Monaco. La Walküre postmoderna della Bayerische Staatsoper

Articolo di: 
Teo Orlando
Walküre

Il pomeriggio del 24 gennaio 2013 la Bayerische Staatsoper presso il Nationaltheater di Monaco di Baviera ha visto per l’ennesima volta la rappresentazione di una delle più celebri opere wagneriane, La Valchiria, che proprio qui ebbe la première il 26 luglio del 1870, sotto la direzione di Franz Wüllner, mentre le armate dell’imperatore Guglielmo I di Hohenzollern e del principe Otto von Bismarck-Schönhausen si apprestavano a scatenare la guerra franco-prussiana.

La Valchiria (Die Walküre), seconda parte della tetralogia dell’Anello del Nibelungo (Der Ring des Nibelungen), è stata rappresentata nell’allestimento di Andreas Kriegenburg, mentre la Bayerische Staatsorchester ha eseguito le musiche in modo assolutamente impeccabile, sotto l’attenta e vigile direzione di Kent Nagano. L'organizzazione generale è stata curata in modo estremamente rigoroso dalla Bayerische Staatsoper (l'Opera di Stato bavarese).

Le complesse vicende raccontate da Wagner nel Ring non devono essere interpretate soltanto come la rivisitazione della mitologia nordica, bensì anche come una rilettura della storia universale. Theodor W. Adorno ha infatti sostenuto che la forma dell'Anello del Nibelungo va intesa come metafora della totalità della storia del mondo: in essa l’autocoscienza, in senso hegeliano, si completa dispiegandosi pienamente in un elemento che racchiudeva da sempre in sé stessa.

È una lettura, questa, che cerca di andare ben al di là dei motivi classici individuati nel Ring dalla maggior parte dei critici: quello della redenzione (Erlösung), che si realizza grazie alla purezza dell'amore, e quello della corruzione del mondo, a causa dell’oro e delle ricchezze (e in generale dell’egoismo). L’amore, congiunto con la Natura nella sua espressione gioiosa e primordiale, è rappresentato da Siegfried. L’egoismo da Alberich il Nibelungo. A questi due personaggi fondamentali fanno corona innumerevoli altre figure, dagli dèi agli eroi, dai mostri ai nani, con il padre degli dèi, Wotan, a risaltare in modo particolare. Anche quando Siegfried morirà per mano di Hagen, le sue imprese verranno riprese da Brunilde che getterà l'oro nelle acque annunciando l'avvento di una nuova umanità segnata dalla redenzione. L’articolazione del ciclo si basa su “tre giornate precedute da un prologo”: il prologo (Vorabend) è costituito da Das Rheingold; mentre le tre giornate coincidono con Die Walküre, Siegfried e Die Götterdämmerung.

Nonostante l’apparente frammentarietà e la complessa articolazione delle vicende, Wagner pone come tema centrale il ritorno alla Natura, da cui poi si dipartono, nel loro svolgimento in musica, i temi fondamentali (i Grundthemen o Leitmotive), che dipingono in modo icastico ed efficace personaggi e situazioni.

Nel primo atto compare innanzitutto l’eroe Siegmund con il nome di Wehwalt (in tedesco arcaico vuol dire sventurato): durante una tempesta, cerca ricovero nella casa del guerriero Hunding e di sua moglie, Sieglinde; ma quest’ultima è sola ad accoglierlo. In realtà Siegmund e Sieglinde sono gemelli, entrambi generati dal padre degli dèi Wotan (o Odino, che essi identificano con il nome umano di Wälse), ma non si riconoscono l'un l'altro, almeno in un primo momento. Anzi, Siegmund si appresta ad andar via, ma Sieglinde fa di tutto per trattenerlo, dicendo che non può portare sfortuna alla "casa in cui vive la cattiva sorte".

Al suo ritorno a casa Hunding chiede da dove venga l’ospite e osserva che Siegmund appartiene a quel genere odiato che egli ha appena combattuto perché pagasse “l'espiazione per la colpa del sangue”. Il diritto di ospitalità lo obbliga a ricoverare Siegmund per la notte, ma la mattina successiva sarà un duello a decidere chi tra i due potrà rimanere.

Hunding si sdraia per dormire (Sieglinde canta: "Gli ho dato una pozione paralizzante", „ich würzt ihm betäubenden Trank“) e Sieglinde ne approfitta per informare Siegmund della spada piantata in un tronco di frassino nel bel mezzo della stanza, ivi conficcata un giorno da uno straniero sconosciuto e destinata solo a chi riuscisse a estrarla. La spada viene chiamata da Siegmund Nothung (allusione al suo stato di estrema necessità, in tedesco Not). L'eroe riesce sorprendentemente ad estrarla, e i fratelli a quel punto si riconoscono, brillando quasi per un amore reciproco che avrà un esito fatale: dalla loro unione incestuosa nascerà infatti l'eroe Siegfried.

Nel secondo atto siamo catapultati nelle sfere divine. Tra Wotan e la moglie Fricka si accende una violenta discussione. Il piano di Wotan, che il dio aveva concepito nel finale dell’Oro del Reno, viene ora ulteriormente perfezionato. Gli eroi caduti in battaglia, verranno trasportati dalle nove Valchirie, figlie dello stesso Wotan, fino al Walhalla, la dimora costruita per loro dai giganti: le Valchirie hanno anche l’incarico di scortare Wotan se Alberich dovesse mai lanciare un attacco contro il regno degli dèi. Wotan vuole anche impedire ad Alberich di reimpossessarsi dell'anello del Nibelungo ("Il Walhalla sarebbe perduto"). Sicché decide di inviare un eroe indipendente a recuperare l'anello per lui: ruolo che assegna a Siegmund.

Fricka chiede a Wotan di intervenire nel duello a favore di Hunding, presentato come vittima di un adulterio e di un’unione incestuosa: Wotan, come tutore dell'ordine divino, non dovrebbe tollerare questa situazione. Il padre degli dèi argomenta che Siegmund possiede il libero arbitrio che gli permetterà di far fronte in modo eticamente consapevole a tutti i problemi che incontrerà. Alla fine però Fricka ottiene da Wotan la promessa per giuramento di far cadere Siegmund in battaglia.

Appare ora Brunilde, la Valchiria eponima del dramma, che trova Wotan profondamente turbato, ma riesce a fargli rivelare la storia dell'anello. Riceve poi l'ordine di dirigere le sorti della battaglia a vantaggio di Hunding. Tuttavia, contrariamente ai patti, la Valchiria decide di sfidare l’ordine di Wotan, per aiutare Siegmund. Infuriato, Wotan stesso accorre in soccorso di Hunding affinché prevalga contro Siegmund, distruggendo con la sua lancia la spada di quest’ultimo. Muoiono però entrambi, Siegmund sotto i colpi di Hunding e quest’ultimo per volere di Wotan medesimo, che lo annichilisce con un semplice gesto, rivelatore della sua potenza divina.

Nel terzo atto, preceduto dal celeberrimo motivo della cavalcata delle Valchirie, si incontrano tutte le Valchirie per trasportare fino al Walhalla gli eroi caduti in battaglia: come ha sottolineato in un'intervista il direttore Kent Nagano, il Walkürenritt è una melodia molto più complessa di quanto facciano intendere gli stereotipi: è composta da un contrappunto a cui si aggiunge un ostinato in sedicesimi, che diventano sempre più intensi in un crescendo che, attraverso la manipolazione delle tonalità in maggiore e minore, risulta talora trionfale ed emancipatorio, tal altra minaccioso come un oscuro pericolo.

Wotan insegue Brunilde, fuggita insieme a Sieglinde, per punirla della sua disobbedienza. Brunilde riesce ancora a indicare a Sieglinde la via di fuga, annunciandole altresì che avrebbe partorito un figlio („den hehrsten Helden der Welt hegst du, o Weib, im schirmenden Schoß!“, "al più nobile eroe del mondo dai rifugio, donna, nel tuo grembo materno"). La spada di Siegmund, che si era spezzata nel duello, viene affidata da Brunilde a Sieglinde, che intraprende la via della fuga. Questi ripetuti atti di disobbedienza possono a buon diritto far parlare di Brunilde come la trasposizione in chiave nordica dell'Antigone di Sofocle, con la non lieve differenza che nell'opera di Wagner la trasgressione riguarda una legge decretata dagli dèi (ma dèi profondamente umanizzati!), mentre nella tragedia greca ciò che viene violata è la legge della città (o degli uomini), in nome di una più profonda legge divina. In realtà Wagner, del resto, in uno scritto intitolato Oper und Drama (quasi un manifesto programmatico del Ring), non avalla, come Hegel, la lettura "politica" del mito di Antigone, avvicinandola così maggiormente alla "sua" Brunilde. Egli scrive: "Antigone non capiva nulla di politica: ella amava. Amava Polinice perché era suo fratello? No, lo amava perché era infelice e solo la suprema forza dell'amore poteva redimerlo dalla sua maledizione".

Brunilde deve a questo punto affrontare l'ira di Wotan, che le annuncia la pena più dura: che non esisterà più d’ora in poi come Valchiria, ma come essere umano, come una "donna", la quale dovrà seguire l'uomo migliore che la sveglierà dal "sonno indifeso", in cui lui la farà sprofondare. Brunilde fa notare a Wotan che aveva promesso a Siegmund di proteggerlo per sempre, ma Fricka con il suo causidico argomentare lo ha reso alieno a sé stesso. Con le parole „Der diese Liebe mir ins Herz gehaucht” (Colui che ha insufflato questo amore dentro di me), introdotte su un motivo in mi maggiore, identifica le sue azioni come se fossero l’autentica volontà di Wotan (quasi che ci fossero due leggi divine, una manifesta e una più profonda e latente, in contraddizione con la prima).

Si spinge fino a suggerire che Wotan crei un rogo sulla montagna su cui poi la adagerà dormiente, per risparmiarle la vergogna di diventare “la preda più facile dell’uomo più vile” („dem feigsten Manne zur leichten Beute” ). Ottiene l’impegno di Wotan per cui ci dovrà essere un solo eroe (il figlio futuro di Sieglinde) che potrà attraversare il fuoco senza paura. Wotan si congeda dalla figlia, la fissa negli occhi per l'ultima volta e bacia la natura divina che è in lei. Poi ordina a Loge di circondare la roccia con il fuoco, e soggiunge determinato: "Chi ha paura della mia punta di lancia, non passi mai attraverso il fuoco!" („Wer meines Speeres Spitze fürchtet, durchschreite das Feuer nie!“).

La scenografia di Andreas Kriegenburg si è mantenuta entro i limiti di una sobria raffinatezza, con ambientazioni esterne fedeli alle atmosfere nordiche suggerite dal dramma wagneriano e con gli interni che spesso ammiccano a un gusto retro ottocentesco: tutto viene però ripensato, e oserei dire "transcodificato", in chiave postmoderna. L’unico momento autenticamente anticonvenzionale si è verificato all’inizio del Terzo atto: prima della celeberrima “Cavalcata delle Valchirie” si sono esibite delle ballerine che hanno scandito il tempo ritmicamente con pesanti anfibi: il motivo ricordava una celebre canzone dei Queen, “We Will Rock You”, cosa che ha suscitato scandalo tra la componente più filistea e piccolo-borghese del pubblico, che ha cominciato a fischiare sonoramente: codesti Spießbürger hanno ricordato coloro che fischiarono Le sacre du printemps di Igor Stravinskij all’epoca della sua prima rappresentazione a Parigi, nel 1913. Di notevole impatto visivo anche la scena successiva, dove i cadaveri degli eroi, vegliati dalle Valchirie, sembrano statue spossessate di vita e di senso, incastonate su delle picche acuminate.

Dei cantanti ci ha impressionato soprattutto il baritono polacco Tomasz Konieczny, perfetto nel ruolo di Wotan, con una voce capace della più intima serenità come della più disperata angoscia. E anche Evelyn Herlitzius nei panni di Brunilde ha stupito per la sua performance vocale, assolutamente cristallina. Un po’ più dimesso, ma comunque convincente, ci è apparso Simon O’Neil nel ruolo di Siegmund.

Per concludere con le parole di Adorno, "nella misura in cui [la musica di Wagner] esprime l'angoscia dell'uomo inerme, essa potrebbe rappresentare per tutti gli inermi, come sempre deboli e spostati, l'autentico aiuto, e promettere nuovamente ciò che prometteva l'antichissima protesta della musica: vivere senz'angoscia".

Pubblicato in: 
GN12 Anno V 29 gennaio 2013
Scheda
Titolo completo: 

DIE WALKÜRE
Musikdrama • Richard Wagner (libretto del compositore)
Prima giornata della tetralogia "Der Ring des Nibelungen"
München, Nationaltheater
, 24 gennaio 2013

Organizzazione: Bayerische Staatsoper

Bayerisches Staatsorchester

Direttore: Kent Nagano
Allestimenti: Andreas Kriegenburg
Palcoscenico: Harald B. Thor
Costumi: Andrea Schraad
Luci: Stefan Bolliger
Coreografia: Zenta Haerter
Drammaturgia: Marion Tiedtke, Miron Hakenbeck

Personaggi:
Siegmund Simon O'Neill (tenore)
Hunding Hans-Peter König (basso)
Wotan Tomasz Konieczny (basso-baritono)
Sieglinde Petra Lang (soprano)
Brünnhilde Evelyn Herlitzius (soprano)
Fricka Elisabeth Kulman (tiefer Sopran)
Helmwige Susan Foster (soprano)
Gerhilde Karen Foster (soprano)
Ortlinde Golda Schultz (soprano)
Waltraute Heike Grötzinger (mezzosoprano)
Siegrune Roswitha Christina Müller (mezzosoprano)
Roßweiße Alexandra Petersamer (mezzosoprano)
Grimgerde Okka von der Damerau (contralto)
Schwertleite Anja Jung (contralto)

Prossima rappresentazione: Münchner Opernfestspiele domenica 14 luglio 2013

 

Voto: 
9.5