Supporta Gothic Network
La battaglia di Legnano. Un'anonima opera verdiana
Il patriottismo italiano sembra essere diventato una moda grazie al quale istituire spettacoli e manifestazioni. Al Teatro dell’Opera di Roma infatti, il 30 maggio 2011, dopo il Nabucco di Giuseppe Verdi è stata la volta de La battaglia di Legnano (stesso compositore) diretta da Pinchas Steinberg con la scenografia di Ruggero Cappuccio; un’opera mazziniana e devota al collettivismo italiano: uno dei tratti che oggi, con maggiore rammarico, manca al nostro popolo.
Le affermazioni precedenti vengono spiegate dal contesto dell’opera in questione: la prima rappresentazione, infatti, risale al 27 gennaio del 1849; qualche mese dopo si sarebbe costituita la prima Repubblica Romana (a causa della caduta del papato di Pio IX) gestita da un triumvirato di cui faceva parte anche Giuseppe Mazzini ovvero il fondatore de ‘La Giovine Italia’ (1831), un’associazione politica insurrezionale. La Repubblica non durò molto a causa di un ‘complotto politico’ ordito da Napoleone III, ma gli ideali del movimento mazziniano furono a fondamento del patriottismo italiano anche dopo i moti del '48.
Nella Giovine Italia si predicavano i principi di libertà, unità e indipendenza per la patria secondo un dovere comune tra gli individui: essere, per l’appunto, ‘la voce’ della nazione in favore della ‘cacciata dello straniero’ dall’Italia (gli austriaci) durante ciò che viene definito il periodo risorgimentale. In alcun modo era predicato un ideale, nella Giovine Italia, per scopi puramente individualistici. Giuseppe Verdi, che era molto vicino agli ideali mazziniani, per l’appunto compose un’opera (su libretto di Salvatore Cammarano) che altro non era che l’esaltazione di quanto spiegato prima.
La trama che fa da sfondo storico è la battaglia di Legnano (29 maggio 1176): la vittoria dei Comuni settentrionali, uniti nella Lega Lombarda, contro il tedesco Federico Barbarossa. Nel mezzo di tali avvenimenti vi viene inserito un triangolo amoroso tra Arrigo (Yonghoon Lee), la sua ex-amante Lidia (Tatiana Serjan) che credendolo defunto si è sposata con Rolando (Luca Salsi), un duce milanese.
Quest’ultimo ‘espediente’ teatrale non influisce molto sulla trama, se non per due fattori: il voler marcare maggiormente (dopo Odabella in Attila e Giovanna in Giovanna D’Arco) il ruolo della ‘donna verdiana’ come ‘maestra’, in questo caso, di ‘virtude’ e patriottismo ai figli; e la dimensione dell’infamia dello spergiuro, intesa come codardia, ovvero il peggiore ‘insulto’ per un soldato in difesa della patria (riferimento al giuramento mazziniano della Giovine Italia: “Così giuro, invocando sulla mia testa l’ira di Dio, l’abominio degli uomini e l’infamia dello spergiuro, s’io tradissi in tutto o in parte il mio giuramento”). Attraverso ciò, l’intera trama assume ‘movimento’ in quella che altrimenti è un’opera composta interamente da cori e giuramenti patriottici.
L’eccessiva staticità dell’opera, però, non è stata certo aiutata dalla scenografia di Ruggero Cappuccio: una messa in scena né innovativa, né sovversiva, ma, per l’appunto, in completa linea con un’opera ‘costruita appositamente per gli ideali del Risorgimento italiano’ (sia per quanto riguarda l'argomento, ma anche per la musica molto scontata e ripetitiva). Se la battaglia di Legnano è un parametro di confronto per il patriottismo italiano, ciò che ‘compendia’ quest’ultimo altro non è che un 'maxi' riferimento alla nostra ineguagliabile storia dell’arte: sul palco era sempre presente un’esposizione di dipinti e sculture, le quali confluiscono nel quadro massimo ovvero l’opera stessa. Alla fine dello spettacolo, infatti, cala un’enorme cornice con un pittore (sempre presente in scena) che ferma, come fosse una foto istantanea, la morte di Arrigo sulla bandiera italiana (in riferimento qui alla bandiera in rosso vista nel quadro 26 aprile 1859 di Odoardo Borrani che, nella messa in scena in questione, si è deciso di non farla figurare).
Un’ulteriore nota a sfavore dell’opera verdiana in questione va, come sempre, alla gestione del coro da parte di Roberto Gabbiani: nel primo atto i cantanti erano confusi e mal ‘armonizzati’ tra loro; anche le parole risultavano incomprensibili ad un orecchio medio. Già ne L’elisir d’amore di Donizetti, in cartellone lo scorso febbraio, la direzione di Gabbiani non sembrava delle migliori, ma, in questa messa in scena, se ne è avuta la conferma.
Purtroppo è stata sfavorita anche la scelta del soprano Tatiana Serjan, la quale, nel duetto del terzo atto (“Digli ch’è sangue italico”), non è riuscita a ‘seguire’ a livello il cantante Luca Salsi. La vera rivelazione nel cast, invece, è stato il tenore coreano Yonghoon Lee: una reale giovane promessa della lirica.
Giunto alla conclusione dell’articolo rimane una laconica domanda: c’era proprio bisogno di mettere in scena quest’opera di Verdi per commemorare il Risorgimento? La trama è ‘fiacca’, la musica un pò scontata e il tema lontano dal nostro tempo. E’ possibile considerare La battaglia di Legnano quasi come un’opera anonima nel repertorio verdiano, se non fosse per l’alto patrimonio storico che porta con sé.
A parer mio il Nabucco, come lezione di storia sul Risorgimento italiano al Teatro dell’opera di Roma, sarebbe stato più che sufficiente.