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Les Ballets Russes III. Seconda parte. L’Après-midi d’un Faune e Jeux
Il terzo ciclo dei Ballets Russes di Diaghilev al Teatro dell'Opera di Roma è giunto al suo ultimo capitolo con L’Après-midi d’un Faune (1912) e Jeux (1913), due delle quattro coreografie che Vaslav Nijinskij creò per Les Ballets Russes. Le altre due furono la Le Sacre du Printemps (1913) su musica di Igor Stravisnskij e Till Eulenspiegel (1916) dal poema sinfonico di Richard Strauss.
Vaslav Nijinskij fu uno straordinario artista che segnò una svolta, non solo come interprete, come già ampiamente profilato nella prima parte di questa recensione, a proposito di Shéhérazade e Petruška, ma anche come geniale innovatore della danza.
L’antica Grecia era, nella cultura tra fine '800 e inizio '900 un topos centrale, sia ascrivibile al gusto imperante per l’esotismo, venendo vissuta come mondo altro e lontano, sia incarnando il modello ideale di misura, di bellezza perfetta e apollinea come reazione al romanticismo. Questa concezione aveva ispirato numerosi artisti, soprattutto nelle arti figurative, ma anche in ambito letterario, come in Francia, i Parnassiani, il cui nome si ispira, non a caso, al monte Parnaso, sacro ad Apollo e mitica dimora delle Muse. Ricordiamo, inoltre, in questo contesto storico, le scoperte di Heinrich Schliemann che, tra il 1872 e il 1879, aveva scoperto le rovine di Troia e Micene. Sulla stessa scia si immette la rinascita delle Olimpiadi, su ispirazione di Pierre De Coubertin, nel 1896.
Diaghilev era rimasto affascinato dall'ascolto del Prélude à l'après-midi d'un faune di Claude Debussy e pensando che potesse essere un ottimo soggetto per un nuovo balletto, affidò l'incarico a Nijinskij che, per la prima volta, si cimentò nella creazione di una nuova coreografia.
Il Prélude à l'après-midi d'un faune, eseguito per la prima volta con grandissimo successo nel 1894, era una breve composizione orchestrale del giovane Claude Debussy, che si era ispirato ad una celebre egloga scritta nel 1876 dal poeta Stéphane Mallarmé. Debussy aveva interpretato perfettamente la poesia di Mallarmé, creando con la sua musica piena di suggestioni, un'atmosfera apollinea che non descrive, ma evoca un ambiente mitologico fin dall'inizio, con l'iridescente e onirico suono del flauto che introduce l'orchestra.
Il movimento coreografico è svincolato dal tempo della musica, conservando, però, tutto il suo potere evocativo che, anzi, viene esaltato proprio dall'elemento visivo. Nijinskij si ispirò ai bassorilievi della Grecia, ma non quella classica, bensì quella arcaica, mostrando figure solo con il busto frontale, ma per il resto di profilo, i cui movimenti sono ostentatamente angolosi e non fluidi. Il coreografo introduce poi efficacemente l'altra faccia dell'arte greca: il dionisiaco. Quando il Fauno, creatura mitica in parte ferina, in parte umana, dopo aver inseguito inutilmente le Ninfe, che si sono prese gioco di lui, si impossessa del velo caduto ad una di loro, preso dal desiderio erotico, vi si sdraia sopra mimando l'atto sessuale.
Questa scena che chiude il balletto provocò un grande scandalo, ma questo non impedì a Diaghilev di affidare a Nijinskij, l'anno successivo, la creazione di due nuove coreografie per Jeux e Le Sacre du Printemps. L’Après-midi d’un Faune andò in scena per la prima volta al Théâtre du Châtelet il 29 maggio del 1912 con le splendide scene e costumi di Léon Baskt, ricostruiti per l'allestimento del Teatro dell'Opera da Maria Filippi. La coreografia di Nijinskij è stata ricostruita da Ann Hutchinson Guest e Claudia Jeschke che hanno notato, durante la loro ricerca, come le sfumature della interpretazione delle Ninfe si siano perse, rendendo il loro movimento uniforme, per l'affievolirsi del ricordo concentrato soprattutto sul Fauno. Ricopriva il ruolo del Fauno, che fu di Nijinskij stesso, un efficace ed espressivo Gheorghe Iancu; la Ninfa, interpretata allora da Lydia Nelidova, era in questo caso Carla Fracci.
Jeux andò in scena il 15 maggio 1913 al Théâtre des Champs Elisées: i tre interpreti furono Tamara Karsavina, Ludmilla Schollar e Vaslav Nijinskij, autore anche della coreografia ricostruita da Millicent Hodson. La musica composta da Claude Debussy fu diretta da Pierre Monteaux, le scene e costumi di Léon Baskt sono stati ricostruiti da Kenneth Archer.
Il balletto si ispira, almeno all'apparenza, alle concezioni moderne, positiviste e salutiste che si affermarono alla fine del'800 portando ad una sempre più diffusa pratica sportiva, all'inizio solo nelle élites, poi successivamente in tutte le classi sociali, fin da bambini, prima con gli Scout creati da Baden Powell, poi con i regimi totalitari, che si affermarono in Europa, allo scopo di ottenere un addestramento psico-fisico propedeutico alla guerra.
I ballerini sono in abito da tennis dell'epoca, ma il legame con lo sport, allora emergente, non è solo apparenza. Nella coreografia creata da Nijinskij i piedi non sono nella posizione accademica, ma paralleli, e il corpo, con il suo movimento, evoca la ginnastica. Jeux, giochi, dunque, ma non sportivi, bensì, enigmaticamente erotici, che si intrecciano sulla scena fra due donne e un uomo. Una palla, lanciata dalla racchetta da tennis, dà il via, ma forse il gioco è già cominciato da tempo, non sappiamo come, ne vediamo solo una parentesi, ed il finale rimbalzare della palla sembra introdurre puntini di sospensione, che non sappiamo dove possano condurre i protagonisti.
La musica, sempre raffinata e sospesa, sottolinea, evidenzia e amplifica mirabilmente la tensione e l'ambiguità dei rapporti erotici, solo elegantemente allusi, tra l'uomo e ciascuna delle due donne. Donne che, tra loro, sembrano avere legami emotivi, che evocano, anche se non apertamente, un legame lesbico che si sviluppa parallelamente a quello, anche in competizione, tra loro e l'uomo. Il ruolo di Nijinskij è stato sostenuto nella recita del 30 aprile da Alessandro Molin, quello di Karsavina e Schollar rispettivamente da Carla Fracci e Alessia Barberini.
Alla conclusione di questa ampia rassegna di coreografie create per i Ballets Russes, non si può che sottolineare che, lo sforzo e l'impegno profuso dagli artisti e dalle maestranze del Teatro dell'Opera è stato ripagato dall'alto livello artistico raggiunto, decretato, anche, dal successo che il pubblico, numeroso, gli ha tributato nelle varie serate tutte fuori abbonamento.
Questi risultati sono ascrivibili anche all'impegno di anni di lavoro di Carla Fracci, che è riuscita a portare il corpo di ballo ad un ottimo livello e a creare un repertorio degno di una grande compagnia, riuscendo là dove illustri colleghi avevano, precedentemente, fallito. Per questo riteniamo la sua opera preziosa e importante e pensiamo che, proprio nell'attività di direzione e di trasmissione della sua eccezionale esperienza artistica, debba concentrarsi ogni suo sforzo.
Vogliamo anche ricordare il grande impegno dell'Orchestra che, sotto l'ottima direzione di David Coleman, ha ben interpretato alcune tra le partiture più impegnative ed emblematiche del secolo scorso, e non ultime le maestranze tutte che hanno permesso la realizzazione di questo omaggio ai Ballets Russes.
Il bilancio positivo che abbiamo tracciato è quello di un teatro lasciato in ottima salute dall'ex Sovrintendente Francesco Ernani e dall'ex Direttore artistico Nicola Sani, che hanno sostenuto con entusiasmo questo progetto. Ad oggi, all'inaugurazione della stagione estiva alle Terme di Caracalla, nulla si sa delle intenzioni riguardo l'insediamento di un nuovo vertice al Teatro dell'Opera di Roma da parte del Sindaco di Roma Giovanni Alemanno, Commissario straordinario all'Opera, soltanto che ben sei opere dell'area contemporanea sono state rinviate a data da destinarsi (finiranno nel dimenticatoio?).
Riteniamo, insieme al pubblico, che il Teatro dell'Opera di Roma necessiti al più presto di un organico stabile e competente, dalla Sovrintendenza alla Direzione artistica, affinché tanto lavoro e tanta professionalità non vengano dispersi.