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Rieti. L’inganno felice di Rossini debutta con successo
All’Auditorium di Santa Scolastica ha debuttato con un vivo successo, domenica 22 ottobre scorso, L’inganno felice, farsa in un atto su libretto di Giuseppe Foppa e musica di Gioachino Rossini. L'esecuzione ha avuto un’anteprima giovani, il giorno precedente e due repliche a Roma al Teatro Palladium il 24 e il 25 ottobre. Alessandro De Marchi ha diretto la Theresia Orchestra e un cast di giovani cantanti.
L’inganno felice è stata eseguita in forma di concerto per un incidente assurdo: l’attivazione dell’impianto antincendio da parte di un operaio che ha messo completamente fuori uso il palcoscenico del Teatro Flavio Vespasiano di Rieti.
L’inganno felice è una farsa semiseria, un’opéra à sauvetage, (opera di salvataggio) come La gazza ladra sempre di Rossini, questo era un genere molto in voga tra fine settecento e inizio ottocento. Furono proprio queste due opere ad inaugurare nel 1980 il Rossini Opera Festival, una scelta dettata allo scopo di esplorare opere meno frequentate, missione della Fondazione Rossini guidata allora da Bruno Cagli, che fu autore anche della regia de L’inganno felice, l’unica sua regia.
Delle cinque farse di Rossini L’inganno felice è la seconda composta dal giovane compositore non ancora ventenne, andò in scena a Venezia l’8 gennaio 1812 al Teatro Giustiniani in San Moisè, detto solo San Moisè, un piccolo teatro di proprietà della famiglia Giustiniani, esistente dal 1600, dove fu rappresentata anche l’Arianna (1639) di Monteverdi. Il San Moisè, non potendo reggere più reggere a fine ‘700 la concorrenza nella proposta di grandi produzioni, si specializzò in questo genere di operine, che divennero il trampolino di lancio per giovani artisti emergenti. Lo fu per Spontini con Le metamorfosi di Pasquale (1802) e lo fu anche per Rossini grazie allo straordinario successo de L’inganno felice, che oggi è la meno conosciuta e proposta, ma allora ebbe uno straordinario successo non solo in Italia ma anche all’estero e fu ripresa anche dallo stesso Rossini a Napoli e Roma.
Luca Incerti, che si è occupato della trascrizione dalle fonti e della revisione ci ha detto che, non è stata rinvenuta la partitura autografa. Riteniamo che ci siano diversi fattori che probabilmente hanno contribuito, il fatto che Rossini fu preso dal vorticoso succedersi in quell’anno di nuove composizioni, tre opere: Demetrio e Polibio, Ciro in Babilonia e La pietra di paragone e altre due farse: La scala di seta e L’occasione fa il ladro. Inoltre il Teatro nel 1818 per volere del nobile Giustiniani, “da pie intenzioni condotto”, fu prima chiuso e poi demolito. Per la mancanza dell’autografo quindi non c’è l’edizione critica, Incerti per l’esecuzione del Reate Festival si è basato sul manoscritto veneziano del 1812, confrontandolo con la stampa in partitura di Roma, era un caso raro per l’epoca, ma è la testimonianza del grande successo ottenuto dalla farsa.
I personaggi sono cinque di cui uno solo femminile, della coppia di amanti, Isabella soprano, e Bertrando, tenore, poi due bassi/ baritoni Tarabotto e Ormondo e un basso profondo Batone. Nell’antefatto che viene narrato dalla protagonista, Isabella, era sposa fedele del duca Bertrando, ma era stata accusata falsamente di adulterio da Ormondo, di cui aveva respinto le avances. Per ordine del marito era stata abbandonata da Batone su una barca in mare e fu creduta morta. All’inizio dell’opera si apprende che è viva, è stata salvata miracolosamente da Tarabotto, capo dei minatori, che per volontà della donna la fa passare per Nisa, sua nipote.
Tarabotto, che è in attesa del Duca per una visita alla miniera, scopre l’identità di Isabella che gli dà una lettera da consegnare al Duca in cui sono esposti gli avvenimenti di dieci anni prima. Duca, che nel frattempo si è risposato, ma è rimasto vedovo. Arrivano il Duca con Ormondo e Batone, che è il primo a incrociare Isabella, sconvolto la riconosce e cerca di sapere qualcosa da Tarabotto ma quello astutamente gli tiene testa. Tarabotto riesce con una scusa a far incontrare il Isabella e il Duca, che rimane colpito dalla rassomiglianza con la prima moglie, che non riesce a scordare. Batone avverte Ormondo, che gli ordina di rapire la donna nottetempo, ma Tarabotto li ha sorpresi e chiede al Duca di difendere Nisa. Il Duca riesce a sventare il rapimento e apprende la verità i due sposi sono riuniti, Batone viene perdonato e Ormondo tratto in prigione.
L’inganno felice rivela una mano esperta nella composizione, già dalla sinfonia, e così le arie virtuosistiche del soprano e del tenore con flauto obbligato, e i pezzi d’assieme, nel duetto fra i due bassi la sottigliezza e l’ironia sono palesi, ci sono delle reminiscenze mozartiane come nella scena notturna che conclude l’opera, ma quello che sarà lo stile rossiniano è già presente nel ritmo vitale che imprime alla musica.
Alessandro De Marchi ha una grande esperienza nel repertorio di musica e teatro del periodo barocco ma anche nelle opere del tardo belcanto, si è visto dalle scelte interpretative con tempi teatrali, grande cura nel rendere l’effervescenza rossiniana, i colori e i ritmi, dando respiro alla frase musicale. De Marchi ha guidato la Theresia Orchestra, una orchestra giovanile europea, che ha come sua peculiarità l’esecuzione musicale storicamente informata con strumenti d’epoca. I giovani musicisti hanno ben risposto alle indicazioni del maestro contribuendo al successo dell’esecuzione. Ed ha diretto fino alla scorsa estate le Innsbtrucker Festwochen der alten Musik fin dal 2009.
I cantanti nonostante l’esecuzione in forma di concerto sono riusciti a rendere le caratteristiche dei personaggi, Miriam Albano, ha una limpida voce sopranile, sicura nelle insidie della parte riesce a rendere le sfumature dei diversi e stati d’animo della protagonista. Antonio Garès si è ben calato nel ruolo del Duca, ha un bel timbro tenorile e ha reso bene le difficoltà belcantistiche. Matteo Loi, Tarabotto, è un ottimo buffo, ha un caldo timbro baritonale, la giusta verve, è padrone della parte e ha grande disinvoltura scenica. Luigi De Donato, Batone, ha un bronzeo timbro di basso profondo e arriva con facilità alle note più basse richieste dalla parte. Il duetto con Loi è particolarmente riuscito proprio per la bravura interpretativa di entrambi, bene anche Giuseppe Toia, efficace nel ruolo del perfido Ormondo. Lunghi applausi hanno salutato la fine dello spettacolo, che è stato registrato per una futura pubblicazione.