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Il discorso del re. Una voce da e per il cuore
Il discorso del re (The King's Speech, 2010) è un film storico, diretto da Tom Hooper, con Colin Firth, Helena Bonham Carter e Geoffrey Rush, ambientato nell'Inghilterra degli anni Trenta del Novecento, alla vigilia della Seconda guerra mondiale; e ha ottenuto, con merito, ben 12 nomination agli Oscar 2011.
Il titolo si riferisce al discorso più bello di re Giorgio VI, tenuto all'entrata in guerra del Regno Unito contro la Germania nazista. È lui, il secondo in linea di discendenza, a subentrare al fratello Edoardo VIII (succeduto al padre Giorgio V), che abdica quasi subito per sposare la divorziata Wallis Simpson.
Ma il fratello minore, Duca di York, è balbuziente e la moglie Elizabeth lo incoraggia a curarsi. Fallito un primo discorso in pubblico, viene consultato un ennesimo logopedista, l'eccentrico australiano Lionel Logue, colui che dopo un inizio burrascoso (che sembrò pregiudicare l'intera terapia), alla fine lo aiutò a guarire, grazie non soltanto ai soliti esercizi vocali, ma infondendogli fiducia, quella che al Re era sempre mancata. Lionel accoglie Bertie (così l'hanno chiamato in famiglia fin da bambino), gli parla, lo ascolta, lo supporta fino al suo discorso più importante, il secondo e decisivo, trasmesso per l'eccezionalità dell'evento in diretta radiofonica fino ai confini dei domini coloniali dell'Impero britannico.
Da amico, ne promuove il cambiamento dal profondo, mai riuscito prima: il superamento della paura nei confronti del severo padre, che lo disistimava apertamente, e del rigido protocollo reale, comprensivo dei delicati rapporti istituzionali col premier Winston Churchill e con l'arcivescovo di Canterbury.
La storia vera ha un lieto fine da fiaba: come il Gatto con gli stivali aiuta il timoroso mugnaio a diventare il Marchese di Carabat e a sposare la figlia del Re, qui il terapista aiuta il timido Re, già sposato a una moglie che lo ama tanto (e lo aiuta non meno del logopedista), a parlare da sovrano, davanti ai sudditi e al mondo. A diventare, lui, il sovrano che sosterrà la nazione durante quell'infausta stagione di distruzione, e che perciò sarà ricordato, con al fianco la fedele consorte, la futura Regina Madre di Elisabetta II (loro primogenita).
Un discorso memorabile, sofferto e catartico, quello della scena finale del film, che ci ricorda un altro memorabile discorso finale di un film, Il grande dittatore (1940), quando Charlie Chaplin, nelle vesti del barbiere ebreo sosia di Adolf Hitler, sempre in diretta radio ma a seconda guerra mondiale iniziata dalla fantastica Tomania, incoraggia l'amata Hanna e ogni essere umano in ascolto alla speranza in un mondo migliore.
In ambedue i discorsi, le parole salgono pian piano dal cuore di chi parla e raggiungono il cuore di chi ascolta, perché la speranza è, lì come qui, di cambiare le cose che non vanno. E il cambiamento lo si può sempre fare, se si vuole: da soli, se si è forti; se non lo si è, insieme a chi ci vuol bene e lo vuole con noi.