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Opera di Roma. Trittico tra gli Oceani di Bosso
Al Teatro dell'Opera di Roma il trittico di balletti Forsythe / Inger / Blanc che vede protagonista il Corpo di Ballo dell’Opera di Roma guidato dalla direttrice oro ora confermata per altri tre anni Eleonora Abbagnato, e che come principali interpreti, vede l’étoile Susanna Salvi, i primi ballerini Claudio Cocino, Michele Satriano e Alessio Rezza ha visto la luce il 25 febbraio con repliche fino al 3 marzo.
Il primo dei balletti è a firma di William Forsythe, coreografo americano, tedesco d’adozione, che in Herman Schmerman (1992) esplora il tema della danza nel suo comporsi continuo, tra ritmo e velocità: come afferma Forsythe stesso, questa coreografia evidenzia la precisione e la capacità dei danzatori di non perdere le battute nel sincopato, difficilissimo, che ne costruisce la propulsione.
Il quintetto in nero delle tre ballerine e dei due ballerini, Marta Mirigliani, Annalisa Cianci, Gloria Malvaso, Jacopo Giarda e Giovanni Castelli avvolti dalla raffinatezza rigorosa dei costumi di Gianni Versace – il corpetto nero delle danzatrici è di una voluttuosità unica – prende avvio dalle note musicali di un allegro di Thom Willems (1955), che ha “dettato il numero degli interpreti ed il tono dell'opera”, rivela Forsythe. Il pas de deux aggiunto poi è stato ispirato dalle potenzailità dei due primi ballerini che lo hanno danzato al Balletto di Francoforte dove c'è stata la sua prima assoluta. La moglie di Forsythe, Tracey-Kay Maier e Marc Spradling, sono stati prodigiosi e la loro performance è usata da Forsythe per ricalcare le nuove prove: il duo formato da Federica Maine e dal primo ballerino Claudio Cocino è di altrettanta leggerezza e precisione che ad un certo punto si vena d'ironia, ripresentandosi sul palco indossando due gonnelline gialle canarino.
Inger ha costruito Walking Mad invece sul Bolero di Ravel diretto da Zubin Mehta e visto da lui nel cortometraggio The Bolero (1973) – che ha vinto il Premio Oscar come Best Short Subject nel 1974 – un balletto che è un musical e mi ha fortemente ricordato atmosfere, movimenti, giochi di gesti e passi dalla West Side Story di Leonard Bernstein. Un balletto diviso tra coppie e gruppi che si alternano sulla scena, situazioni che si evolvono tra un muro che compare e scompare, si fa triangolo per un assolo e con il Bolero che traspare dalle varie parti della giornata. La seconda parte, con la musica da Für Aline di Arvo Pärt, è una chiusura romantica a due, appena sussurrata dalle luci che si fanno quiete dello svedese Erik Berglund. I ballerini Michele Satriano, Walter Maimone e Alessandro Vinci con Valeria Scalisi, Giorgia Calenda e Sara Loro, hanno formato perfettamente gli incroci delle coppie principali.
Il compianto Ezio Bosso, scomparso a maggio 2020 a soli 48 anni (nato nel '71 a Torino), ha dato le musiche sinuose che fluttuano sulla coreografia di Nicolas Blanc From Afar (Da lontano), dipingendo in quelle acque i dispersi nei mari, nell'eternità fluente che contraddistingue l'uomo cui Ezio Bosso ha dato voce tra le note.
Il primo brano è tratto da Oceans, una sinfonia che si divide in sei movimenti e di cui il primo, l'Allegro giusto "Plough the Waves", insieme al secondo, il "Trio di Immigrant Song" sono stati scelti da Nicolas Blanc per la sua coreografia "acquamarina" , sia per i colori delle scene di Andrea Miglio, sia per i costumi di Anna Biagiotti che per le luci di Fabrizio Marinelli, ma soprattutto per la fluidità dei movimenti gruppali del Corpo di Ballo, la cui unità era data da un oggetto simbolico ed elevato sopra di loro, una barca. Tutti loro, anche se la barca era sopraelevata e sulla destra del palco rispetto a loro, prospettava una speranza in un balletto classico "abbracciando" metaforicamente il mare verso cui si dirigeva. L'étoile Susanna Salvi e Claudio Cocino primo ballerino hanno interpretato con grande consapevolezza la melancolia trasfusa dalle coreografie leggiadre, legate da continui incatenamenti di Nicolas Blanc.
Spettacolo applauditissimo soprattutto per la seconda parte, aggiunge al repertorio un notevole numero di coreografie di primissima categoria pienamente appartenenti al XX° secolo con uno sguardo acuto sulle nuove dimensioni – geometriche e di corresponsione con le arti figurative – verso cui veleggia la danza contemporanea.