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Simposio Contemporanea. Tra sfere di sincopate percezioni
Tra 23 e 26 marzo si è svolto a Roma un convegno sulla musica classica contemporanea, l'International Music Symposium, con concerti e conferenze nei luoghi dell'Accademia di Danimarca e Casa Scelsi, con un concerto nella Chiesa di Santa Maria del Popolo.
Organizzato da Musica per Roma - Contemporanea a cura di Oscar Pizzo, Accademia Filarmonica Romana ed i due enti ricordati prima, ha il sottotitolo di Classical Music and Modern Classical Music in Globalization and Consumer-Society. Con la partecipazione di emeriti musicologi, compositori, musicisti, tra Italia, Norvegia e Danimarca, il convegno ha raggruppato tra gli altri il Professor Karl Aage Rasmussen, Jørgen I. Jensen, Nicola Sani, Susanna Pasticci, Simon Steen-Andersen, Marcello Panni ed Enzo Restagno.
Tra i concerti, in particolare ne approfondiremo due. Il primo concerto si è svolto nella serata di mercoledì 25 marzo presso Casa Scelsi e si intitolava La conscience aiguë con brani da Giacinto Scelsi, Giorgio Battistelli e Alexander Kenifel. Le due Litanie di Scelsi sono un Halleluja ed un'Ave Maria che svettano, soprattutto con la voce sottile e étrange di Anna Miceli, donando incredibilmente un respiro quasi staticamente contemplativo al canto stesso.
Il brano seguente di Giorgio Battistelli, cha lavora soprattutto all’estero dove ha appena musicato Divorzio all’italiana (il film di Germi) per l’Opéra National de Lorraine, è stato ideato per un percussionista solo, in questo caso eseguito dall'istrionico Pietro Pompei, che ha a disposizione diversi strumenti ed un complessa partitura. Marimba, guiro brasiliano (suono simile alle maracas ma forma differente e si suona sia con le mani sia con la bacchetta), un timpanetto sul quale poggia il gomito dopo la bacchettata a mò di eco, molto singolare, cinque piatti sospesi, uno xilofono, i Cowbell, un Tom, cinque Wood-block e per finire due bonghi. Il brano è lungo circa dieci minuti con continue variazioni sul tappeto musicale ed un accrescersi del ritmo a cui seguono i passaggi da uno strumento all’altro, coordinati e stupefacenti per la ricchezza e le alternanze quasi incredibili tra suoni antichi e moderni. Composto da Battistelli nel 1979, Comme un opéra fabuleux ricorda gli sfondi sonori dei film del periodo, con effetti inaspettati ed una certa suspense per la variabilità dell’esecuzione, con punte ironiche e sberleffi alla struttura tradizionale.
Il Lamento di Alexander Knaifel del 1969 per il violoncello solo di Francesco Dillon sembra un dialogo spezzato intervallato da incerte epifanie: il tutto viene quasi polverizzato da un alterco e poi stemperato dai gravi fruscii che appaiono amplificati. Il brano seguente, di Giacinto Scelsi è Riti: i funerali di Carlo Magno del 1976, scritto per percussioni e violoncello. Dillon è di nuovo al violoncello accompagnato da Fulvia Ricevuto che fa roboare la grancassa alternandosi ad un rollìo che sembra provenire da una conchiglia. Il dialogo fra la terra e l’uomo, fra il mare e l’umana e fatale tragedia: un mantra che sale rigoglioso reiterato da un violoncello dalle nervature orientali, a picco su qualche altura celeste.
Il concerto di giovedì 26 marzo alle 17.30 ci riserva invece un’intero escursus, seppur breve in circa trenta minuti, su Salvatore Sciarrino (1947) con al piano Oscar Pizzo, assolutamente modulare su tutte le composizioni, interpretate con precisione e diletto coinvolgimento. Sciarrino affronta il linguaggio contemporaneo con gli strumenti tradizionali ed ha scritto molto per gli strumenti solisti, per esempio il flauto, in questo caso la partitura, per pianoforte, si compone di due momenti distinti: Sfera e Monolite. Le parti per il pianoforte sono estreme e vi è profuso un grande senso del colore. Ricordiamo che Sciarrino dipinge in colori prima che in musica, poi passa dai quadri appena creati alla scrittura musicale. I colori che usa sono i colori della scienza ed i colori della natura, potrebbe dirsi un compositore ecologico.
Per ritornare alla composizione, la prima parte, Sfera, si decompone in tre momenti. Il primo s’intitola Primo Notturno Crudele, e riecheggiano in questa partitura i notturni siciliani, così intensi nei colori ed assoluti nei paesaggi, come per Stromboli con le sue strade percorribili solo a piedi o a dorso di un anmale ibrido come il somaro (Licuti ad esempio). Le note tamburellano feroci sulla tastiera in questo brano dove di colpo s’interrompono solo per un brevissimo respiro, reiterando un passaggio con una variazione più grave in coda.
Impeto e furia e segni di inadeguatezza ed instabilità i connotati emotivi di un brano che va acquietandosi tra gli effluvi del seguente, Perduto in una città d’acquae. Qui i passaggi sono lenti e con echi, come piccole perle che cadono a capofitto in un ruscello per girare vorticosamente su sé stesse. L’atmosfera è rarefatta ed immobile. Il terzo episodio, Secondo Notturno, sostenuto da improvvise gravi concitazioni e scatti, tra sprofondamenti in abissi apertisi d’incanto.
Monolite, ovvero la Quarta Sonata, si compone dello Sciarrino vero e proprio, impervio e crudele nella sua ansiosa aggressione ad un piano esautorato quasi dalle sue funzioni. E’ una poetica della catastrofe quella che ci presenta, strattonando i timpani in una corsa brada con leggere variazioni sincopate in una struttura a rimando doppio. Si richiede al pianista una vera forza fisica ed un respiro circolare per riuscire ad ultimare una Sonata le cui grida lancinanti rappresentano l’angoscia urlata a perdifiato, in tutte le direzioni. La prova è giunta al termine con un respiro del pubblico ed un grande sollievo per Oscar Pizzo al piano, avendo vinto una sfida del tutto eccezionale.