39° Cantiere di Montepulciano. Il Soldato e il Diavolo in Europa

Articolo di: 
Livia Bidoli
Histoire du Soldat Montepulciano

Il 39° Cantiere Internazionale d'Arte di Montepulciano ricorda i 100 anni dall'inizio della Prima Guerra Mondiale il 25 luglio con la prima di un nuovo allestimento di l'Histoire du Soldat di Igor Strawinskij, con un Ensemble intitolato al compositore e musicisti provenienti da Bordeaux, dalla Germania, dall’Italia e dei giovani talenti toscani, tutti diretti da Fabio Maestri. Gli attori sono tre: il professionista proveniente da Montepulciano che recita nella parte del Diavolo è Gianni Poliziani; Tommaso Ghezzi è il Soldato, mentre la fidanzata-principessa del Soldato è la danzatrice francese Blanche Konrad.

La versione che abbiamo visto in Piazza Grande a Montepulciano de la Storia del Soldato che Stravinskij scrisse con Charles Ramuz per il libretto, a Losanna nel settembre del 1918, è un allestimento semi-circense – con tante lucine appese sul palco a formare il quadrato di una scena – è della Compagnia Clarac-Deloeuil > le lab, ed è sostenuto dall’Ambasciata francese, dalla Fondazione Stravinskij e dalla città di Bordeaux, dove lo spettacolo sarà ripreso in settembre. Il lavoro dei registi francesi  Jean-Philippe Clarac e Olivier Deloeuil è leggero e vivace nei suoi movimenti scenici, quasi a nascondere la tragicità dell'evento. Il Soldato venderà la sua anima, il violino, al Diavolo, che lo alletta con l'esaudimento dei suoi desideri, conducendolo a disertare e a perdere tutto, come leggiamo sotto nell'approfondimento dell'opera.

L’opera da camera in un atto di Stravinskij (durata, circa 50 minuti, in questa versione risulta più lunga ed in due atti per la parte scenica), una "Storia da leggere, recitare e danzare in 2 parti" sul libretto in francese di Charles-Ferdinand Ramuz (1878-1947), si basa sull’intreccio di due fiabe popolari russe ("Il soldato disertore e il diavolo" e "Un soldato libera la principessa") tratte dalla raccolta di Aleksandr N. Afanas'ev (1826-1871), pubblicata fra il 1855 e il 1864. Le due fiabe raccontano sostanzialmente una diserzione, fanno riferimento al reclutamento forzato imposto dallo zar Nicola I (1825-1855) e forse non è un caso che fu scritta a due mesi dalla fine della Grande Guerra del 1915-18 (l’Histoire fu messa in scena per la prima volta nel settembre 1918, pochi giorni dopo che era terminata la sua composizione). Dall'opera il compositore russo trasse inoltre due suite composte nel 1919: una da concerto con lo stesso organico strumentale (ma senza le parti vocali) e un'altra per violino, clarinetto e pianoforte.

Plurime sono le versioni in Italia tra cui il progetto omonimo di un film di Pasolini del 1973, che avrebbe dovuto dirigere Giulio Paradisi, rimasto irrealizzato. La sceneggiatura è stata scritta a più mani (Pasolini, Sergio Citti e Giulio Paradisi), ed ha come tema la "mutazione antropologica" degli italiani ad opera della televisione: una previsione rivelatasi assolutamente esatta (sic!). Precedente è la versione di Strehler del 1957 e successiva quella di Dario Fo del 1978 con 32 attori-mimi.

D'ispirazione faustiana (il buon soldato Joseph baratta, anche se inconsapevolmente, la propria anima col diavolo in cambio di ricchezze, anche se poi cerca di fare marcia indietro, ma senza riuscirci), l'Histoire rappresenta una delle opere più geniali del '900 e segna un deciso cambio di passo rispetto alla precedente produzione per i Ballets Russes perché si apre alle più svariate esperienze musicali del secolo scorso, dal ragtime al tango, dal pasodoble al valzer viennese, dalle fanfare ai corali di Bach, dandoci così la cifra del successivo eclettismo stravinskijano.

L’Histoire preannuncia subito il suo sarcastico fondamento con la cadenzata “Marcia per l’eternità”, ripetuta in quattro riprese, che si configura come il tassello che guida il soldato verso la morte: l’ingenua marcetta, denominata appunto Marche du Soldat, che apre la prima parte, si mostrerà sempre più sferzante nella sua evoluzione, per trasformarsi nella finale Marche Triomphale du Diable, terminando con la battuta di grancassa finale, a decretare la vittoria del diavolo sul povero soldatino, secondo ovvia previsione.

La prima parte è introduttiva: il diavolo si presenta al soldatino (un Faust di ben poche speranze) - sotto mentite spoglie: gli ottoni vengono scanditi dal contrabbasso ritmando la marcetta, sbuffano giulivi e già obliquamente sinistri. Il motivo di cornetta e trombone viene ampliato a pieno organico. In riva al ruscello il soldatino accorda il suo violino mentre il contrabbasso accompagna: il motivo del soldato è formulato dal violino con incisi di clarinetto, cornetta e fagotto. In dialogo col violino, il clarinetto riprende un passo del fagotto.

Il soldatino di Ghezzi, ignorante ed ingenuo, risponde al diavolo colto, insinuante e seduttivo interpretato con convinzione da Gianni Poliziani, che lo incita a formulare desideri di lusso. Giuseppe il soldato (Joseph nell’originale) è evidentemente già nella rete: le lunghe parti per la voce di entrambi, cadenzano i tre anni trascorsi col diavolo come se fossero tre giorni: virate orientaleggianti sull’orma di Le Sacre du printemps (1913) e ricordano Rimski-Korsakov. Durante tutto questo tempo Giuseppe ha insegnato al diavolo a suonare il violino mentre il diavolo ha consegnato un libro magico al soldatino, che non si rende conto di cosa si tratti in realtà. Tornando a casa nel villaggio, la madre non lo riconosce (Pastorale) e la fidanzata ha sposato un altro. Il Soldato, languido, torna in riva al ruscello e rincontra il diavolo sotto un nuovo camouflage: il fagotto ed il clarinetto s’intrecciano.

L’equilibrio tra le parti recitate e musicali si rimodula ancora e la marcetta riprende nella seconda parte: il soldato, dopo esser diventato ricco, scopre di non poter più suonare il violino che ha appena recuperato dal diavolo (si scambiano il violino col libro: ognuno si riprende il suo) ed il soldato straccia il libro, gli strumenti sono sconsolati ed acuto il clarinetto. La marcia diventa “regale” e ritma con ironia grottesca gli slanci del soldato.

L’ambiente musicale è popolarescamente russo, con uno stile da paso-doble e motivo spagnoleggiante cui segue un altro ancora più vivace, della cornetta seguita dagli altri fiati. Il Petit Concert è un sorta di suite con tutti gli strumenti che contrappuntano: il soldato entra nel palazzo della Principessa dove suonerà per guarirla – lei sviene in continuazione con un vessillo dell'Europa in mano: anche quest'ultima è senza speranza come il soldatino -: tre danze, un tango (violino e percussioni); un valzer (violino e contrabbasso); un ragtime (violino, contrabbasso e percussioni). Tutto potrebbe andar bene per il soldato: guarisce e sposa la Principessa, senonché gli rivela da dove proviene facendo nascere in lei il desiderio di conoscere i suoi parenti ed il suo villaggio. Ed ecco rotto l’incantesimo del diavolo (il clarinetto marca il presagio): i due, uscendo dai confini del regno, hanno incautamente contravvenuto al divieto di allontanarsi.

I tre brani che lo separano dal finale sono La Petite Corale, breve, rotonda e dolce; le Couplets du Diable, quasi un avvertimento insieme alla maledizione; Le Grand Choral, dove il diavolo ricorda che ”non si può essere ciò che si è e ciò che si era: bisogna scegliere. Una sola felicità è tutta la felicità.” La tristezza è sconsolatamente veicolata dai fiati ed ecco la Marche Triomphale du Diable sottolineata dal trombone roboante. Il soldato è battuto col suo stesso strumento: le percussioni contrappuntano il violino del diavolo terminando con un’ultima strombazzata trionfale a sberleffo del soldato.

Molto bene per la voce più alta e loquace del Diavolo di Poliziani, ben intessuta con la lingua musicale dei concertisti di ottima finitura dell'Ensemble Strawinsky diretto dall'ottimo Fabio Maestri - Direttore artistico di OperaIncanto a Narni - di cui si stagliava l'ombra con la bacchetta sulla facciata del Duomo, quasi a rimproverare anche lui l'ingenuo soldatino del bravo Tommaso Ghezzi. La parte della ballerina è stata ben giocata sul palcoscenico circense e felliniano: Blanche Konrad col vestito blu dell'Europa e le stelline che cadevano come gli stati che, sebbene aumentino, trovano sempre più problematiche economiche da risolvere, ben rappresenta quell'Unione che non si è mai saldata, quella politica, e fors'anche spirituale. L’esecuzione è stata quindi calibrata e corretta, di una partitura che non lascia troppe aperture ad eventuali modifiche od interpretazioni. Un episodio ripetuto poi con successo anche a Sarteano, Cetona e San Casciano dei Bagni nei giorni successivi.

Pubblicato in: 
GN36 Anno VI Numero doppio 31 luglio - 7 agosto 2014
Scheda
Titolo completo: 

39° CANTIERE INTERNAZIONALE D’ARTE DI MONTEPULCIANO
18 luglio – 2 agosto 2014
Montepulciano (Siena)

25 LUGLIO 2014

22,30 | MONTEPULCIANO, Piazza Grande
STORIA DEL SOLDATO (Histoire du soldat)
Storia da leggere, cantare e danzare di Igor Stravinskij

Ensemble Stravinskij
Fabio Maestri, direttore
Jean-Philippe Clarac, Olivier Deloeuil, regia, scene, costumi
Gianni Poliziani, il diavolo
Tommaso Ghezzi, il soldato
Blanche Konrad, la ballerina

produzione Fondazione Cantiere Internazionale d'Arte, C&D > le lab
con il sostegno di Fondation Stravinsky, Institut Français + Città di Bordeaux