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Roma Cinema Fest. I film premiati sull'accordo di Settima
All'ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma hanno vinto prima di tutto i film che sicuramente erano dati per meno popolari, a cominciare dal film rumeno Quod Erat Demonstrandum di Andrei Gruzsniczk, sul controllo della popolazione durante il regime di Ceausescu, Premio Speciale della Giuria; come anche Tir (che sembra ironicamente il prosieguo della premiazione della Biennale con G.R.A.) di Claudio Fasoli, Marc'Aurelio d'Oro per il Miglior Film; ed ancora Seventh Code, il film giapponese di Kiyoshi Kurosawa, al quale sono andati ben due premi, il primo per il miglior contributo tecnico, il secondo per la Migliore Regia.
Aldilà di quel che può sembrare scontato, come il premio a Tir dopo Venezia al G.R.A. di Francesco Rosi, quel che sembra invece quasi ridicolo è il Premio come Miglior Attrice ad un'attrice che si è prestata solo in voce nel film di Spike Jonze, Her, e che chi vedrà doppiato il film, nemmeno sentirà (noi Italia, insieme a Germania e Spagna, siamo uno dei tre paesi che adopera per tutti i film il doppiaggio): Scarlett Johansson infatti non è visibile in nessuna scena, tranne che come "voce" del computer Samantha.
Matthew McConaughey ha vinto il premio, meritatissimo, come Miglior Attore per Dallas Buyers Club, in cui la sua parte, insieme a quella di Jared Leto, eccellente coprotagonista, è stata di una verosimiglianza assoluta e partecipata.Il film, a firma di Jean-Marc Vallée, a corollario, ha ricevuto anche il Premio BNL del Pubblico, una pellicola commovente e sincera sugli anni bui di quando, negli anni '80, i farmaci che curavano l'AIDS erano riservati a pochi, ed uccidevano chi li sperimentava: McConaughey interpreta Ron Woodroof, che quella battaglia l'ha fatta e vinta fino alla fine.
E' stato poi premiato l'intero cast del film iraniano Acrid, come award a miglior attore/attrice emergenti, da riconoscere invero al regista in primis per il coraggio di girare un film sulla situazione femminile in uno degli stati dove la sharia (la legge islamica) condanna le donne ad ogni ora a nuovi soprusi e abusi. Lode quindi a Kiarash Asadizadeh, il regista.
Il premio alla sceneggiatura è andato invece ad un film collaborativo tra quattro nazioni: I am not him, è difatti una coproduzione tra Turchia, Grecia, Germania e Francia e diretto da Tayfun Pirselimoglu, che si è occupato anche di scrivere il copione. La Menzione speciale se l'è aggiudicata il film cinese Blue Sky Bones di Cui Jian, rocambolesco ed ironico.
Fra tutti, sicuramente uno dei premi più meritati è proprio al thriller cinese Seventh Code di Kurosawa girato in Russia: la protagonista femminile è affascinante e convincente nella sua parte, Atsuko Maeda è decisamente un astro nascente della cinematografia cinese che ritroveremo in altre pellicole, e già vista con Kurosawa in 1905. Nella sua parte di cantante (è dalla musica che proviene da solista e con gli AK48) che ben si situa all'interno del film come sketch che in qualche modo ammorbidisce la verità della storia (di cui non riveliamo il finale a sorpresa), e di cui risuona il ritornello: "La solitudine è l'accordo di settima", che ricordiamo, in musica, si vela sempre di una sorta di tono cupo e distorsivo, esattamente come ci appare il film, che ci fa inoltrare in vie strutturalmente deviate ed in scorciatoie che non dirimono enigmi inizaiti a Tokyo ed intatti fino alla fine a Vladivostok.