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Sokolov al Teatro Verdi di Pisa. Tra Bach e Brahms
Viene attribuita a Johann Sebastian Bach una frase: “La musica aiuta a non sentire dentro il silenzio che c'è fuori”. Ascoltando Grigory Sokolov il 16 novembre scorso al Teatro Verdi di Pisa, nel concerto inserito nell'interessante Stagione dei Concerti della Normale, non si può fare a meno di riflettere su che cosa può provocare nell'ascoltatore l'esecuzione della musica di Bach.
Quando si considera quest'autore, i parametri di valutazione cambiano: a prescindere dal genere della composizione, sacra, profana, vocale o strumentale, il risultato è sempre lo stesso: la sensazione di venire a contatto con qualcosa che si percepisce elaborato ma al tempo stesso scorre con apparente semplicità e con una chiarezza ed una bellezza assoluta che per la sua perfezione è impossibile concepire diversa da quella che appare.
Ovviamente l'esecutore, considerato come mezzo con il quale l'autore comunica con l'ascoltatore, deve essere in grado di evidenziare queste caratteristiche. In questo senso ascoltare Sokolov che esegue Bach rappresenta a nostro parere il massimo, un punto di riferimento, per la chiarezza con la quale evidenzia la struttura delle composizioni, il divenire delle frasi musicali, gli intrecci contrappuntistici e per la capacità di ricreare con chiarezza disarmante, pari solo alla gigantesca difficoltà, i riferimenti strumentali nelle voci interne che dialogano nelle composizioni bachiane.
Sotto le sue mani il pianoforte non è più “uno” strumento ma diventa il contenitore di un intero ensemble strumentale. Durante l'esecuzione del Concerto Italiano BWV 971 e l'Ouverture in stile francese BWV 831 proposte in concerto, confessiamo che abbiamo ascoltato ad occhi chiusi, godendo di ogni istante dell'esecuzione che faceva diventare la musica puro nutrimento per il cuore e l'anima, isolandoci dal mondo e non sentendo più “il silenzio che c'è fuori”... Superfluo esaltare il controllo del suono e la tecnica, è difficile esprimere compiutamente il giudizio. Incredibile comunque la capacità di creare diversi piani sonori nell'ultima sezione -”Echo”- dell'Ouverture in stile francese.
Nella seconda parte le Variazioni e fuga su un tema di Händel op. 34 di Brahms e i tre Intermezzi op. 117, sempre di Brahms. L'accostamento con Bach non appare casuale: fra i compositori romantici Brahms è quello più legato alla tradizione e la sua musica per rigore e stile si può considerare intellettualmente vicina a Bach ed a quello che il miglior barocco aveva concepito. Anche nell'esecuzione delle variazioni Brahms-Händel Sokolov ha stupito il pubblico, proponendo una lettura controllata e misurata ed evitando le facili concessioni agli “effettacci” romantici, come in certi casi la scrittura può indurre a fare.
Nei tre Intermezzi op. 117, malinconica opera della maturità, Sokolov ha invece esaltato la bellezza della scrittura di queste composizioni, scritte nel 1892, cinque anni prima della morte dell'autore, nelle quali si avverte non solo la consapevolezza di procedere verso l'ultima fase della vita, ma dove in pari misura si percepisce il disorientamento e l'angoscia per il futuro di un intero secolo che sta per concludersi. Ovazioni al termine, pubblico in piedi e concessione di sei bis, regalati con assoluta tranquillità e senza apparente fatica e che probabilmente potevano essere di più se il pubblico, ormai quasi imbarazzato e nel timore di chieder troppo, avesse continuato a richiamare il maestro in scena.