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Lo Hobbit 3D. Termina l'avventura di Bilbo
E con il terzo film si è giunti alla fine de Lo Hobbit, nuova trilogia fantasy di ispirazione tolkeniana con al timone Peter Jackson, già autore oltre una decina d’anni fa della saga de Il signore degli anelli. C’è già chi scommette su un possibile adattamento de Il Silmarillion, l’ultimo tassello sulla Terra di mezzo di J. R. Tolkien, anche se la canzone dei titoli di coda de Lo Hobbit. La battaglia delle cinque armate, "The last goodbye", cantata da Billy Boyd, già Pipino nel Signore degli anelli, sa tanto di addio definitivo.
Con questa conclusione, è tempo quindi di bilanci su Peter Jackson e le sue incursioni nel mondo di Tolkien: con Il signore degli anelli, romanzo epico e di grandi dimensioni, era stato a suo agio a creare tre film epici, senza tempi morti, con personaggi entrati nel cuore degli spettatori (tranne qualche fan particolarmente esigente, ma quelli ci sono sempre), e a riflettere un mondo e un universo che avvinceva ed avvolgeva. Con Lo Hobbit questa operazione gli è riuscita molto meno, ma per una semplice constatazione tecnica e di buon senso.
Il signore degli anelli è un romanzo di ampio respiro, mentre Lo Hobbit, scritto da Tolkien una ventina d’anni prima, è una deliziosa avventura per un pubblico di ragazzi, autoconclusiva e di trecento pagine. Tre film di quasi tre ore l’uno hanno stravolto il senso del libro originale, allungando il brodo con personaggi fittizi, situazioni non sempre all’altezza, uno sfruttamento di scene e caratteri presi dall’universo de Il signore degli anelli e aggiunti in più: sono elementi che hanno appesantito il tutto, tempi lunghi a tratti poco adatti al genere e al contesto.
Non si tratta tanto di singole cose, come la presenza totalmente fuori posto di Legolas per far contente le fan di Orlando Bloom o la storia d’amore da soap opera e inventata tra la peraltro carina elfa Tauriel e il nano Kili, ma di un insieme poco coinvolgente, in cui chi ci rimette sono i due grossi personaggi, lo hobbit Bilbo, interpretato dal bravo Martin Freeman, e il mago Gandalf, il sommo come sempre Ian Mc Kellen, ben doppiato tra l’altro da Gigi Proietti, che rimangono a tratti troppo sullo sfondo, dove non dovrebbero proprio stare.
Il terzo capitolo, in fondo, scorre comunque meglio dei primi due, con l'aspetto interessante del potere che corrompe i re, e la conclusione: ma sembra a tratti, come i film precedenti, un pretesto per mostrare battaglie e creature fantastiche, con una sovrabbondanza della computer graphic che non era presente nel Signore degli anelli, dove grandi protagonisti erano i paesaggi da sogno della Nuova Zelanda, qui assenti o troppo manipolati per rimanere impressi.
Peter Jackson aveva dimostrato grande passione nel portare sullo schermo la Terra di Mezzo nel Signore degli anelli, e quel mondo resterà nel cuore degli appassionati. Questa nuova incursione può essere a tratti divertente, ma è troppo lontana da Tolkien e troppo poco incisiva e coinvolgente: de Il signore degli anelli si ricordano frasi, scene madri, momenti, della trilogia de Lo Hobbit non resta lo stesso. Ed è un peccato, due film, ad essere larghi, bastavano ed avanzavano.