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Innsbrucker Festwochen 2019. La Dori, un gioco di ruoli en travesti
Dopo 362 anni torna l'opera di Antonio Cesti, La Dori, al Tiroler Landestheater per le Innsbrucker Festwochen che quest'anno hanno presentato anche La Merope di Riccardo Broschi. La Dori è stata presentata alle settimane della Musica Antica di Innsbruck in due giornate, il 24 ed il 26 agosto ed è importante anche il luogo perché il Landestheater proprio di fronte all'Hoftheater, teatro di corte familiare a Cesti che visse alla corte di Innsbruck per piu' di un decennio. Inoltre questa messinscena vede Ottavio Dantone e l'Accademia Bizantina, degli specialisti della musica barocca e classicista e due delle parti princiapli sono cantate da due vincitori del Premio Cesti, il soprano Emőke Baráth nella parete di Tolomeo ed il tenore Bradley Smith in quella di Arsete.
Il titolo completo dell'opera è La Dori, overo Lo schiavo reggio e fu scritta in onore dell'Arciduca Ferdinando d'Austria e fu presentata all'Hoftheater di Innsbruck per la prima volta – come molte altre opere di Cesti, ecco il motivo del Premio alle voci – nel 1657 con il libretto affidato all'italiano Giovanni Filippo Apolloni, riscuotendo ampio successo come altre sue opere, Orontea per esempio. La traduzione filologica di scene e costumi è pedissequa e utile all'operatività registica: l'evolversi infatti, piu' che altro riflette gli stati emozionali con fondi di tempesta oppure vivaci scene pastorali quando la natura dei personaggi è felice, di questo si è occupato Emanuele Sinsi mentre degli sgargianti costumi d'epoca Anna Maria Heinreich; molto divertenti le coreografie di Pierluigi Vanelli, soprattutto per le scenette tra il servo Golo e Dirce, la vecchia tata di Oronte, che cerca incessantemente di sedurlo. Nelle due parti vi sono il basso Rocco Cavalluzzi come Golo e il tenore Alberto Allegrezza en travesti come tata.
Le parti sono tutte rivoltate e molte sono doppiamente en travesti, ovvero quella di Tolomeo (che dovrebbe essere un uomo anche in scena) che è recitata da Emőke Baráth travestita da Celinda, innamorata di Arsinoe, il che confonde un po' ma che alla voce dona delle incredibili colorature ed è anche una brava attrice. Come è chiaro è un gioco di scambi di ruoli con due Dori, una sopravvissuta, quella greca, travestita da Ali, che viene creduta quella egizia – che in realtà è veramente morta – e su questo si innescano una serie di fraintendimenti che, naturalmente saranno risolti tutti al termine della storia. Quindi Oronte riuscirà a sposare la Dori che ama, greca, e a non far slittare i piani del padre per un matrimonio politico; ed Arsinoe, ben giocata la parte, sia vocalmente sia attorialmente da Francesca Lombardi Mazzulli, il suo Tolomeo. La Dori, perlopiu' en travesti Ali, interpretata da Francesca Ascioti, è convincente, coerente con le due parti che interpreta, e ben si adatta alle variazioni nelle arie, facendo anche commuovere nei duetti. Oronte, molto meno convincente, è interpretato da un controtenore piuttosto monocolore, Rupert Enticknap, al contrario dei due ruoli di basso, molto efficaci, uno di cui abbiamo già parlato poc'anzi e l'altro di Pietro di Bianco nella parte del macho Erasto, che cerca di sedurre Celinda. Agile per la voce e il movimento scenico l'Arsete del tenore Bradley Smith. Nel ruolo dell'eunuco Bagoa era il controtenore Konstantin Derri che appariva sulla scena inaspettato e buffonesco. Pure l'Artaserse di Federico Sacchi è parso piuttosto parodico e non particolarmente notabile per la voce. Buona la regia di Stefano Vizioli, che si destreggia anche in una citazione dal famoso quadro di Caravaggio dedicato a San Girolamo (1605-1606), senza teschio però.
L'Accademia Bizantina guidata da Ottavio Dantone, specialista per queste opere come annotato all'inizio, ha eseguito una lunga e complessa partitura, anche per voci, senza sbavature, e piena di vivacità, riscuotendo l'ennesimo successo di pubblico per un'opera con plurime variazioni e difficoltà per gli esecutori.