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39° Cantiere di Montepulciano. Tra le arpe e gli specchi di Thilloy
Il 39° Cantiere Internazionale d'Arte di Montepulciano (SI) ha presentato il 24 luglio la seconda opera in prima assoluta: I Falsari, dal romanzo di André Gide (Les faux-monnayeurs), commissionata dal Cantiere al compositore francese Pierre Thilloy. Una coproduzione firmata da Fondazione Cantiere Internazionale d’Arte e Comédie de l’Est-Centre dramatique National d’Alsace, in collaborazione con Fondation Catherine Gide e Kords. Al Teatro Poliziano si è svolta questa prima multimediale con il quartetto d’archi Kords, pianoforte, elettronica, i 7 personaggi sulla scena, con la direzione musicale di Vincent Monteil e la regia di Guy-Pierre Couleau. Il libretto è stato adattato del dal drammaturgo francese Prévost, mentre le luci sono firmate da Pietro Sperduti.
Una strana atmosfera quella che deriva da un'opera che è stata costruita considerando la strutturazione formale dell'Arte della Fuga di Bach e le teorie riguardanti i frattali: un'opera alchemica, potremmo chiamarla, ma che ha a che fare soprattutto con l'alchimia delle relazioni, e di come si costruisce un romanzo. Henry James ha scritto un racconto che riassume molto preziosamente, appunto come nella trama del tappeto del titolo, The figure in the carpet. Il falso qui è in realtà un non-falso, una trama intricata che si può rinvenire nei fili che intessono una figura, quella che sembrava un po' mancare alla rappresentazione, sebbene con proiezioni multimediali – ma molto astratte – e che invece si rinveniva acutamente nella musica di Thilloy.
Scegliere un romanzo come Les faux-monnayeurs è quasi un atto di fede, nella creazione prima di tutto: il farsi di un romanzo, come di un'opera è quanto di più impervio da descrivere, ed inoltre l'intreccio dei – ben sette! - personaggi, non fa che aumentare le difficoltà. Lo scontro fra la realtà e il sogno, e la sua progettualità, è un gioco di specchi che possono diventare talmente astratti da non comprendersi più: come quando cerchiamo di definire quelle linee sottilissime e quei colori che sulle banconote ne rivelano la falsità o la purezza.
I personaggi sono costruiti su quelle linee fini, componendo un disegno che non si afferra completamente, mentre la musica di Thilloy è ben esatta e feroce nella sua dimensione esplicativa: i musicisti ben si sincronizzano con gli inserti elettronici, diretti egregiamente da Vincent Moteil, direttore del Festival; mentre pare invece “uno specchio scuro” il contraltare delle voci, di cui abbiamo ammirato in particolare il basso Fernand Bernadi nella parte di Edouard.
Nello stesso giorno abbiamo ascoltato un piacevolissimo concerto da camera del Kronos Harp Ensemble al Museo Civico di Montepulciano, nella sala dell’esposizione permanente della Pinacoteca Crociani. Il trio è composto da Fabrizio Aiello, Gabriella Russo e Antonella De Filippis, che hanno suonato ben tre prime assolute, di Andreoni, Lomartire e Liuzzi. Insieme a questi brani, scritti appositamente per il trio d'arpisti, allievi di Lucia Bova al Conservatorio di Bari, si è dato rilievo a composizioni come la Suite per tre arpe dell'americano Mark Elliott, molto trascinante ed arrangiata da Ken Gist; la tradizionale Greensleeves; un'Habanera di Ortiz, insieme alla Danza de Luzma, scritta per la figlia. Ancora da ricordare, per l'ottima performance, i Paysages messicani di Galais, che hanno arricchito con un secondo bis; l'Habanera dalla Carmen di Bizet; la Fantasy on a double Quodlibet di Tibor Serly, una rivisitazione per arpa di canzoni tipiche americane, come l'applauditissimo bis da The Entertainer di Scott Joplin.