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Verona. Il Don Pasquale ovvero l'umiliazione per amore
La Fondazione Arena di Verona il 13 dicembre 2013 ha inaugurato la sua nuova stagione Lirica e di Balletto con l’opera buffa Don Pasquale di Gaetano Donizetti. L’opera del compositore bergamasco venne rappresentata per la prima volta il 2 gennaio 1843 al Théâtre Italien di Parigi.
In realtà il buffo è solo apparente, giacché da quello che s’è visto, si è trattato di un dramma silenzioso e impotente, dove un uomo anziano viene messo alla gogna perché ha ardito di posare gli occhi su una giovane e, apparentemente, innocente fanciulla.
Da un’opera con una trama molto semplice, ne è scaturito un dramma attualissimo che coinvolge molti dei nostri anziani signori, attratti troppo spesso dalle lusinghe di una giovane ed interessata badante.
L’apertura del sipario mostra una scena inquietante, con un’enorme parete ricoperta di bottiglie vuote, opera della scenografa Leila Fteita, su cui si staglia la figura goffa e ingombrate del protagonista, interpretata da Simone Alaimo, calato perfettamente nella parte, sia fisica sia canora. Un uomo che potrebbe essere un pensionato qualunque, con il suo gruzzolo messo da parte.
Egli ha l’unica colpa di avere un nipote, Ernesto (Francesco Demuro) nullafacente e innamorato della giovane Norina (Barbara Bargnesi che ha sostituito Irina Longu, indisposta) e soprattutto quella di avere di un falso amico, il dottor Malatesta (Mario Cassi).
Dante mette i traditori di chi si fida tra le colpe peggiori…E la colpa peggiore di questo Malatesta è quella d’indurre quel pover’uomo di Don Pasquale a credere di essere ancora piacente e di poter aspirare alla mano di una giovane donna.
La giovane donna è proprio Norina, l’innamorata di Ernesto, la quale si rende subito disponibile a farsi chiedere in sposa da quell'anziano ringalluzzito. In fondo ci vuol così poco a far perdere la testa ad un signore non più giovane, tanto che questi le cede metà del suo patrimonio.
Ma una volta firmato il contratto dinanzi ad un falso notaio, le moine della giovane si trasformano in sassate contro il povero ed ignaro don Pasquale. Il finale lo vede ridotto ad uno straccio, felicissimo di liberarsi di Norina che andrà di filato tra le braccia di Ernesto.
Antonio Albanese, noto attore di cinema a volte grottesco, ha ricavato da quest’opera un quadretto molto attuale, rinunciando ai costumi e alla scenografia d’epoca che, probabilmente, avrebbero raccontato un’altra storia.
Efficace l’idea di far muovere i servitori di Don Pasquale come tanti mimi semoventi; e quella di abbinare il lavoro nelle vigne con le bottiglie sulla parete. Non per nulla la scena è stata ambientata a Verona (anziché a Roma, all’inizio dell’Ottocento, come voleva il testo) e Verona, si sa, per certi versi è anche una città di vini.
Albanese, come molti registi attuali, ha voluto riportare ai giorni nostri una vicenda che, come già ho detto, ha dell’attuale e dell’inquietante. Ha insistito sul dolore e sull’umiliazione di un Don Pasquale che, da solo, non si sarebbe mai messo in un simile impiccio, impiccio che diventerà sempre di più un incubo.
Buone le voci, a cominciare da quella di Simone Alaimo, essenziale per la sua presenza scenica. Buona anche la prova del tenore Francesco Demuro e del soprano Barbara Bargnesi, anche lei attorialmente molto coinvolgente.
Un po’ in ombra e poco suadente l’interpretazione di Mario Cassi nel ruolo del tentatore dottor Malatesta. Forse ci voleva un interprete di maggior spessore attoriale
Mi è piaciuta molto la figura mimica dell’anziana governante di Don Pasquale, con movimenti molto azzeccati…una bella figurina. Buona la prova dell’orchestra diretta, con molta disinvoltura, da Omer Meir Welber. L’esecuzione ha subito il ritardo di un’ora per ogni rappresentazione a causa di una protesta sindacale da parte delle maestranze della Fondazione.