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Harmonia Mundi. Tokyo String Quartet suona Dvořák e Smetana
Il quartetto d'archi non è semplicemente una delle tante formazioni cameristiche possibili ed esistenti. È uno strumento unico formato da quattro voci nelle quali il pensiero e l'idea del singolo si fonde e diventa un tutt'uno con il pensiero degli altri esecutori. Una pulsazione comune, una visione condivisa, la singolarità sacrificata, o sublimata, nell'idea di far musica.
La giusta combinazione di questi elementi, quando si verifica, consente di realizzare quello che i compositori pensavano dovesse essere il risultato del loro sforzo creativo nel momento in cui concepivano composizioni per quartetto d'archi. Queste considerazioni, solo in apparenza banali, non sono astratte né irrealizzabili. Sono spontaneamente scaturite all'ascolto del bellissimo CD Harmonia Mundi, distribuito da Ducale, nel quale il Tokyo String Quartet esegue due capisaldi della letteratura europea, anzi mitteleuropea, della seconda metà dell'ottocento: il Quartetto n.12 op. 96 “Americano” di Antonín Dvořák e il Quartetto n. 1 “La mia vita” di Bedřich Smetana.
L'accostamento dei due quartetti, frequente anche nei programmi da concerto, non è casuale. Non rappresentano solo significative opere di due importanti autori accomunati dalla medesima area geografica, ma sono stati scritti entrambi con una intenzione descrittiva e biografica.
L'op. 96 “Americano” di Dvořák, nato durante un soggiorno dell'autore nello Iowa, è una felice e riuscita commistione fra lo spirito boemo ed alcune “nuove” caratteristiche della musica americana scoperte dall'autore, come le scale pentatoniche o l'uso particolare dell'accordo di settima, ma anche l'utilizzo di alcune figurazioni puntate che in fondo non si discostavano molto da certi impulsi ritmici già presenti nella musica dell'Est europeo.
Il Quartetto di Tokyo, come dubitarne, concretizza splendidamente le intenzioni dell'autore. Nel secondo movimento, a nostro parere punta di diamante dal punto di vista esecutivo di tutto il CD, ma anche nel galoppante ultimo movimento, grazie all'esecuzione dei quattro artisti, o meglio “dell'unico strumento”, sono raggiunti livelli decisamente altissimi e di raro ascolto.
Analoga impressione di duttilità e compattezza è percepita con l'ascolto del quartetto di Smetana, nel quale l'autore ha senza dubbio un coinvolgimento emotivo diverso rispetto a Dvořák, desiderando rappresentare musicalmente la parabola, purtroppo discendente e culminata - quale dramma peggiore per un musicista - con la sordità.
Anche in questo caso il quartetto di Tokyo esalta la drammaticità di alcune sezioni con una cura del fraseggio ed una bellezza di suono commovente e coinvolgente. Un CD di altissimo livello ed un'ennesima straordinaria interpretazione di un Quartetto che è già leggenda.