Bayreuther Festspiele 2019. Parsifal, la rinascita dell'Umano

Articolo di: 
Livia Bidoli
Parsifal

L'ultima opera di Wagner, Parsifal, la piu' definitiva di tutte, quella che lui stesso affermò “la piu' sacrosanta” delle opere, scrivendo a Ludwig di Baviera, l'abbiamo seguita il giorno dell'Assunzione, il 15 agosto, nel Festspielhaus di Bayreuth, il teatro concepito da lui appositamente per i suoi Musikdramen. Proprio qui ne diresse il terzo atto nella prima assoluta del 26 luglio 1882 al Bayreuther Festspiele. Diretta dal Maestro russo Semyon Bychkov, con la regia di Uwe Eric Laufenberg, in quest'edizione ha un cast stellare con Andreas Schager nel ruolo del titolo; Ryan McKinny come Amfortas; Günther Groissböck interpreta Gurnemanz;  Klingsor è Derek Welton mentre Kundry è la russa Elena Pankratova.

La versione di Wolfram von Eschenbach del 1210 del Parzival dal quale Wagner ha tratto la materia per il suo libretto, gli permette di rileggere la leggenda medievale profondamente cristiana, non solo in senso religioso, riferendosi all'umanità in senso universale, come rileva Semyon Bychkov: “L'esistenza umana in senso completo. (:::) La continua intensità della musica, subisce una trasformazione costante la melodia infinita costruita dai Leitmotive, N.d.C. - in connessione col principio buddista della rinascita che in Kundry ha un ruolo primario.”

Il sottotitolo quindi di Bühnenweihfestspiel, la rappresentazione scenica sacrale, acquista un nuovo senso e le parole del Dalai Lama all'inizio del programma: “In certi giorni penso che sarebbe preferibile che non ci sia nessuna religione”, si connettono alla rilettura molto intelligente nonché ardita del regista Uwe Eric Laufenberg e dello scenografo Gisbert Jäkel, coadiuvati dal drammaturgo Richard Lorber, perfettamente coerente con la visione wagneriana di fondo e quella espressa da Bychkov.

La scena che ci si presenta è quella di un ospedale che presenta una gigantesca acquasantiera sullo sfondo prima dei bagni: siamo in un paese arabo in conflitto con i terroristi islamici e Kundry indossa un niqab ed è piena di bombe. Ebrei decidi (secondo i cristiani hanno ucciso Cristo, negandolo, così almeno il dogma cattolico fino alla sua revisione pacificatrice) tolgono il corpo di Cristo da un enorme croce di legno: l'irruzione del sacro è quindi anche la sua sofferenza e assenza. Lo stesso campo di battaglia muta in un tempio dove si celebrerà una messa in cui viene letteralmente trasformato il sangue di Amfortas, dolente nella piaga inferta da Klingsor con la lancia sacra, in vino. I cavalieri del Graal non sottostanno ad un rituale effimero e simbolico, ne richiedono uno, con Titurel – potente e gravissima voce del basso bavarese Wilhelm Schwinghammer, gravida di angoscia per il figlio Amfortas perdutosi, quanto recriminatoria del suo lascito immorale al Montsalvat – presente che officia e Amfortas che offre la sua piaga, immolato – scena molto granguignolesca – dai cavalieri sulla Croce come Gesu' con una corona di spine.

Prima di Parsifal entra un bambino, salvato da Gurnemanz che indossa un copricapo ebraico: la voce di Günther Groissböck – che abbiamo ascoltato deliziati anche nel bis della Wotan's Abschied nello splendido teatro rococò dell'Opera del Margravio il 12 agosto sera – si eleva su tutte: ha una voce solida, scura, grave ed autorevole, dall'inizio alla fine. L'Amfortas di Ryan McKinny è piagata dal dolore anche nei toni, cedevole e tormentato ogni tanto sembra un po' debole. Elena Pankratova, che abbiamo visto il giorno prima nella parte di Ortrud in Lohengrin, canta e recita con fulgore: riesce a passare dalla voce quasi gridata e angosciata della terrorista alla seducente Kundry con molto colore del secondo atto con le Fanciulle in Fiore che, insieme a lei, seducono Parsifal; fino al terzo atto con il battesimo dei piedi di Parsifal, fatto con i suoi capelli, come nell'originale. Il Parsifal di Andreas Schager è credibile fin dall'inizio, ma non nel pieno del suo fulgore: annunciato come dicevamo da un bambino, a testimoniare l'innocenza e l'inconsapevolezza, ma anche la violenza e l'aggressività avendo ucciso un cigno – simbolo di Lohengrin (figlio di Parsifal) nell'opera medesima, tratta anch'essa da Eschenbach e incatenata al ciclo medievale -, Schager riesce a fletterla ed a recitare la parte piu' tenera, quasi in un rapporto incestuoso, con Kundry, dal quale si ritrae solo all'ultimo.
La coreografia del balletto delle Fanciulle in Fiore è molto allettante – ricordiamo le splendide scenografie ed abiti conservati al Museo di Mariano Fortuny a Venezia – e le Fanciulle sono vestite come arabe mentre praticano la danza del ventre in un hamman: riescono a denudare Parsifal dai suoi abiti da salvatore americano e lo immergono nell'acqua prima che Kundry gli dia il “bacio del riconoscimento” della Mitleid

Klingsor è dipinto giustamente come flagellatore di sé stesso, ci ricorda il “punitore di sé stesso” di Baudelaire, l'Heautontimorumenos, con una vetrina di croci alle sue spalle, sarà fermato dalla lancia spezzata a forma di croce di Parsifal. Derek Walton ha una bella voce però non ci è sembrata abbastanza grave e diabolica come altri Klingsor.

Il senso omincomprensivo della costruzione ci viene mostrato nel terzo atto quando Parsifal torna vestito da terrorista – una specie di Siddharta che ha dovuto fare tutte le esperienze possibili per arrivare alla “luce” durante la sua peregrinazione – in un tempio diroccato ed invaso dalla natura: bisogna trovare una “religione” che comprenda tutta l'umanità, che sappia “mutare”, come Kundry attraverso le sue reincarnazioni, fino all'ultima di Maddalena penitente, abbandonando i simboli di ogni religione. L'unica religione che deve esiste è quella dell'Uomo, come diceva Wagner, e questa rappresentazione va proprio in questa direzione, ed è molto attuale. 

Lo spazio che vediamo muta come la musica, ritornando su sé stessa nel percorso dei leitmotive intrecciati: la direzione di Semyon Bychkov, fa risaltare l'unione del motivo di Parsifal con quello della piaga di Amfortas insieme a quello sacrop del Venerdì Santo – tutti presentati nel Vorspiel con estrema chiarezza - preannuncia la salvezza consegnata attraverso il Graal, la coppa santa dove viene conservato il sangue di Cristo. I Cori, guidati saldamente dal Maestro Eberhard Friedrich, si uniscono all'eccellente Orchestra del Bayreuther Festspiele, quasi a “consacrare” questa nuova ostia, simbolo invisibile di benedizione per tutti, la Mitleid, la “cumpassio” autentica che permette la rigenerazione luminosa della sacralità.

Ovazioni per Bychkov e applausi scroscianti per tutti per almeno dieci minuti pieni, con richiami sul palco in particolare per Groissböck e grande apprezzamento per la regia di Laufenberg e tutto il setting.

Pubblicato in: 
GN34 Anno XI Numero Speciale 21 agosto 2019
Scheda
Titolo completo: 

Bayreuther Festspiele 2019
Bayreuth - Germania
Dal 30 luglio al 26 agosto
Premiere 30 luglio 2019
Repliche: 2, 5,19, 22, 26 agosto

Performance del 15 agosto

Parsifal
Rappresentazione scenica sacrale in tre atti

Direttore Semyon Bychkov
Regia Uwe Eric Laufenberg
Scene Gisbert Jäkel
Costumi Jessica Karge
Luci Reinhard Traub
Video Gérard Naziri
Drammaturgia Richard Lorber
Maestro del Coro Eberhard Friedrich

Amfortas Ryan McKinny
Titurel Wilhelm Schwinghammer
Gurnemanz Günther Groissböck
Parsifal Andreas Schager
Klingsor Derek Welton
Kundry Elena Pankratova
1. Primo cavaliere  Martin Homrich
2. Secondo cavaliere Timo Riihonen
1. Scudiero Alexandra Steiner
2. Scudiero Mareike Morr
3. Scudiero Paul Kaufmann
4. Scudiero Stefan Heibach
Fanciulle in fiore di Klingsor
Katharina Konradi, Ji Yoon, Mareike Morr, Alexandra Steiner, Bele Kumberger, Marie Henriette Reinhold
Voce dall'alto contralto Simone Schröder