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Mike Francis e Michael Jackson. Due contrapposte e fatali timidezze
Due musicisti dal nome omologo, Mike Francis e Michael Jackson, se ne sono andati, rispettivamente, a gennaio e giugno 2009. Diversa, la musica; diversissima, la vita.
Mike Francis, il nostro Francesco Puccioni, è morto a 47 anni di un male incurabile, in silenzio in un ospedale romano. Michael Jackson, nella sua casa di Los Angeles, a 50, ha avuto un arresto cardiaco, oggetto di indagine giudiziaria, con echi mediatici in tutto il mondo.
L'uno, compositore raffinato di dance, una musica di testa, di eleganza mai eguagliata, al meglio delle registrazioni di studio, resa popolare con melodie non solo da ballare, ma anche solo da ascoltare, per la sua voce bassa, inequivocabilmente "bianca". Melodie famose oltre Italia come l'autore, ormai fuori dal giro in patria, nonostante i riarrangiamenti di alcuni motivi degli anni Ottanta. Uomo schivo, non dimenticato dal suo vero pubblico.
L'altro, divo mondiale, ebbe una carriera ultraquarantennale, dalla metà degli anni '60, per un decennio, coi fratelli (nei Jackson 5 con la storica casa discografica Motown, poi ribatezzati Jacksons); dopo di che, per un trentennio da solista (prevalentemente con la Sony); uomo dal corpo tutt'uno con il funky, una musica di cuore, al meglio dal vivo, in concerti-evento, in stadi stracolmi. Decine di brani dal ritmo sostenuto e inconfondibile, evoluzione della musica "nera", piegata al pop migliore. Un marchio trascinante fino a pochi anni fa, quando è cominciato il suo declino, per motivi estranei alla musica.
Mike l'italiano era sembrato agli inizi americano, per il nome e il testo inglese delle sue canzoni, a partire da Survivor (il maggior successo, del 1982). Prestigiose le collaborazioni con altri artisti, Rossana Casale (Let me in) e Amii Stewart (Friends e Together), voci argentine alternate alla sua, profonda, d'atmosfera; minor fortuna, invece, ebbero le canzoni in italiano (pregevole Bellissimi occhi chiusi), di qui il ritiro da cantante e l'esperienza da alcuni anni del gruppo Mystic Diversion (insieme al fratello Mario), un ritorno ad essere soprattutto un musicista.
L'afro-americano era cantante e compositore di talento, nonché ballerino dallo stile unico (dai vari epigoni); aveva collaborato coi più grandi musicisti e arrangiatori (tra i quali Quincy Jones, Paul Mac Cartney, Stevie Wonder, Toto, Lionel Ritchie, Janet Jackson, Slash, Notorius B.I.G.) e dato vita ad eventi non soltanto musicali, come le iniziative benefiche (spesso, riservate) a favore di bambini (tra cui, Usa for Africa e Pavarotti and friends, con il tenore). Tra le tracce rimaste inedite, quelle lavorate con Freddie Mercury, prima della morte di questi, e Will.i.am dei Black Eyed Peas, di recente.
La sua era una musica, di forte impatto ritmico, da cui farsi attraversare; nel bene nel male, ne fu attraversato anche lui. Aveva mantenuto una voce giovanile col falsetto e cantava, come spesso fa la gente di colore, con tutto il corpo, ma mostrava una pelle sempre più chiara (a nascondere la vitiligine) e ritoccato più volte i lineamenti del viso con interventi di chirurgia plastica, da sembrare quasi una persona di razza bianca.
Di Mike Francis il jingle più bello di Radio Dimensione Suono, la più ascoltata radio privata italiana degli anni Ottanta, manifesto della gioventù musicofila e amante della discoteca. Negli anni Novanta, si ebbero alcuni tentativi di poco successo, al confronto dei precedenti, qualche raccolta di "greatest hits", di qui il ritiro da cantante e il ritorno alla composizione ed esecuzione strumentale. Dietro le quinte, il suo posto più congeniale.
Negli anni dal 2000 in poi, ebbe difficoltà nell'incidere dischi anche Jackson, cui si devono i più bei video di brani ormai "evergreen", a battezzare, fra l'altro, la messa in onda della prima rete interamente musicale dopo Videomusic per le clip, la MTV (nata "bianca", sempre più "nera"). Non più spot, ma script. Finalmente le canzoni da vedere, per coreografia, sceneggiatura (dalla narrazione vera e propria) e cast (attori e registi famosi), a dare avvio ad una dimensione cinematografica che fece scuola (vedi, a seguire, Duran Duran e Madonna).
Eppure Michael divenne sempre più solo, circondato da stormi di corvi, e quasi sul lastrico, dopo aver venduto almeno i 750 milioni di dischi delle stime ufficiali e pur detenendo i diritti patrimoniali su larga parte del catalogo dei Beatles. Su di lui, macchina da soldi fagocitata non soltanto dallo star system, speculazioni e scandalismo. Rovinato dalle accuse di pedofilia, mai provate (alcune ritrattate), pur acclamato benefattore dell'infanzia, fu processato e condannato dai mass-media. Che lo avevano idolatrato, fino a poco prima. Uomo feticcio, fatto a pezzi. Come fecero i Titani con Dioniso, il dio bambino. Ed era rimasto emotivamente un bambino, questo adulto che voleva essere Peter Pan e, se possibile, dormire sul palco, dove si sentiva come a casa.
Pochi giorni prima che Francis morisse, a metà gennaio 2009, era uscito il doppio album The very best of Mike Francis, interamente arrangiato da lui, con inediti e remix (lato A, in inglese; lato B, in italiano). Dono prezioso ed inaspettato, pressoché postumo. Tra i brani, spiccano Nothing can come between us (di Sade), Josephine (di Chris Rea), due artisti sopraffini, e City lights, cover migliore dell'originale (di William Pitt).
Pochi giorni dopo la morte di Jackson, a luglio, avrebbe dovuto tenersi a Londra (per far fronte ai suoi numerosi debiti) il primo di una lunga serie di concerti dopo anni, per un rientro in grande stile, This is it (il cui materiale di prova registrato sarà pubblicato il 28 ottobre 2009), dal titolo simile a quel That's the way it is, uno degli ultimi spettacoli di Elvis Presley, con cui ha in comune più aspetti della vita professionale (ritmo black e ballo allusivo al sesso) e personale (il matrimonio di Michael con Lisa Marie, figlia di Elvis, morto nel 1977 a 42 anni). Il tour sarebbe stato, parole testuali di Jackson all'annuncio di marzo scorso all'Arena 02 di Londra, il "final curtain call", il sipario sull'attività di "great entertainer", come voleva essere considerato; ma il sipario sulla vita calò prima. Come la tristezza era già calata da tempo, a renderlo inavvicinabile; e l'anoressia, che ne aveva fatto il fantasma di se stesso; la mente dipendente e offuscata dai farmaci.
Ricordiamo The collection di Michael Jackson : Off the wall (1979), Thriller (1982), Bad (1987), Dangerous (1991) e Invincibile (2001), pubblicata a luglio 2009, dalla Sony, che ha prontamente acquistato i diritti per un prossimo film sulla vita del cantante. Ai 5 CD, a completare la discografia, i brani inediti inseriti nelle raccolte HiStory (1995), HiStory the remix, (1997) e Number ones (2003). Troppi i singoli di successo da menzionare; pluri-premiati anche molti suoi video che hanno fatto storia (per la regia, tra gli altri, di John Landis e Martin Scorsese), mini-film, accanto ai film interpretati: il primo, Il mago di Oz (1978, con Diana Ross) e, da protagonista, Moonwalker (1988), autocelebrativo, a dir poco. Coeva, fu l'autobiografia Moonwalk per Sperling and Kupfer, in ristampa ad ottobre 2009 per Random House.
Di Mike e Michael, a parer mio, le migliori colonne sonore, di fine Novecento: gli anni Ottanta per Mike; dal 1979 al 2001 per Michael. Li ho amati per una ragione, identica, la musica: meravigliosa. Ma li ho amati ambedue anche per la timidezza, quella di molte persone dello spettacolo, che, a noi che non lo siamo, appare strana, se non paradossale. Evidente in Mike, e coerente col suo privato, rimasto tale, fino alla fine; nascosta dall'esibizione in Michael, personaggio suo malgrado, fin da bambino.
Li ricordo così: Mike al pianoforte, di lato in scena, e Michael avanti sul palcoscenico, nel darsi in pasto al pubblico. Due immagini a confronto, a cercare di cogliere l'anima, la loro, che si nasconde. Inafferrabile, ormai.