cinema

  • Lone Survivor
    Articolo di: 
    Alessandro Menchi

    Il senso del dovere, l'onore, il patriottismo: al giorno d'oggi sono valori fuori moda. Ma in alcuni luoghi della terra, in alcuni gruppi di persone, in alcune esistenze, essi rappresentano ancora il senso della vita. Una vita in guerra. Basato su una storia vera, il 20 febbraio esce nelle sale italiane Lone Survivor, diretto da Peter Berg (The Kingdom, Hancock) e interpretato da un cast - Mark Wahlberg, Taylor Kitsch, Emile Hirsh, Ben Foster - che dona spessore a una pellicola troppo spesso auto-indulgente nella spettacolarizzazione della violenza e dalla morte eroica. 

  • A proposito di Davis
    Articolo di: 
    Eleonora Sforzi

    A proposito di Davis, l'ultimo film dei fratelli Coen – tuttora in programmazione in diverse sale cinematografiche – ricostruisce, sia dal punto di vista visivo che sonoro, il contesto in cui si è sviluppata la musica folk nei primi anni sessanta, quando iniziarono ad affacciarsi sulla scena alcuni dei nomi che hanno segnato in modo indelebile il panorama musicale americano e internazionale.

  • Storia d'inverno
    Articolo di: 
    Livia Bidoli

    Uno sfondo blu del mare per una New York primo Novecento, dove si possono sicuramente immaginare le favole: una ragazza giovane e morente (cosa c'è di più romantico di una giovane donna morta, diceva Poe) ed un altrettanto giovane ed avvenente ladro. Jessica Brown Findlay interpreta la parte di Beverly Penn, figlia del ricco proprietario di un giornale, Isaac Penn – il bravissimo come sempre William Hurt -; mentre Colin Farrell riveste il ruolo del ladro Peter Lake, inseguito nel film diretto da Akiva Goldsman, da Russell Crowe, capo di una banda di ladri.

  • Frank Murray Abraham
    Articolo di: 
    Livia Bidoli

    Dopo l'ottimo, originale, indipendente Rasputin (2011), Louis Nero, che non è figlio di Franco Nero sebbene lui collabori a quasi tutti i suoi film, è giunto a dirigere questa sorta di documentario misto a fiction dal nome altisonante: Il mistero di Dante. Con protagonista Frank Murray Abraham, per cui non servono presentazioni, sarà lui a condurci nei meandri di questa ricerca che non è nuova, come alter ego (orientale io direi) di Dante, a cominciare dai dintorni della Gran Madre, il Pantheon di Torino.

  • 12-years-a-slave.jpg
    Articolo di: 
    Alessandro Menchi

    Uno degli orrori che macchiano la Storia americana, dopo quasi un secolo di silenzio e di omertà, è entrato fra temi protagonisti della cinematografia statunitense degli ultimi anni. E questo grazie soprattutto alla svolta impressa da Obama. Parliamo ovviamente dello schiavismo, raccontato nella sua accezione più disumana e violenta nel film 12 anni schiavo, diretto dal britannico Steve McQueen, che uscirà nelle sale italiane il 20 febbraio. Prodotto da Brad Pitt e favorito nella corsa agli Academy Award 2014 con ben 9 candidature, è un film che punta con la forza della rappresentazione a sconvolgere lo spettatore. E ci riesce, dimenticando però di astrarre in metafora la potenza del racconto.

  • fruitvalestation-trailer-jumbo-jpg_215450.jpg
    Articolo di: 
    Alessandro Menchi

    Una vita spezzata un attimo prima di tornare a casa, sulla via di un cambiamento reso difficile da un contesto difficile. Il racconto delle ultime ore di un giovane ucciso dallo strapotere della polizia e dal razzismo strisciante nella società americana. Vincitore del Premio della giuria e del Premio del pubblico al Sundance Film Festival 2013, il 13 marzo esce nelle sale italiane il film Prossima fermata – Fruitvale Station, tratto da una storia vera, scritto e diretto da Ryan Coogler, prodotto da Forest Whitaker e interpretato da Michael B. Jordan, Melonie Diaz e Octavia Spencer. Un racconto fedele alla realtà della vicenda e alla realtà del contesto sociale che denuncia, ma che non riesce quasi mai a innalzare il realismo a metafora universale.

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    Articolo di: 
    Giuseppe Talarico

    Raramente succede che i film di qualità, capaci di rappresentare i difficili rapporti umani all’interno di una famiglia borghese, siano  tratti da un testo teatrale. Questo è il caso del film intitolato I segreti di Osage County, che approda nelle sale italiane il 30 gennaio.  Questo film, molto profondo ed emozionante, è tratto dall'omonima pièce teatrale scritta da Tracy Letts ed è diretto da John Wells.

  • Il Segnato
    Articolo di: 
    Fabio Giagnoni

    Il genere orrorifico è in crisi. Da tempi ormai troppo lunghi. Film come Il segnato insistono a degradarlo dall’interno. Come succede al protagonista, Jesse, un ragazzino californiano (il girato è concentrato nel circondario di Oxnard) d’origini messicane posseduto da un “incubo”, si direbbe quindi un demone di sesso maschile (demoni maschili figli di Lilith, la prima moglie di Adamo: vedi articolo correlato in fondo e cfr. Ernest Jones, Psicoanalisi dell’incubo, Newton Compton, 1978, ma forse è meglio chiamarlo Simon, dal nome del gioco da tavolo attraverso cui comunica, sorta di modernizzazione delle tavole Oui-Ja delle sedute spiritiche. La pellicola parte anche col piede giusto, inscenando in un ghetto latinoamericano l’intera storia.

  • I Frankenstein
    Articolo di: 
    Alessandro Menchi

    In un universo gotico computerizzato si combatte l'eterna lotta fra il Bene e il Male, il cui ago della bilancia è un Frankenstein bello, sporco e karateka. Siamo alle soglie del videogame, e dunque ci divertiamo, con buona pace per gli amanti del classico di Mary Shelley. Il 23 gennaio è uscito nelle sale italiane I, Frankenstein, scritto e diretto dal regista australiano Stuart Beattie e basato sull'omonima graphic novel di Kevin Grevioux (anche co-sceneggiatore). Novanta minuti di sano intrattenimento intriso di atmosfere godibili, rutilanti scene d'azione e qualche abusato paradigma di genere. 

  • Hannah Arendt
    Articolo di: 
    Livia Bidoli

    Un film su Hannah Arendt (Linden-Hannover, 1906-New York, 1975), una delle maggiori pensatrici e filosofe che abbia mai scritto così approfonditamente sul totalitarismo (The Origins of Totalitarianism, 1951), non solo sul nazismo in quanto ebrea emigrata e testimone della Shoah, è uno dei compiti più seri che ci si possa conferire alla luce anche della controversa storia e rapporto di Arendt con Israele ed il suo popolo. Margarethe von Trotta ha quindi messo alla prova Barbara Sukowa in una parte e con una sceneggiatura, scritta a tre mani con Pam Katz e Caroline Champetier, di una rilevanza storica che ancora oggi apre degli squarci sulle relazioni instaurate tra Israele, il popolo ebraico ed una forma di pensiero “liberissimo” come quello di Hannah Arendt.