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Opera di Roma. Il dissoluto impunito
Graham Vick, il regista inglese che da molti anni è presenza fissa al Teatro dell'Opera di Roma, propone la sua conclusione alla trilogia Mozart-Da Ponte con il suo Don Giovanni, ossia il dissoluto punito, opera buffa in due atti del 1787 con la direzione d'Orchestra del giovane francese Jérémie Rhorer, fondatore de Le Cercle de l'Harmonie, orchestra specializzata in musica del XVIII secolo: è al suo debutto al Costanzi. Le rappresentazioni, partite il 27 settembre, si sono concluse lo scorso 6 ottobre.
Le critiche negative alla regia di Vick hanno riempito completamente il Teatro Costanzi di pubblico pagante, seguendo il motto wildiano “nel bene e nel male, purché se ne parli”, e molti naturalmente sono rimasti delusi in particolare per una scena, quella orgiastica alla fine del primo atto. Certamente eccessiva, non si può di certo ridurre una regia ad una scena e credo anche che chi porta adolescenti (o anche ragazzini piu' piccoli) a vedere Don Giovanni dovrebbe sapere da sé che la storia è incentrata su sesso e seduzione e che, per nostra fortuna, le regie non sono tutte filologiche, censurate e raffinate solo a fini didattici. Detto questo, nella storia di Vick ci sono sicuramente delle incongruenze ma molto su cui riflettere ed è sicuramente attuale, critica, e cinica quanto i tempi che viviamo.
Partiamo dal titolo che campeggia dall'inizio sul fondale del palcoscenico, simbolicamente lampante il senso: “Il dissoluto punito o sia il Don Giovanni”, il sottotitolo dell'opera, che tornerà alla fine “changé” per spiegare proprio la modifica al finale (lo diremo alla'ultimo). Dando per scontata la catarsi finale nel fuoco (o altra genere di morte), il pubblico solitamente segue il Don Giovanni come se fosse uan favoletta quale non è: certo, è opera buffa, divertente, sollazza lo spirito ed è riccamente vestita d'ironia ma in fondo è “sinistra” all'ennesima potenza. Quel che vi si racconta è esattamente ciò che ci narra Vick senza pretesti e con qualche volgarità ogni tanto, che ben riassume e traduce quel che succedeva realmente quando i ricchi signori si mettevano in testa (pensiamo a Rigoletto di Verdi; a Traviata in modo un po' diverso; Un ballo in maschera; etc.) di sedurre chicchessia, con o senza ius primae noctis, se lo potevano permettere. I due galantuomini vestiti allo stesso modo nelle parti di Don Giovanni e Leporello, sembrano due yuppies anni '80 traghettati oggi in ambienti ancor piu' cinici e falsamente libertari, che si divertono con qualsiasi essere di genere femminili (volendo anche maschile) gli capiti a tiro. Qui, infatti, anche Leporello approfitta piu' del suo solito delle conquiste di Don Giovanni (cfr. Donna Elvira).
Queste le premesse: ci troviamo in una società di oggi, con adolescenti che reclamano sesso a tutto spiano e “intercambiabile”, e Donna Anna ben la rappresenta questa tiplogia, perchè è chiaro che la prima uscita di lei con Don Giovanni sembra del tutto “consensuale”, e che solo dal momento drammatico in poi dell'uccisione del padre, cambia versione e si si riduce a barbona afflitta dalla mancata vendetta e da un amore asessuale – quello con Don Ottavio – che lei accetterà solo nel finale. Questa forse è la vera incongruenza di Vick: però è una lettura ed è questo che ci aspettiamo dai registi.
Alla fine del primo atto, alla scena “hard” ti tipo orgiastico alla festa di paese per lo sposalizio di Zerlina e Masetto dopo la seduzione di Don Giovanni, ci sono stati dei “boati di buuuh” da parte del pubblico perché effettivamente alcune scene erano particolarmente realistiche con violenze (leggi: stupri); aggressioni sessuali e non; sodomie; ed altro sul registro XXX che di certo non ci si aspettava. Io mi chiedo però, aldilà dell'eccesso – solitamente usato per sottolineare a teatro, e non è la prima volta per Vick, ricordo Mahagonny qualche anno fa -: non c'è un po' di ipocrisia a non ammettere che anche questo succedeva nelle feste di paese e che l'eccesso alcolico chiaramente conduceva a comportamenti oltremodo disinibiti di cui noi in Italia abbiamo un pessimo ricordo soprattutto per vicende attorno a politici tuttora indagati e sotto processo per reati legati alla sessualità promiscua e mercenaria? Io purtroppo ricordo che ai tempi di Berlusconi e delle escort a Palazzo Grazioli, c'erano molte delle stesse persone che magari hanno protestato di fronte ad uno spettacolo ben diretto e con una lettura sicuramente disinibita, ma che magari giustificavano condotte del tutto sanzionabili e vietate come quelle dell'istigazione alla prostituzione di minorenni e maggiorenni. Questo mi lascia molta amarezza. A parte la regia, sono senza infamia né lode le scene di Samal Blak, i costumi di Anna Bonomelli, e le luci di Giuseppe Di Iorio. In un parola: adeguati. I movimenti coreografici di Ron Howell, soprattutto quelli orgiastici aspramente criticati dal pubblico, erano licenziosi al punto da lasciar ben poco all'immaginazione...
Passiamo in rassegna le voci: il Don Giovanni di Alessio Arduini è stupefacente, riuscendo ad interpretare un personaggio realizzandolo sia con l'espressione della voce, carica, impetuosa qaundo risponde al Commendatore; leziosa quando seduce (Là ci darem la mano); cinicamente seduttiva ed anche sinistra come il suo ruolo sul palco, che non sgrana mai nell'attorialità del personaggio, credibilissima. Vito Priante è stato un Leporello eccellente: perfettamente calibrato con Roher, che allentava ogni tanto il ritmo (Madamina, il catalogo è questo), è riuscito ad essere anche lui completamente calato in un altro ruolo da seduttore che lo rendeva il sembiante di Don Giovanni, una sua replica semiperfetta. Brava la Donna Anna abbattuta della napoletana Maria Grazia Schiavo, che riusciva a commuovere (Or sai chi l'onore) in particolare col Don Ottavio di Juan Francisco Gatell, molto in sintonia. La Donna Elvira vestita da monaca per l'abbandono di Don Giovanni – che in realtà poteva essere l'unica a salvarlo, se lui si fosse pentito e messo i remi in barca della seduzione coattiva – un po' bassa nel primo atto, nel secondo si riprende, si scalda e la georgiana Salome Jicia fa la sua bella figura. La francesina Marianne Croux era corposa di voce e di fisico, Zerlina come anche Emanuele Cordaro per Masetto. Il Commendatore del basso Antonio di Matteo verso la fine si sentiva poco, superato spesso dall'orchestra.
Il Maestro Jérémie Rhorer si è evidenziato per la raffinatezza di lettura nell'Ouverture, allentando a volte i tempi con grande uso del “décor”, in grande sintonia con l'orchestra. Il M° Roberto Gabbiani ha diretto il suo Coro modulandolo anche con le quattro voci finali in platea e rimarcando la condanna di un Don Giovanni che però, in questa rappresentazione, rimarrà “impunito”, come detta il titolo, ora tagliato: “Punito o sia Don Giovanni”, un vocativo che deve addivenire assieme alla vendetta che cantano ma non avverrà sul palco.