e così a livello musicale con il motivo dell'Amore eroico che le spetta, una evidenza psicologica che nella diatriba tra i due spicca.
Hagen, figlio del nano Alberich, è mosso solo dall'invidia, “Neid”, o meglio dall'avidità per l'anello: termine insito anche nel canto di Siegfried per Notung, la “Neidliches Schwert” (la spada invidiabile), emblema della potenza dell'eroe e che Hagen può sconfiggere solo colpendolo alle spalle vigliaccamente, nel suo unico punto debole, il dorso. I due momenti topici della morte di Siegfried e la Trauermarch (la marcia funebre) sono di un'intensità indicibile: il Maestro Gergiev ha condotto la sua Orchestra del Marinskij al fulcro drammatico del Musikdrama con eccezionale convergenza empatica, in un sussulto di compassione per la morte dell'unico eroe che ricalca nella migliore ipotesi l'Übermensch nietzschiano, nell'ipotesi della trasvalutazione di tutti i valori in favore di un innalzamento dello spirito, in perfetta sincronia con Wagner ed il significato della sua musica.
Le voci raccontano quindi ancora di più in questo caso, soprattutto quella di Hagen, impersonata da Mihail Petrenko, che nel Siegfried del 29 agosto recitava Fafner. La sua potente profondità risuona tutta nelle vibrazioni tenebrose del suo racconto di vendetta e di riappropriazione dell'Anello, soprattutto nel sogno in cui ode il nano Alberich, suo padre, lo stesso insinuante e corrivo Roman Burbenko che lo impersonava ieri. Fanno tremare entrambi e più nella voce di Siegfried, nel ruolo oggi Dimitrij Voropajev, si distilla il respiro dell'eroe e della sua levatura tenorile, più le loro, insieme al Gunther di Jevgenij Nikitin (che ieri interpretava Wotan), suggeriscono la bassezza dei loro piani, financo nella bella voce baritonale di quest'ultimo.
La musica sottovoce sussurra la morte dell'eroe nel terzo atto ed è di nuovo l'apice del motivo di Siegfried che risplende di nuovo, su una marcia funebre “eroica” di stampo beethoveniano in un do solenne: giunge finalmente il riconoscimento della sposa Brunilde, dell'Amore per lei, la Valchiria sull'altura che solo lui, l'eroe senza macchia, poteva liberare dal giogo di Wotan. Questa scena, insieme all'immolazione di Brunilde sulla pira dell'eroe, sono calibrati nella loro potenza prima sotterranea, nella Trauermarsch; poi lirica, nel canto accorato di Brunilde. Fiati e percussioni, il lamento degli archi, l'Orchestra tutta del Marinskij guidata da Valery Gergiev è all'unisono in un'ambascia che invoca tutto il dolore del mondo per la morte dell'Eroe fulgido, determinando col corno il suo richiamo risplendente come nel brillìo della sua Spada. Brunilde canta la luce di Siegfried, tra poco unita alla sua nel divampare delle vampe della pira per l'eroe e la Valchiria: il tutto orchestrale rimembra i motivi tutti in crescendo animico e divampante per una nuova alba.
Wie Sonne lauter
strahlt mir sein Licht.
(Pura come il sole, a me raggia la sua luce).