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I Concerti grossi di Händel diretti da Mallon. Il tripudio del barocco
Quando capita l'occasione di consigliare l'ascolto di composizioni significative, sia ad addetti ai lavori, sia ad ascoltatori esperti o profani desiderosi di conoscere, si prendono in considerazione autori cosiddetti “imprescindibili”, la conoscenza dei quali è fondamentale per comprendere in pieno lo spirito di un periodo musicale o la bellezza ed importanza di forme specifiche e stili compositivi.
Georg Friedrich Händel (1685/1759) appartiene senza dubbio a questa categoria, rappresentando, in ottima compagnia (Bach, Telemann, Vivaldi...), quanto di meglio il barocco musicale abbia prodotto in Europa. L'occasione è data dall'ascolto di un bel cofanetto Naxos, distribuito da Ducale, di tre CD con gli affascinanti 12 Concerti Grossi op. 6, in questo caso eseguiti dall'Aradia Ensemble diretto da Kevin Mallon.
Per quanto ci riguarda su queste pagine sino ad ora quest'autore è stato considerato per alcune interessanti registrazioni di musica vocale. Imperdonabile lacuna, che cerchiamo con questa recensione in qualche modo di evitare, non aver ancora preso in considerazione la sua musica strumentale.
Ricordiamo per i lettori meno esperti che il “Concerto Grosso” è probabilmente la più interessante forma strumentale barocca, nella quale l'ensemble, che può essere formato da soli archi ma anche prevedere la presenza di fiati, oltre ovviamente all'immancabile clavicembalo per la realizzazione del “basso continuo”, trova nell'alternanza e nel dialogo di sezioni formate da tutti gli strumenti ( il “tutti”) e da sezioni ridotte (il “concertino”) un'infinità di spunti per costruire affascinanti edifici sonori, in un'alternanza di tempi ora lenti, ora veloci, ma anche forme di danza e fughe. Caposcuola per la diffusione di questa forma fu il nostro Arcangelo Corelli, che fu seguito come detto da tutti i più importanti compositori del periodo.
Händel scrisse due serie di concerti grossi, sei dell'op. 3 e dodici dell'op. 6. Kevin Mallon propone una bella lettura di questa serie di concerti, nella quale è in pratica riassunta l'abilità dell'autore di rappresentare le più diverse sfumature espressive (gli “affetti”) che ritroviamo poi anche nei melodrammi, nelle sonate e nei concerti per solista. Secondo le indicazioni dell'autore la scrittura è per soli archi e cembalo, non escludendo però anche la presenza di fiati. Coerentemente a questo criterio, l'Aradia Ensemble è integrato anche con l'efficace presenza, nei concerti 8, 9, 11 e 12, degli oboi e dei flauti dritti, ma non manca anche un traversiere ed un liuto.
Con questa tavolozza di colori a disposizione Mallon può dipingere la grande varietà formale ed emozionale alla quale prima si accennava. Ecco quindi la polifonia un poco altezzosa dell'Allegro ma non troppo (questa la denominazione in partitura, nella registrazione citato come A tempo giusto) del n. 6, o la fuga quasi ironica dell'Allegro del n. 7. Solennità quasi religiosa, con il bellissimo intervento dell'oboe come protagonista, nel Larghetto e piano del n. 12 e nella Musetta ancora del n. 6. Non mancano i riferimenti alle forme di danza ed agli effetti d'eco, come nella leggiadra Hornpipe del n. 7. Intimo e raccolto l'intervento, all'inizio del Largo e piano del n. 4, del liuto, il quale, riprendendo lentamente un tema fugato proposto nel movimento precedente, introduce l'ingresso del tutti integrandosi poi con il timbro degli archi in un dialogo rarefatto e suggestivo. L'Air-Lento del n.10 riporta alla mente analoghi movimenti per voce dei melodrammi händeliani, così come la nervosa Ouverture, sempre nel 10, seguita da un austero fugato, è il trionfo del barocco strumentale più nobile.
Solo pochi i riferimenti ad alcuni movimenti dei vari Concerti (sono in tutto una sessantina), che dovrebbero però incuriosire e spingere al desiderio di conoscere ed ascoltare queste fondamentali composizioni, a maggior ragione se ottimamente eseguite come in questo caso.